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Il libro è un invito a far entrare nella formazione umana permanente la capacità di affrontare e cercare soluzioni per i conflitti che inevitabilmente la vita ci propone: i conflitti esistono perché siamo diversi e questa diversità va salvaguardata. Il problema è come affrontarli. Galtung propone un metodo che aiuta nella loro risoluzione. Allarghiamo la nostra visione a soluzioni praticabili così da consentire a tutta l’umanità di vivere meglio

Galtung è un guru mondiale della risoluzione dei conflitti, della nonviolenza e della costruzione della pace. Nato nel 1930 a Oslo, dopo gli studi in sociologia e matematica si è dedicato alla ricerca sui mezzi pacifici per ottenere la pace ed è diventato un formatore a livello mondiale e un consulente/mediatore per conto dell’ONU. Ha fondato nel 1959 l’International Peace Research Institut (PRIO) e da qualche anno il TRASCEND: A Network for Peace and Development (www.trascend.com).

In Italia i suoi libri sono poco tradotti e, soprattutto, i suoi metodi per la risoluzione dei conflitti poco diffusi, se non negli ambienti della nonviolenza e negli studi accademici. Il libro è dedicato a studenti e docenti dei corsi di Scienze per la Pace, agli specialisti della mediazione, ai diplomatici e agli uomini di governo, oltre che alle persone che vogliano imparare l’arte di trascendere i conflitti. Potrebbe essere molto utile anche nella formazione permanente dei volontari in servizio civile.

In un paese come l’Italia, abituati più al dibattito (combattimento con armi verbali, non fisiche) che al dialogo (le parti lavorano assieme per trovare una soluzione al problema), come si vede nei vari talk-show televisivi e radiofonici, sarebbe utile diffondere le idee e il metodo di Galtung per accrescere la nostra cultura e cercare soluzioni creative ai vari conflitti che ci attraversano.

La tesi di fondo è che per affrontare un conflitto occorre avere una visione sufficientemente chiara di quali attori vi sono coinvolti, quali sono gli effettivi e profondi motivi del conflitto, provare a instaurare un dialogo che cerchi soluzioni creative e praticabili.

Galtung propone un diagramma che aiuta a comprendere le 5 possibili soluzioni in gioco in un conflitto con un’alternativa secca tra due soluzioni apparentemente non conciliabili.
Le prime due soluzioni hanno come esito la vittoria di una parte sull’altra e il metodo usato è quello della lotta e si caratterizzano per l’alternativa aut/aut: o l’una o l’altra. Gli esiti sono quelli di ulteriore violenza e incomprensione.
La terza è la rinuncia a una soluzione che porta al rinvio/differimento della soluzione e si presenta come né/né e la violenza può continuare a covare o a manifestarsi episodicamente.
La quarta soluzione è quella del compromesso dopo una negoziazione, caratterizzata dalla posizione metà/metà: tutti sono un po’ insoddisfatti, ma la violenza si può fermare, fino a quando qualcuno si ritenga troppo insoddisfatto del compromesso e riapra il conflitto.
La quinta, quella più interessante e duratura (se raggiunta), è quella della trascendenza del conflitto che si attua nel dialogo ed è caratterizzata dalla posizione sia/sia. Il conflitto viene risolto con soddisfazione da parte di tutti perché tutti hanno partecipato alla risoluzione del conflitto con un atto creativo di apertura degli orizzonti mentali – quelli che più impediscono la possibilità di reali alternative all’uscita del conflitto – e di reciproco riconoscimento della parti in causa come persone degne portatori di bisogni fondamentali che devono essere garantiti da tutti.

Tutto lo sforzo di un mediatore di conflitti è quello di aiutare a far sviluppare alternative possibili alle soluzioni 1 e 2, per giungere, se possibile fino alla 5. Galtung chiama, le soluzioni 3 – 4 – 5, la diagonale della pace.
Il libro affronta i conflitti a vari livelli: micro (conflitti dentro e tra le persone: famiglia, vicinato, ecc.) meso (conflitti all’interno della società: quale società si vuole realizzare rispetto a scuola, medicina, sicurezza, politica, economia, ecc.), macro (conflitti tra stati e nazioni) e mega (conflitti tra regioni e civiltà).

Nei conflitti mega mostra come il rapporto tra natura, bisogni fondamentali della persona, stato e capitale dovrebbe essere il più possibile equilibrato e dinamico e non sbilanciato a favore di qualcuno di questi. In particolare i bisogni fondamentali della persona dovrebbero essere la guida e l’obiettivo alla risoluzione dei conflitti.
C’è molta assonanza con l’enciclica di papa Francesco Laudato si’ che propone il dialogo a tutti i livelli per affrontare i problemi della convivenza civile, coinvolgendo prima di tutto coloro che pagano le conseguenze maggiori delle ingiustizie derivanti dalle varie crisi: i poveri.

E’ un invito non solo alla lettura ma anche a fare entrare nella formazione umana permanente di ciascuno la capacità di affrontare e cercare soluzioni per i conflitti che inevitabilmente la vita ci propone: i conflitti esistono perché siamo diversi e questa diversità va salvaguardata. Il problema è come affrontarli. Ringraziamo Galtung che ci propone un metodo, non infallibile, ma che aiuta molto nella loro risoluzione. Allarghiamo la nostra visione a soluzioni praticabili così da aiutare tutta l’umanità a vivere meglio.

Johan Galtung, Affrontare il conflitto. Trascendere e trasformare, Pisa University Press, Pisa 2014.

