Cosa accade oggi? L’introduzione del libro parte da questa domanda per provocare la lettura di tre interviste – a Magatti, Petrosino e Recalcati – che cercano di rispondere offrendo strumenti utili per comprendere i segni dei tempi. Si mette in discussione ciò che siamo e ciò che storicamente stiamo vivendo, per dare una lettura del tempo presente: una lettura che osserva il nodo antropologico fondamentale, ovvero la libertà

Cosa accade oggi? Cosa accade ora? L’introduzione di questo libretto di un centinaio di pagine prende a prestito queste domande per provocare la lettura di tre interviste che cercano di rispondere offrendoci qualche strumento utile per comprendere i segni dei tempi. E così è. Si mette in discussione ciò che siamo e ciò che storicamente stiamo vivendo, per dare una lettura coraggiosa del tempo presente: una lettura – per riprendere ancora l’introduzione – che sia veritiera e che osservi il nodo antropologico fondamentale, ovvero la libertà. Se è vero che la verità fa libero l’uomo, è altrettanto reale affermare che occorre essere liberi per poter narrare la verità. E i nostri tre autori – che certamente oggi rappresentano la punta di un modo di ri-dire l’umanesimo cristiano – producono analisi sostanzialmente convergenti.

Mauro Magatti descrive il tempo presente come manifestazione di una volontà di potenza tutta orientata a rincorrere una libertà che in realtà è solo immaginaria. La potenza (della scienza, dell’economia, della tecnologia) produce un aumento della possibilità di scelta e di godimento come modo per diventare se stessi: il godimento senza fine al fine di essere. Se possibile, se tutto è possibile, allora tutto diventa imperdibile possibilità di essere se stessi. La moltiplicazione dei godimenti (o delle possibilità di godimento) sembra ampliare a dismisura la libertà, ma in realtà la riduce: perché la libertà si manifesta solo nella scelta, che esclude “tutto il resto”. La scelta pone un limite alla società del godimento, ma crea la possibilità di un legame sociale.

Così anche nell’analisi di Massimo Recalcati, perché se il godimento illimitato diventa l’ideale, allora la comunità – il legame sociale – risulta impossibile. Riscoprire il limite, la legge, è rendere possibile il patto sociale, la convivenza che non sia reciproco sfruttamento. Se la forza degli uomini, la “naturale” pulsione umana si orienta al godimento assoluto, allora produce distruzione, dissipazione, frammentazione: se invece essa si piega al desiderio, inteso come compito etico, come vocazione ad un compito, allora diventa creazione, generazione, vita. Nel corso dell’intervista Recalcati parla della politica come luogo dei legami, della capacità di tenere insieme i diversi interessi: ecco l’unica unità possibile – l’unità “sana” -, non quella omogenea e compatta del dittatore, ma quella instabile, inquieta e tutta giocata sui legami di una politica che riscopre un compito, una vocazione da perseguire.

Una politica così (scusate se ci muoviamo più su questo macrolivello, trascurando tutta la dimensione più personale) è capace di abitare nel senso che Heidegger intendeva, ovvero come cura e custodia del proprio campo. L’intervista a Silvano Petrosino chiama in causa l’inseparabile reciprocità di questa duplice azione che potremmo semplificare nella dimensione attiva del creare (coltivare) e nella dimensione passiva del conservare l’originalità della diversità degli altri (custodire): un po’ parabola dei talenti, un po’ torre di Babele, conclude il filosofo. L’alterità, gli altri – noi stessi – siamo abitati dagli altri. Al fondo di ognuno di noi c’è un’alterità: all’interno di noi vive un’esteriorità, un’alterità. Siamo abitati dagli altri, non siamo mai “padroni a casa nostra”.

Coltivare senza custodire (Petrosino), così come desiderare senza limite (Recalcati), così come cercare la libertà attraverso la moltiplicazione infinita e frammentata delle possibilità di scelta (Magatti) sono tutte sintesi che potrebbero portarci a riflettere sul capitalismo inteso come paradigma antropologico. In realtà il capitalismo delle origini poco aveva a che fare con questa forma di produzione che sta assumendo una dimensione assoluta, psicologica e spirituale.

Riscoprire l’etica è un compito. Riscoprire l’etica e protestare. Permettete la battuta, ma se oggi qualcuno scrivesse un libro intitolato l’etica "protestante" e lo spirito del capitalismo, forse dovrebbe metterci questi contenuti…

Mauro Magatti, Silvano Petrosino, Massimo Recalcati (a cura di Vittorio Perego), Pensare il presente, Berti, Piacenza 2013.

Citazioni
“In un mondo di liberi, come siamo noi, il pensiero della libertà è il luogo dell’egemonia. In un mondo di liberi, il pensiero della libertà deve essere un luogo così protetto, così custodito, così rispettato, perché quello che noi pensiamo a proposito della libertà alla fine è ciò che guida tutti i nostri comportamenti. In questi ultimi trent’anni, l’immaginario della libertà è stato uno: tu sei te stesso, deve essere te stesso, sei volontà di potenza (…), sei un individuo, devi star bene. Abbiamo prodotto questo mondo, che è in fondo l’immaginario dell’adolescente: noi stiamo vivendo adolescenza della libertà” (Magatti, p. 55).

“La responsabilità è ciò che conferisce una forma comprensibile, intelligibile, capace di interagire con gli altri alla tua esperienza di libertà. Il che significa, appunto, accettare che tu sei una persona limitata. La tua libertà sta nel giocare la tua stessa libertà, per qualche cosa, in una forma, in un contenuto, in un ideale, in un qualcosa che puoi raccontare a te stesso” (Magatti, p. 59-60).

“L’appello biblico a custodire deve essere inteso come una sorta di insistente sollecitazione rivolta all’uomo a riconoscere che non tutto si può costruire e neppure immaginare, che dunque c’è altro, un al di là che sfugge a ogni invenzione, un resto che si sottrae alla pur grandiosa capacità di coltivare (sognare, immaginare, fantasticare, progettare ecc.) propria dell’uomo” (Petrosino, p. 71-72).

“L’alterità riguarda sicuramente lo straniero, ma riguarda anche la propria moglie, il proprio figlio e ultimamente se stessi. Forse non c’è esperienza d’alterità più inquietante di quella che coinvolge l’interiorità” (Petrosino, p. 76)

“Secondo la psicoanalisi la formula della felicità è che le vite degli esseri umani sono tanto più piene, più realizzate, quanto più vi è coerenza tra la propria esistenza e il proprio desiderio. Più l’esistenza converge verso il proprio desiderio, più c’è felicità, più c’è vitalità, più c’è amore per la vita, si potrebbe dire” (Recalcati, p. 95).

“Dobbiamo introdurre una distinzione più sottile tra il capriccio e il desiderio. Non sono la stessa cosa. (…) Nel nostro tempo l’etica dell’assunzione responsabile del nostro desiderio è costantemente evasa” (Recalcati, p. 97-98)

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