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La profonda crisi causata prima dalla pandemia e poi dalla guerra in Ucraina in tutti i Paesi del mondo, impone capacità e determinazione, associate ad una riflessione sulle questioni di maggiore attualità. Tra queste, particolare attenzione deve essere rivolta all’impatto delle nuove tecnologie sull’occupazione e sui sistemi economici, all’estensione degli strumenti di protezione sociale per far fronte alle disuguaglianze, alla parità di genere nell’ambito del mercato del lavoro. Si tratta di sviluppare alcuni tra i principi fondamentali in cui è stata data forma al pilastro europeo dei diritti sociali insieme a quelli che enunciano condizioni di lavoro eque, inclusione e pari opportunità e accesso nel lavoro

Il lavoro è principio fondamentale della nostra Costituzione: sia in quanto su di esso è fondata la Repubblica (art. 1) sia in quanto è fondamentale il riconoscimento di un diritto al lavoro, con l’impegno a promuovere le condizioni perché esso divenga effettivo (art. 4). Tali previsioni, e le altre che riconoscono e garantiscono l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione (politica, economica e sociale) del Paese manifestano la dignità dell’attività lavorativa, in quanto espressione della condizione di ogni uomo sulla terra, e sottolineano ad un tempo come essa costituisca, secondo l’insegnamento magistrale di Hannah Arendt, la precondizione dell’attività più esclusiva e specificamente umana, vale a dire di ogni autentico agire politico e di ogni conseguente libertà, che soli possono costituire una effettiva Res publica.

La celebrazione della festa dei lavoratori di questo Primo Maggio 2022 si colloca tuttavia in un orizzonte angusto e triste, circoscritto da un passato segnato dalla pandemia, che ancora è presente, e da un presente, che sembra purtroppo destinato a durare ancora, in cui la ragione ha ceduto ormai da 67 giorni la parola alle armi e la guerra in Ucraina mette di fronte uomini ad altri uomini e li fa chiamare nemici, portandoli reciprocamente a rinnegare la dignità di persona dell’altro e così – per riprendere le Parole pronunciate da Papa Francesco – a non sapere più nulla su Dio e dimenticare perché si sta al mondo.

Tra i momenti del recente passato di pandemia che hanno costituito un punto di riferimento per la riflessione sul lavoro, mi sembra importante ricordare la riunione dei Ministri del Lavoro del G20 alla fine del giugno 2021. Incontrarsi a Catania, e più in particolare presso il Monastero dei benedettini, ha rappresentato infatti già per sé un evento carico di valenze simboliche, a cominciare dall’originario riconoscimento della importanza religiosa, formativa e sociale del lavoro.

L’incontro di Catania è stato peraltro un’occasione per muovere da una contraddizione per più versi solo apparente, che riguarda l’Europa: l’UE è infatti una delle regioni più ricche del mondo e tuttavia ci sono 95 milioni di europei che vivono a rischio di povertà. Risulta pertanto necessario costruire e garantire un sistema di protezione sociale che renda fecondi e più umani gli interessi economici, attraverso l’applicazione del superiore principio del benessere dei cittadini, degli uomini e dei lavoratori, che a ben vedere contestualmente è coniugato anche col più alto e lungimirante interesse delle imprese.

Negli ultimi decenni globalizzazione, digitalizzazione e aumento delle forme di lavoro atipiche, particolarmente nel settore dei servizi, hanno rimodellato i mercati del lavoro, generando un aumento di posti di lavoro a bassa retribuzione e a bassa qualifica e contribuendo ad indebolire le strutture di contrattazione collettiva. Non v’è dubbio pertanto che si debba affermare la consapevolezza, espressa anche in seno al Parlamento europeo, che per quanto il lavoro possa essere il mezzo migliore per contrastare la povertà, ciò non vale oggi per i settori a bassa retribuzione o per quelli che lavorano in condizioni precarie o atipiche.

In questo senso la profonda crisi causata dalla pandemia in tutti i Paesi del mondo impone capacità e determinazione, associate ad una riflessione sulle questioni di maggiore attualità quanto agli ambiti di propria competenza. Tra queste, particolare attenzione deve essere rivolta all’impatto delle nuove tecnologie sull’occupazione e sui sistemi economici, all’estensione degli strumenti di protezione sociale per far fronte alle disuguaglianze, alla parità di genere nell’ambito del mercato del lavoro. Si tratta dunque di dibattere e sviluppare alcuni tra i principi fondamentali in cui è stata data forma al pilastro europeo dei diritti sociali – insieme a quelli che enunciano condizioni di lavoro eque, inclusione e pari opportunità e accesso nel lavoro.

Quanto al tragico presente e al futuro che verrà, non è possibile realisticamente ritenere oggi che il lavoro possa uscire indenne dalle drammatiche conseguenze della guerra. Le recentissime stime del FMI hanno previsto una destabilizzazione dell’economia del Pianeta, con perdite differenziate dei PIL di Cina, Stati Uniti ed Eurozona, e con il sovrapporsi di una frammentazione alla globalizzazione e dunque con un ritorno alle logiche di mercato nazionali o regionali – e una perdita di cinque punti del PIL a livello del Pianeta, secondo le stime della direttrice del WTO, Ngozi Okonjo-Iweala.

La voce di Papa Francesco, eco di Logos, si offre con incessante umiltà per orientare la intelligenza dei decisori politici, specie di quanti, fieri di essere cristiani, vedono oggi gli altri come nemici e pensano a farsi guerra… Ma di fronte alla realistica consapevolezza che l’uomo è oggi più pericoloso per la Natura e per sé stesso di quanto un tempo la Natura fosse per lui, sarebbe sufficiente trovare il limite almeno nelle emergenze morali che il ruolo e le potenzialità della téchne, di distruggere la vita sul Pianeta, impongono alla ragione – secondo quanto afferma il principio responsabilità di Jonas.

Per oggi, è attualissimo lo slogan dei sindacati confederali, che tornano, significativamente ad Assisi, dopo due anni di assenza per l’appunto a causa della pandemia, e danno comunque un’altra voce alla speranza dei lavoratori: “Al lavoro per la pace”.

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