Il sogno di dom Hélder, di un altro mondo possibile, basato sulla giustizia e sulla pace, ha ora trovato la propria consacrazione nell’enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti”, un’esortazione formidabile ad abbattere i muri e a costruire i ponti, a rispettare l’ambiente, ad opporsi a nazionalismi e populismi perché ci si salva solo assieme, a realizzare la fraternità, a lavorare per la pace nella strada tracciata, scrive papa Francesco, da Gandhi, da Martin Luther King, da Desmond Tutu, da Charles de Fuocauld. E da dom Hélder Câmara, possiamo aggiungere noi…

Questo libro di Anselmo Palini  – Insegnante e saggista, che ha approfondito soprattutto i temi della pace, dell’obiezione di coscienza, dei diritti umani, della nonviolenza realizzando numerose pubblicazioni – ci offre in questo suo ultimo lavoro un ricco ed appassionato ritratto di Dom Helder Camara nominato da Paolo VI arcivescovo di Olinda e Recife Il 12 marzo 1964. Il volume è impreziosito dalla prefazione di mons. Luigi Bettazzi, già presidente nazionale e internazionale di Pax Christi e dalle postfazioni di dom Piero Conti, vescovo di Macapà (Brasile) e di dom Carlo Verzeletti, vescovo di Castanhal (Brasile).

Educato dai poveri e dagli oppressi 

La vita di Hélder Câmara è stata caratterizzata da un lungo cammino di conversione. Dall’adesione giovanile alle idee integraliste e dalla vicinanza ai potenti, da una visione assistenzialista e paternalista riferita ai problemi sociali, dalla convinta appartenenza ad una Chiesa militante contro il comunismo, considerato il male supremo, dom Hélder è passato lentamente a vedere nei poveri il volto di Cristo, a sentire il dovere della denuncia di tutto ciò che deturpava questo volto, ad annunciare in tutto il mondo il Vangelo di giustizia e di pace, a farsi propugnatore della nonviolenza, ad esigere, da se stesso in primo luogo, poi dalla propria Chiesa, una più convinta testimonianza di libertà e di povertà.

Come ha scritto il card. Carlo Maria Martini riferendosi a mons. Oscar Romero, possiamo dire che anche Hélder Câmara è stato «un vescovo educato dal suo popolo». L’incontro con i poveri e gli oppressi, con i favelados di Rio e i campesinos del Nordest attanagliati dalla miseria e colpiti dalle violenze dei fazendeiros, lo ha condotto a diventare la loro voce e a scontrarsi con quel potere politico ed economico che in gioventù aveva frequentato e appoggiato.

Il Concilio Vaticano II e la Conferenza di Medellín hanno completato la sua conversione, portandolo a rendersi sempre più chiaramente conto delle condizioni di vita del suo popolo, delle violenze a cui era soggetto, dei meccanismi economici che permettevano tutto ciò. Hélder Câmara ha così sempre più distintamente sentito il grido del proprio popolo, oppresso nei diritti fondamentali, e a questo popolo ha prestato la propria voce, indicandogli la strada della conversione, della coscientizzazione e della nonviolenza per uscire dal dramma che stava vivendo. Si è schierato, sempre più decisamente, in difesa dei poveri e degli oppressi, convinto del fatto che i valori evangelici andassero incarnati e non solo affermati, che non bastasse raccogliere i moribondi e consolare i perseguitati e i sofferenti, ma che fosse anche necessario denunciare le situazioni di violenza strutturale e istituzionalizzata. Divenne scomodo non solo per il potere politico ed economico del suo Paese, il Brasile, ma anche per ampi settori della sua Chiesa, tuttavia ebbe sempre il sostegno di Paolo VI che lo considerava un profeta. La sua scomodità risiedeva nell’adesione piena e fedele al messaggio sociale cristiano che, con il Concilio, aveva esortato la Chiesa a rivolgersi a tutti, ma con un occhio di riguardo per i poveri.

La sua voce ben presto ha oltrepassato le frontiere del Brasile ed è stata udita e richiesta in tutto il mondo. Lui stesso aveva infatti ben chiaro che i meccanismi economici di esclusione e di sopraffazione avevano la loro fonte principale nelle politiche dei Paesi ricchi e nelle azioni delle grandi multinazionali, per cui doveva farsi sentire anche e soprattutto a tali livelli.

Profeta di pace e di giustizia

Un secondo aspetto che ha caratterizzato la vita di dom Hélder è stata la coniugazione di azione e contemplazione, di fede e vita, di Vangelo e di storia. Il cammino di conversione compiuto da dom Hélder è così giunto a percorrere i sentieri della profezia. «La Chiesa ha bisogno che tutti noi siamo dei profeti», cioè «uomini di speranza», sempre «diretti» e mai «tiepidi», capaci di dire al popolo «parole forti quando vanno dette» e di piangere insieme se necessario. Questo il profilo del profeta delineato da papa Francesco nella messa celebrata martedì 17 aprile 2018 a Santa Marta. Dom Hélder è stato un profeta nel senso delineato da papa Francesco. O anche in quello indicato dal teologo brasiliano Leonardo Boff, per il quale il profeta è «l’uomo della parola che denuncia, che annuncia, che consola e che costruisce l’orizzonte utopistico senza il quale nessuno nella società può vivere».

Pellegrino di pace, dom Hélder ha denunciato in ogni luogo l’ingiustizia e la sopraffazione, i meccanismi economici che producono miseria e disuguaglianze e le politiche di esclusione, ma ha anche messo in evidenza i segni di speranza e indicato le strade della giustizia e della nonviolenza come percorribili per realizzare una società più solidale e fraterna.

