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Per sconfiggere i fondamentalismi religiosi distruttivi che negano la libertà individuale e asservono il potere, la ragione non basta, occorre un’altra religione. E soprattutto se questa, come è quella cristiana, si fonda sull’amore per il prossimo invitando alla conversione personale e all’impegno per la costruzione della città dell’uomo nel rispetto delle autorità. Insomma, è evidente che seppure in forme diverse, il rapporto con la fede e il suo inevitabile riverbero pubblico è ineludibile. Così è l’uomo, così è la vita. Ieri, come oggi e nel futuro.

Sin dagli albori dell’umanità l’uomo ha avuto idoli, credenze e culti. È fuor di dubbio che le domande sull’oltre, il mistero e l’eternità sono nel Dna umano e sono state spinta di continua ricerca e scoperte.

I popoli e i loro governanti consultavano dei e sommi sacerdoti, facevano sacrifici per propiziare gli eventi. Ciò è durato secoli, anche con l’Impero Romano che a lungo ha dominato gran parte dell’odierna Europa e delle terre orientali prospicenti il mediterraneo. Il culto degli Dei era parte della sua potenza militare e culturale.

Il big bang che cambia questo rapporto avviene attorno al IV secolo d.C. dopo le persecuzioni dei cristiani che portavano la sconcertante novità di un unico Dio che predicava l’amore per il nemico, prima con l’editto di Milano del 313 che pone fine alle persecuzioni, e poi con l’editto di Tessalonica che con ordine imperiale impone ai sudditi di adottare il Cristianesimo facendone quindi la religione ufficiale dell’Impero. Un cambiamento che segna tutto il Medioevo e oltre, nel rapporto tra popoli, fede, potere e legge.

Dopo la fine dell’Impero, la religione diviene componente essenziale dell’identità dei popoli e fonte di legittimazione di Re e Imperatori. Il Papa e i Vescovi divengono l’altro congiunto potere e riferimenti per la costruzione di comunità e regni. La corona è il segno del potere di un popolo e della volontà divina, il Re è tutore e difensore della religione. Ma soprattutto è fonte d’ispirazione delle leggi ove, non senza controversie e contraddizioni, prendono via via corpo i diritti della persona.

L’esperienza monastica con la regola di San Benedetto ha segnato e irradiato il corso della storia sino ai giorni nostri. È indubbio che l’Europa ha millenarie radici cristiane. È con l’avvento dell’Illuminismo che si spezza questo nesso che ha generato cose buone e altre no (ma la storia serve a comprendere più che a giudicare). D’altro canto, nessuna religione può sfuggire alle interpretazioni culturali-popolari del proprio tempo.

È con – l’età dei lumi- nel XVIII secolo che avviene la teorizzata e voluta frattura nei confronti del passato e della religione. Peraltro, già Dante nel suo il De Monarchia (XIV secolo) evidenziava la necessaria divisione tra potere temporale e spirituale. Con l’Illuminismo si affermano i primati della ragione empirica e della conoscenza scientifica. È un altro big bang che genera progressivamente in tutta l’Europa il principio della laicità ovvero della distinzione tra credo personale, e influenza del potere religioso da quello dello Stato. Viceversa, questo ha prodotto in ambito ecclesiale, in tempi più recenti e con il Concilio Vaticano II in particolare, il recupero con più nitidezza del principio evangelico che distingue tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio. Le ricadute sul sistema politico sono state forti e ancora oggetto di tensioni.

Ma se il principio di laicità viene esasperato (laicismo) fino a misconoscere la rilevanza civile dell’ispirazione religiosa, questo è negare la storia e l’evidenza empirica. Tutto ciò che ci circonda deriva dal perenne dialogo tra fede e ragione. La nostra Costituzione che recepisce questa ispirazione ne è simbolo. Pur cercando di separare giustamente gli ambiti di influenza e potere, l’ispirazione religiosa rimane un anelito fondativo dell’essere umano. Una forza interiore che supera le ragioni della ragione. E se gli esseri umani magari non credono ad un Dio specifico, accade anche che finiscono per inseguire altre forme idolatriche. Se non si crede a niente si finisce a credere a tutto, come diceva Gilbert K. Chesterton. Ne abbiamo evidenze anche oggi sconvolti dalla pandemia, ove nonostante il progresso tecnico scientifico assistiamo a fenomeni di confutazione della realtà e autorità sanitarie. Si sostituisce Dio con Io.

L’uomo assurge all’autodeterminazione di sé e della realtà. Ma poi accade che l’uomo si perda nei meandri tra il cuore e l’intelletto. Perché così è l’uomo, fatto di ragione impastata con irrazionalità, sentimenti e sete di infinito. Lo spirito non conosce pace. La religione può essere un problema ma anche una forza positiva.

Per sconfiggere i fondamentalismi religiosi distruttivi che negano la libertà individuale e asservono il potere, la ragione non basta, occorre un’altra religione. E soprattutto se questa, come è quella cristiana, si fonda sull’amore per il prossimo invitando alla conversione personale e all’impegno per la costruzione della città dell’uomo nel rispetto delle autorità. Insomma, è evidente che seppure in forme diverse, il rapporto con la fede e il suo inevitabile riverbero pubblico è ineludibile. Così è l’uomo, così è la vita. Ieri, come oggi e nel futuro.

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