Capacitazione traduce il termine inglese capability usato per sintetizzare due condizioni basilari affinché una persona possa essere e fare, ovvero le capacità e l’agibilità. Nella teoria del premio Nobel Amarthya Sen le capacitazioni sono un tassello per costruire una misura del benessere alternativa al Pil, perché alla dimensione economica permettono di aggiungere la libertà, la qualità della vita, la giustizia. 

Capacitazione traduce il termine inglese capability, usato da Amartya Sen per sintetizzare nella stessa parola due condizioni basilari affinché una persona possa essere e fare, ovvero le capacità e l’agibilità. Le capacitazioni sono un tassello per costruire una misura del benessere alternativa al cosiddetto “approccio del Pil”, perché a questo indicatore economico si aggiungono la libertà, la qualità della vita, la giustizia.
Per promuovere lo sviluppo delle persone e dei popoli si sposta così l’attenzione dai beni materiali e dalle risorse alle capacità e alle libertà. Spiega Sen che «questo spostamento è rilevante anche in relazione ad altre questioni quali la scelta dei criteri per stabilire l’esistenza di stati di privazione o povertà, ovvero, se considerare la povertà in termini di basso reddito (una carenza di risorse) oppure in termini di insufficiente libertà di condurre esistenze adeguate (una carenza di capacità)». Pertanto la crescita dei beni e il miglioramento dei servizi non sono i fini, semmai mezzi che sostengono le persone nella realizzazione dei propri progetti e nel perseguimento dei propri valori.
Gli interventi di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale per essere efficaci dovrebbero considerare sia le capacità delle persone, cioè le loro possibilità di conseguire un obiettivo, sia l’agibilità, cioè l’esistenza delle condizioni per concretizzarle: non è sufficiente essere potenzialmente in grado di fare qualcosa, se poi non sussistono le condizioni per realizzarle. Insomma capacità e agibilità devono stare insieme. Qualsiasi misura di politica sociale, che sia un’erogazione monetaria o sia un servizio organizzato, dovrebbe promuovere le persone e non limitarsi a soddisfare un bisogno. L’approccio delle capacità, sintetizza Martha Nussbaum, si propone l’obiettivo di «una società in cui ciascuno sia considerato degno di rispetto, e in cui ciascuno sia stato posto nella condizione di vivere in modo realmente umano».
Nel pensiero di Sen, le capacitazioni s’accompagnano ai funzionamenti (functionings), ovvero i desideri di essere o di fare espressi dalla persona. I funzionamenti possono essere assai elementari, come l’essere nutrito a sufficienza e il non soffrire malattie evitabili, e assai complessi, come l’essere in grado di partecipare alla vita della comunità e l’aver rispetto di sé. Pertanto la capacitazione diventa la libertà sostanziale di realizzare più combinazioni alternative di funzionamenti. Per questo si conclude che dalla combinazione dei set di capacitazioni e funzionamenti emerge per ciascuno l’opportunità di raggiungere il livello di benessere auspicato.
Per garantire libertà e giustizia sociale e combattere gli svantaggi provocati dalle disuguaglianze, Martha Nussbaum sostiene che le istituzioni di un Paese dovrebbero garantire almeno dieci capacitazioni:
  • Vita: per garantire una vita dignitosa e di “normale” durata
  • Salute fisica: per nutrirsi, vivere in abitazioni adeguate, essere curati
  • Integrità fisica: per essere protetti e liberi di agire
  • Sensi, immaginazione e pensiero: per esprimere il proprio pensiero, la propria immaginazione e le proprie sensazioni,     in modo veramente umano ossia in un modo informato e coltivato da un’istruzione adeguata
  • Sentimenti: per poter amare e curare quelli che ci amano e ci curano
  • Ragion pratica: per avere l’opportunità di formarsi una coscienza e di progettare la propria vita;
  • Appartenenza: per riconoscere gli altri e instaurare relazioni significative con loro
  • Altre specie: per vivere in armonia con la natura
  • Gioco: per godere di tempo per attività ricreative
  • Controllo del proprio ambiente che comprende due abiti: politico per partecipare alle scelte pubbliche che influiscono sulla propria vita; materiale per vedere garantiti i propri diritti di lavoro e di proprietà privata.
Il dibattito sul tema
Una critica mossa all’approccio della capacitazione riguarda la prospettiva individualista: sia nella formulazione di Sen sia in quella di Nussbaum, capacità, abilità e desideri si riferiscono sempre ai singoli; le capacitazioni individuali diventano l’unico punto di riferimento per l’analisi e per la valutazione di politiche di sviluppo. È invece utile considerare anche le capacità sociali e i soggetti capacitanti che vivono nelle interazioni tra persone e gruppi, tra strutture e istituzioni (Flavio Comim, Antonio Andreoni); le relazioni sicuramente condizionano le persone, ma altrettanto sono un bene comune, oltre ad essere dei facilitatori di alcune capacità.
Una seconda critica proviene da J Wolff e A. De Shalit, che distinguono i pesi da attribuire alle capacitazioni e agli svantaggi dovuti alle loro assenze. I due autori individuano alcune capability feconde, perché con la loro presenza riescono ad alimentare le altre, e capability che presentano alcuni svantaggi corrosivi, perché intaccano gli ambiti di influenza di altre capacitazioni.
In Italia, da alcuni anni, un gruppo di ricercatori dell’Isfol utilizza il capability approach come modello di analisi del fenomeno della vulnerabilità sociale con l’obbiettivo di rendere più efficaci le politiche di contrasto alla povertà.
Il pensiero nelle Acli
L’approccio delle capacità appare in “Migrare dal Novecento. Abitare il presente. Servire il futuro”, gli orientamenti del Congresso nazionale 2008, quando le Acli parlano di un welfare corresponsabile e promotore di sviluppo umano diretto a favorire il benessere che «non si riduce alla crescita economica o al mero possesso di ricchezze materiali ma consiste nella più ampia possibilità di ogni persona di perseguire liberamente i propri scopi e obiettivi, di realizzare il proprio progetto di vita, essendo nelle condizioni di farlo, perché ne ha le possibilità e perché può e deve assumersi la responsabilità di scegliere tra opzioni diverse. Solo questa nuova antropologia dello sviluppo consente di giudicare una società sulla base delle libertà sostanziali di cui godono i suoi componenti aldilà degli approcci tradizionali basati su utilità e reddito».
Bigliografia
Androni A., Verso una espansione dell’approccio seniano: capacità sociali ed istituzioni “capacitanti”, Annali della Fondazione Einaudi, vol. 42, Roma, 2009.
Bruni L. – Comim F. – Pugno M., Capabilities and Happiness, Oxford University Press, Oxford, 2008.
Comim F. Mozaffar Qizilbash – Sabina Alkire, The Capability Approach. Concepts, Measures and Applications, Oxford University Press, Oxford, 2010.
D’Emilione M., Giuliano G., Raciti P., Tenaglia S., Analisi multidimensionale della povertà alla luce del Capability Approach: i risultati di un’indagine pilota, ISFOL, Roma, 2012.
Nussbaum M. C., Creare capacità. Liberarsi dalla dittatura del Pil, Il Mulino, Bologna, 2012.
Nussbaum M. C., Giustizia sociale e dignità umana. Da individui a persone, Il Mulino, Bologna, 2013.
Sen A., Lo sviluppo è libertà. Perché non c’è crescita senza democrazia, Mondadori, Milano, 2000.
Sen A., La libertà individuale come impegno sociale, Laterza, Roma-Bari, 2007.
Wolff J, De-Shalit A., Disadvantage, Oxford University Press, Oxford, 2007.
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