Il sogno di un altro mondo possibile

Come gli antichi profeti, H. Câmara ha vissuto in mezzo al popolo, gli ha prestato la propria voce per la denuncia e gli ha indicato come costruire un altro mondo possibile, dove finalmente, come recita il passo biblico, «sia osservato il diritto e praticata la giustizia».

Le parole di Hélder Câmara, le sue denunce, i suoi appelli a vedere Cristo nel volto dei poveri, dei sofferenti, dei perseguitati hanno oggi in papa Francesco un interprete straordinario, che continuamente ci esorta a non essere inerti e rassegnati.

Nel Messaggio per la Giornata dei Poveri del 2020 papa Francesco ha affermato che «la preghiera a Dio e la solidarietà con i poveri e i sofferenti sono inseparabili. Per celebrare un culto che sia gradito al Signore, è necessario riconoscere che ogni persona, anche quella più indigente e disprezzata, porta impressa in sé l’immagine di Dio. Da tale attenzione deriva il dono della benedizione divina, attirata dalla generosità praticata nei confronti del povero. Pertanto, il tempo da dedicare alla preghiera non può mai diventare un alibi per trascurare il prossimo in difficoltà. È vero il contrario: la benedizione del Signore scende su di noi e la preghiera raggiunge il suo scopo quando sono accompagnate dal servizio ai poveri».

Come non sentire risuonare nelle parole di papa Francesco i tanti appelli, le riflessioni e le innumerevoli denunce di dom Hélder Câmara?

Anche la nonviolenza, indicata da dom Hélder come strada percorribile per risolvere i conflitti, trova in papa Francesco un deciso propugnatore al punto che è giunto ad auspicare un’enciclica su tale tema. Nel Messaggio per la 50ma Giornata Mondiale della Pace, papa Francesco ha invitato a fare della nonviolenza uno stile di vita: «Possa la nonviolenza diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme. […]. Essere discepoli di Gesù significa anche aderire alla sua proposta di nonviolenza». Per dom Hélder Câmara ieri, per papa Francesco oggi, la strada per opporsi alla violenza nella sue varie forme è dunque la nonviolenza. E il vangelo è la «Magna Charta della nonviolenza cristiana», ha scritto papa Francesco.

Il sogno di dom Hélder, di un altro mondo possibile, basato sulla giustizia e sulla pace, ha ora trovato la propria consacrazione nell’enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti”, un’esortazione formidabile ad abbattere i muri e a costruire i ponti, a rispettare l’ambiente, ad opporsi a nazionalismi e populismi perché ci si salva solo assieme, a realizzare la fraternità, a lavorare per la pace nella strada tracciata, scrive papa Francesco, da Gandhi, da Martin Luther King, da Desmond Tutu, da Charles de Fuocauld. E da dom Hélder Câmara, possiamo aggiungere noi.

 

Anselmo Palini, Helder Camara. «Il clamore dei poveri è la voce di Dio», Ave, Roma 2020.

 

Citazioni

Tempo fa non sarebbe stato necessario introdurre un libro su Hélder Câmara, il vescovo brasiliano notissimo anche in Italia per i frequenti incontri e per le numerose conferenze che vi ha tenuto. L’ho avuto due volte a Ivrea: una su invito nostro, l’altra perché, volendo riposare alcuni giorni tra due conferenze, gli venne indicato il mio vescovado. Oggi, a oltre vent’anni dalla morte, il suo ricordo tende a offuscarsi. E ha fatto bene a parlarne il prof. Anselmo Palini, particolarmente interessato all’America Latina (a cominciare da El Salvador di mons. Oscar Romero e di Marianella García Villas). Anche perché questa biografia, documentatissima, segue la vita di dom Hélder Câmara, nella sua evoluzione da conservatore (com’erano allora in genere i cattolici, in contrapposizione al comunismo “materialista e ateo”) a partecipe dell’emarginazione e delle sofferenze dei poveri” (prefazione, p. 7).

“Nel libro si racconta della sua presenza al Concilio Vaticano II e fu lì che lo incontrai per la prima volta, avviando una rispettosa amicizia. Quella di dom Hélder al Concilio fu una presenza discreta, che operava dietro le quinte senza interventi in aula, ma nello stesso tempo fu estremamente efficace nella prospettiva della Chiesa dei poveri, su cui papa Paolo VI era esitante in quanto temeva che, nel contesto della guerra fredda tra USA e URSS, finisse tutto in qualche modo in politica, e già stava pensando a una enciclica chiarificatrice, che fu la Populorum progressio del 1967. Questa prospettiva di una Chiesa dei poveri, sognata al Concilio, diventerà realtà con le scelte dell’Assemblea dei vescovi latinoamericani in Colombia, a Medellín, nel 1968” (prefazione. pp. 7-8).

“Anselmo Palini mette in evidenza come Hélder Câmara fosse particolarmente portato all’organizzazione. Fu ad esempio lui a ideare la Conferenza o Assemblea dei vescovi del Brasile, poi quella dei vescovi latino-americani e, nel Concilio, a riunire un gruppo di teologi – “l’Opus Angeli” – che approfondisse i problemi, e uno di vescovi – “l’Ecumenico” – che influisse nello svolgimento delle Assemblee. Ma nel contempo era anche un vero mistico. Tutte le notti si svegliava per un’ora di preghiere e di orientamento della giornata. Lo fece anche quando fu mio ospite e mi confidò: «Non lo consiglierei a nessuno, ma ringrazio il Signore perché mi ha sempre fatto riaddormentare». Dobbiamo essere grati ad Anselmo Palini perché a noi anziani richiama situazioni e temi importanti e ai giovani illustra quanto di grande e di profondo ha preparato il mondo d’oggi e potrebbe renderlo sempre più vero e più pieno di speranza” (prefazione, p. 9).

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