Quattro ministri hanno ricevuto l’avviso di garanzia perché la Procura di Catania sta indagando su di loro a proposito dei migranti. La domanda che ci poniamo è la seguente: può il potere politico essere scagionato quando ha ordinato un atto illecito per il supremo interesse dello Stato?

Quattro ministri hanno ricevuto l’avviso di garanzia perché la Procura di Catania sta indagando su di loro a proposito dei migranti. Non sappiamo gli sviluppi della questione che, purtroppo, si ripresenta. A Febbraio di questo anno già il Tribunale del Ministri chiese il rinvio a giudizio di Salvini per il fermo della nave Diciotti ma il Senato rifiutò l’autorizzazione. L’accusa era di sequestro di persona perché il Ministro aveva vietato lo sbarco del migranti; la giustificazione che fu addotta, ed accettata da gran parte del Senato, fu che si era agito nell’interesse superiore dello Stato, non certo per tornaconto personale.

E’ proprio questo il punto dirimente l’intera questione e quindi se la giustificazione apportata sia stata giuridicamente corretta oppure no. La domanda che ci poniamo è la seguente: può il potere politico essere scagionato quando ha ordinato un atto illecito per il supremo interesse dello Stato?

Questa domanda non è mai stata posta né in TV né sui giornali, anche se era la domanda focale di tutta la vicenda, così come lo è adesso con la nuova indagine aperta sui quattro ministri.
La storia non si fa con se, ma alle volte aiuta a comprendere.

Pasquale Barra, detto “o animale” era il peggior killer della mafia: i suoi misfatti sono al primo posto negli annali della cronaca nera. Un Ministro avrebbe potuto dare l’ordine di ucciderlo? O di estorcergli con la forza le confessioni? Evidentemente no, perché qualunque criminale, anche il peggiore, gode dei diritti della persona riconosciuti dalla costituzione e dalle leggi. Nessun governo avrebbe potuto invocare la Ragione di Stato.

Solo il Machiavelli sostiene che il Principe può agire al di fuori della legge anche se solo per i fini superiori dello Stato. Tuttavia dopo 5 secoli, anche in questo campo, il diritto ha fatto passi da gigante e ha posto l’organo politico di governo subordinato alla legge.

Al Senato con tutti i “cultori” del regolamento e del diritto che ci sono, non è venuto in mente a nessuno questa verità lapalissiana; tutti hanno accettato supinamente come giustificazione la Ragione di Stato.
Per i cristiani non solo la Ragion di Stato ma anche la legge è subordinata alla propria coscienza e alla parola di Dio, quindi è inutile l’ostentazione di simboli cristiani ai comizi; non sono certo quelli che definiscono il cristiano.

Veniamo ora ai 5S.  La loro piattaforma Web si chiama Rousseau, e non è un caso. Essi sono convinti di interpretare la “volontà generale” del popolo, concetto chiave in Rousseau, perché antepongono l’interesse generale a quello peculiare del singolo. La politica, infatti, è vissuta come una missione: niente guadagni sia pure leciti, niente ombre sull’operato del singolo, addirittura restituiscono ciò che giudicano “di troppo”.

Ma è “un compito difficile perché non è affatto scontato che la volontà generale, che dà voce “all’eguaglianza e all’interesse comune, coincida con la volontà che il popolo sovrano di fatto esprime” (cfr. Stefano Petrucciani, Modelli di filosofia politica, Einaudi 2017 pag. 112)

Qui sta il divario vero e profondo tra il modello dei 5S, la volontà generale, e ciò che succede realmente in democrazia, cioè la volontà di tutti. Essere gli interpreti della “volontà generale” significa non sottostare a nessun compromesso, come hanno detto e fatto fino ad un anno fa, perché questa pretende una purezza di spirito e una non compromissione con la realtà che è capace di corrompere. Infatti il primo atto della giunta Raggi fu la rinuncia alle Olimpiadi a Roma perché avrebbero corrotto il tessuto sociale ed economico della città, questa la giustificazione che fu portata e coerente con la pretesa di sentirsi l’unico interprete della “volontà generale” di Rousseau.

Solo che da un anno a questa parte sono al governo e devono sottostare a molteplici e ripetuti compromessi, non ultimo quello di impedire il processo a Salvini per i fatti della nave Diciotti. Più passa il tempo e più si allarga il solco tra la purezza derivante da autonominarsi interpreti della “volontà generale” e l’azione di governo. In fondo è da questa frattura che deriva il forte arretramento elettorale, più che dalle singole promesse tradite.

Dopo il crollo del ponte Morandi a Genova, Toninelli ebbe parole di fuoco contro i Benetton, salvo poi prostrarsi per l’insalvabile Alitalia. Ecco perché non può esistere un compromesso per la TAV in val di Susa.

Qualche anno dopo la morte di Rousseau, la storia ci ha consegnato due figure politiche che hanno interpretato alla lettera il suo pensiero: Robespierre e Saint-Just, ma dopo un anno di ghigliottina finirono tutti e due sul patibolo. Evidentemente la “volontà generale” era un’altra.

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