Citazioni

“Il problema risiede piuttosto nella relazione tra tutti questi obiettivi e qualcosa che chiamiamo genericamente risorse. Il denaro è una […]. Il tempo è un’altra […] L’energia è una terza […] La capacità di autogoverno è una quarta. E qui ci sono alcune piccole parole alle quali bisogna rispondere: cosa, perché, come, dove, quando con chi e, più spesso contro chi, si innesca il conflitto. […] Una vita ricca richiede parecchio da noi, e una leggera, delicata capacità amministrativa per disciplinare il lungo elenco degli obiettivi” (p. 65).

“La soluzione risiede nel dialogo come maniera di penetrare più a fondo nel conflitto. Il dialogo riguarda gli individui, non le categorie. De-umanizziamo il TU personale, vedendo quell’individuo come rappresentante di una categoria, di un Esso impersonale. E ciò cambia la relazione Io-Tu in un dialogo ispirato alla relazione Io-Esso? La risposta sta nell’avere molti dialoghi Io-Tu, per essere aperti sia a ciò che hanno in comune gli individui, ma anche alle differenze individuali” (p. 69).

“Chiamo Stati i paesi definiti geograficamente, Nazioni i gruppi definiti culturalmente – per storia, lingua e religione – che provano attaccamento per una ragione geografica. Se più di una nazione prova attaccamento per lo stesso pezzo di terra, allora ci troviamo dinanzi a un conflitto per chi debba governare e possiamo aspettarci quanto meno violenza verbale. Utilizzando queste definizioni, possiamo dire che ci sono circa 200 stati e 2.000 nazioni, ma appena 20 «stati-nazione», cioè stati che siano popolati estensivamente da un’unica nazione. In altre parole, ci sono in linea di principio 1980 nazioni in conflitto sparse in 180 stati” (p. 101).

“Le tre caratteristiche importanti descritte in questo libro, l’empatia, la creatività nel trovare soluzioni e la nonviolenza per attuarle, sono state uccise […] Per questo i conflitti devono essere trasformati in modo che le parti possano vivere creativamente e pacificamente, e la violenza possa essere evitata. Le parti devono rompere la polarizzazione dentro di sé e tra di loro, dal momento che questa rende l’empatia, il dialogo e la creatività impossibili. […] Dove la violenza ha avuto luogo è necessaria la riconciliazione per ricominciare dall’inizio. Un compito difficile, ma ciò non costituisce una scusa per soffrire, a causa della mancanza d’abilità o di volontà nel trovare una reale soluzione” (p. 108).

“Se una chiave importante per la il conflitto è la creatività, quale sarà, quindi, la chiave adatta per la pace? Non facciamo chiacchiere, per favore, solo una parola! La parola è uguaglianza. […] La pace è basata sulla reciprocità, che a sua volta si basa sull’uguaglianza, diritti uguali e uguale dignità. […] Riprendiamo dall’elementare teoria della pace una definizione più precisa sulla reciprocità: qualunque cosa tu voglia per te stesso, dovresti anche volerlo offrire all’altra parte, se essa lo desidera” (pp. 136-138).

“Gli studi sul conflitto ci rendono capaci di avvicinare un conflitto con empatia, nonviolenza e creatività. Gli studi per la pace ci mettono in condizione di prevenire la violenza attraverso l’uguaglianza e l’equità. Gli studi sulla riconciliazione ci permettono di prevenire la violenza futura attraverso la cura e la chiusura della violenza del passato” (p. 147).

“Garantire i bisogni fondamentali. In altre parole la sopravvivenza, assieme al benessere, alla libertà e all’identità. Noi umani abbiamo vissuto per un tempo piuttosto lungo senza Stato e Capitale, ma ami senza la Natura. La Natura ha funzionato piuttosto bene in assenza di tutti e tre. In altre parole, vengono prima i bisogni della Natura, poi quelli degli esseri umani e infine quelli di Stato e Capitale. […] Il problema non è la relazione Nord-Sud, ma ala relazione tra Stato-Capitale e Natura-esseri umani. Stato e Capitale sono così forti nel Nord che possono prendere risorse da Natura ed esseri umani nel Sud. […] Trascendenza positiva sarebbe un contratto sociale con Stato e Capitale che metta al primo posto la soddisfazione dei cittadini e i bisogni fondamentali dei consumatori. Gli esseri umani e i propri bisogni sarebbero la misura di tutte le cose e non astrazioni come il potere dello Stato e la salute del Capitale” (pp. 156-157).

“La nonviolenza di Gandhi: opporsi al male, proteggere le persone” (p. 176).

“Un «trattato di pace» che sopprime bisogni fondamentali quali identità, libertà e benessere è in effetti un trattato contro la pace” (p. 195).

“Le emozioni sono le forze motrici; l’intellettualità è lo strumento. Questa contraddizione apparente è trascesa nel lavoro sul conflitto attraverso un appassionato radicamento a valori quali empatia per conoscere a fondo le parti, creatività per essere di un qualche aiuto effettivi, nonviolenza che sostiene, e mai trascura, i bisogni fondamentali. Il lavoro sul conflitto deve essere basato su questi valori che vengono messi a turno sul tavolo. Il mediatore senza passione non farà un buon lavoro. La motivazione è troppo debole. La mediazione non è un lavoro per persone tiepide” (p. 199).

“La società moderna è povera di istituzioni che rendano le parti capaci di dialogare direttamente l’una con l’altra, si preferiscono gli approcci indiretti” (p. 221).

“TRANSCEND è liberale nel senso che incoraggia i piccoli passi, è marxista nel senso che costruisce la trascendenza e la dialettica della contraddizione; è buddista nel senso che riconosce i bisogni umani come guida fondamentale” (p. 222).

“Non avanziamo la tesi che tutto funzionerà, finché rimanga all’interno della diagonale della pace. La tesi è che se qualcosa funzione, allora è lì che sarà trovata la soluzione” (p. 223).

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