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La democrazia deliberativa è una teoria ed una prassi di governo, dove la volontà dei cittadini non viene espressa tramite l’elezione di rappresentanti, ma direttamente dal popolo, attraverso un processo basato sulla discussione pubblica tra individui liberi ed eguali. Proponiamo un aggiornamento della rilfessione su questo concetto.

Come osserva Luigi Bobbio secondo questa teoria “l’essenza della democrazia non consiste nella conta dei voti tra posizioni precostituite, secondo il principio di maggioranza, o nella negoziazione tra interessi dati, ma nella discussione fondata su argomenti (deliberation, in inglese) tra tutti i soggetti coinvolti dal tema sul tappeto. Le numerose esperienze pratiche che si richiamano alla democrazia deliberativa si fondano perciò su due pilastri: da un lato l’uso del confronto argomentato, dall’altro l’inclusione di tutti gli interessi e i punti di vista che sono toccati dall’oggetto della discussione. La democrazia deliberativa è, quindi, una forma di democrazia partecipativa, ma i suoi contorni sono più circoscritti e più definiti. Esclude la pura e semplice azione di pressione dei movimenti o delle associazioni sulle istituzioni (che invece la democrazia partecipativa sembrerebbe ammettere) e pretende che tra i diversi punti di vista si instauri un confronto dialogico”.
Solo la discussione può consentire di trasformare le opinioni ‘grezze’ in opinioni informate e riflessive utili per risolvere problemi di tipo politico-amministrativo. Si arriva ad una decisione solo quando, almeno nella teoria, tutti i partecipanti alle assemblee pubbliche raggiungono un accordo.
E’ importante notare che la democrazia deliberativa non coincide con la democrazia partecipativa e non è alternativa alla democrazia rappresentativa. Può essere invece un modo per arricchirla ed approfondirla, grazie al coinvolgimento dei cittadini. In questa prospettiva i media digitali possono essere molto utili perché consentono di estendere la sfera pubblica della decisione razionale e di favorire la formazione di un’opinione pubblica informata.


Punti di forza

La democrazia deliberativa secondo Rodolfo Lewaski possiede “notevoli potenzialità” perché consente di:
a) accrescere la cultura civica, perché i processi deliberativi sono “scuole di democrazia” che sviluppano le capacità e le competenze di coloro che vi prendono parte;
b) produrre decisioni migliori, perché i soggetti interessati hanno a dispostone conoscenze più approfondite dei problemi e proposte efficaci in merito alle soluzioni;
c) giungere a scelte condivise perché sono i cittadini a definire in cosa consista l’interesse pubblico;
d) aumentare la legittimità delle decisioni, perché raggiunte con il coinvolgimento diretto delle comunità e accrescere la legittimità delle autorità che ricorrono a questo tipo di percorsi;
e) gestire i conflitti, riducendone l’intensità e trasformandoli in opportunità di produzione di scelte condivise.

 

Punti di debolezza

Come tutte le teorie e le prassi anche la democrazia deliberativa presenta alcuni limiti e aspetti critici. In particolare:
a) la disparità di potere tra le parti in gioco può portare non al perseguimento del bene comune, bensì alla realizzazione degli interessi del più forte;
b) l’esistenza di interessi poco organizzati od organizzabili che rischiano di non essere adeguatamente tutelati;
c) l’esistenza di un terreno comune di confronto. I partecipanti per mettere in discussione i propri schemi cogniti e i loro orientamenti devono essere in grado di fare appello a valori o interessi comuni;
d) la pluralità del concetto di bene comune può generare fraintendimenti e manipolazioni nell’ambito dei processi decisionali;
e) la garanzia di condizioni di eguaglianza delle opportunità di accesso all’informazione e la consapevolezza delle conseguenze che discendono dalle opzioni in gioco.

Il dibattito sul tema

Il concetto di democrazia deliberativa è frutto di un complesso e articolato dibattito nato nel Nord America e sviluppatosi anche in Europa a partire dai primissimi anni ’80 dello scorso secolo e che rappresenta ad oggi una delle più importanti riflessioni sulla democrazia contemporanea.

Uno dei riferimenti teorici per eccellenza è, senza dubbio, Jurgen Habermas che attraverso il concetto di democrazia deliberativa propone una terza via tra il modello liberale ed il modello rousseauiano, che non prevede la discussione pubblica. Secondo il filosofo tedesco “la fonte della legittimità non è il volere predeterminato di individui, ma piuttosto il processo della sua formazione (…). Una decisione legittimata (…) è quella che risulta dalla deliberazione di tutti. (…) Il diritto legittimo è il risultato della deliberazione generale, e non l’espressione della volontà generale”. In sostanza le istituzioni basilari della democrazia vengono considerate legittime solo nella misura in cui garantiscono la libera deliberazione pubblica.
David Van Reybrouck, più recentemente, propone in maniera propocaroria di abolire le elezioni perchè le considera uno strumento democratico oggi limitato.  Ma il suo ragionamento è molto più ampio e si muove all’interno della democrazia deliberativa. Le deliberazioni pubbliche avvengono attraverso metodi di consultazione che spesso prevedono l’estrazione a sorte di un gruppo di cittadini, chiamati a esprimere il proprio parere su questioni controverse, nelle quali il decisore pubblico ritiene necessario sentire il parere della gente. Ciò che differenzia la democrazia deliberativa dalle giurie popolari, richiamate di recente come soluzione al proliferare delle fake news, sono le modalità di partecipazione.
Van Reybrouck cita diversi esempi di processi deliberativi basati sul sorteggio nei quali i cittadini sono supportati da esperti con l’obiettivo di formulare un parere condiviso e informato. L’obiezione nei confronti della democrazia deliberativa è che si tratti di un metodo applicabile su piccola scala e rispetto a problemi relativamente semplici da risolvere. Le esperienze più conosciute sono difatti relative a consultazioni dei cittadini rispetto a questioni urbanistiche e ambientali. In Italia, in regioni come Emilia Romagna e Toscana sono numerosi i casi di progettazione partecipata attraverso pratiche deliberative (per trovare esempi relativi al nostro paese è sufficiente consultare il repertorio mondiale delle esperienze di democrazia deliberativa disponibile su www.participedia.net).
In Italia Francesco Viola ha proposto un interessante teorizzazione della democrazia deliberativa aprendo il ragionamento alla sfida della società multiculturale. In particolare “la deliberazione, che è propria della democrazia, comprende in sé sia la negoziazione sia l’argomentazione, che in quanto forme comunicative” possono essere molto utili quando si opera un confronto sulle identità e sui valori.

Antonio Floridia, più di recente, propone una ricostruzione delle origini e dello sviluppo dell’idea di democrazia deliberativa, analizzando i testi che – a partire dagli anni Ottanta – hanno contribuito a definirne i confini, e poi – con Jürgen Habermas e John Rawls – a consolidarne le basi teoriche. Oggi la democrazia deliberativa si è ormai affermata come una delle correnti fondamentali del pensiero democratico contemporaneo, in grado di proporsi come un’alternativa convincente alle distorsioni plebiscitarie e tecnocratiche cui è esposta la democrazia rappresentativa, ma anche alle frequenti  illusioni di ritorno alla democrazia diretta. Uno stile e un ideale deliberativo gioverebbero alla salute della democrazia: elezioni e maggioranze sono strumenti troppo rozzi per governare un mondo complicato. Il deliberativismo offre pure un contributo pedagogico: incita a ascoltare e rispettare l’altro, a elaborare scelte condivise, come tali più legittime.


Il pensiero nelle Acli

In diverse occasioni le Acli hanno messo a tema – soprattutto nell’ambito degli incontri nazionali di studio degli ultimi anni – la necessità di rendere la nostra democrazia più associativa, pluralista e partecipativa capace cioè di coinvolgere i cittadini nelle decisioni.

Nel 2006, in occasione dell’incontro nazionale di studi sul tema Vita buona, vita felice. Oltre l’utopia per una storia nuova (Orvieto), le Acli affrontano il tema della partecipazione politica parlando espressamente di democrazia deliberativa come strada per rendere i cittadini più responsabili.

Negli Orientamenti congressuali del 2012, dal titolo Rigenerare comunità per ricostruire il paese  le Acli ribadiscono la necessità di “ripensare la politica e le sue forme a partire, per un verso, dalla democrazia partecipativa e dall’impegno civico diffuso, per l’altro, dalla ricostruzione di una cultura politica di grande respiro, anzitutto etico e orientato al servizio delle persone”.

Bibliografia

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