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L’analisi ed il confronto sui diversi modelli di laicità è utile per giungere alla definizione di un concetto di laicità orientato alla  costruzione del bene comune. In questa prospettiva il Vangelo può offrire un contributo prezioso ed originale per la comprensione della realtà sociale.

Come i precedenti, anche questo lavoro di Luca Diotallevi ci costringe a fare i conti con le nostre più  radicate convinzioni. L’autore le mette alla prova: alla fine della battaglia se ne può uscire  vincitori o vinti, ma certamente diversi da prima. Questa volta la provocazione arriva su uno dei capisaldi dei cattolici impegnati in politica, ovvero la laicità. Di solito sono due i modelli cui fare riferimento, quello francese della laicità (che separa nettamente il pubblico dal privato, facendo coincidere il pubblico con la politica e poi con lo Stato) e quello americano della libertà religiosa, che pone esattamente questo principio a presiedere lo spazio pubblico, evitando di consegnare tutta la politica allo Stato (ammesso che tale concetto – in forma non troppo debole – si possa sviluppare…).
Nel primo modello – che ci pare poco amato dall’autore – i poteri politici si separano dai poteri religiosi sacralizzando se stessi (la laicità non è alternativa al sacro ma al santo). Pertanto la laicità diventa secolarizzazione per sostituzione: si sostituisce un presunto primato del religioso con un reale primato del politico. In particolare col primato dello Stato: un vero problema oggi, dato che lo Stato manifesta una persistente crisi e rischia di trascinare con sé la politica e lo spazio pubblico.
Ma allora, quale, tra i due modelli, è oggi più adeguato a sostenere il bene comune? Quale modello di città? Quale rapporto tra Vangelo e ordine sociale? Vi lasciamo il gusto di battagliare con Diotallevi, nella sua precisa opera di scardinamento (anche con citazioni e richiami assai colti) del modello della laicità. Interessante, ad esempio, la rilettura di una equivoca concezione dell’autonomia delle realtà temporali, per arrivare a scavare nelle profondità della differenza tra ordine naturale e storia, come espressione della condizione tipica del saeculum.
Altrettanto interessante risulta la rilettura della città di S. Agostino, che permette di distinguere tra la (poliarchica) civitas romana e la polis greca. Nel modello della laicità i corpi intermedi sono presenti in gabbie, come negli zoo. Nel modello del saeculum – che non assume alcuna pretesa di perfettismo istituzionale, politico o sociale – sono invece uno dei poteri presenti in un’arena non fintamente agonistica. La presenza o meno dello Stato (state societies o stateless societies) continua a rappresentare la condizione di fondo.
Insomma il libro merita di essere letto, anche se non è di facile lettura. Ma soprattutto meriterebbe di essere discusso. Nell’agorà pubblica, quella digitale, andrebbe benissimo.

Luca Diotallevi, La pretesa. Quale rapporto tra Vangelo e ordine sociale? Rubbettino, Soveria, 2013.

 

Citazioni

“Nella variante laica la secolarizzazione è solo sostituzione di un (presunto) primato del religioso con un (invece drammaticamente reale) primato del politico”.

“L’unica differenza tra laicità e clericalismo è che il posto che nel primo occupa l’ideologia, nel secondo è occupato dal cinismo”.

“E se la laicità fosse solo l’ideologia di una modernità impaurita a se stessa e trattenuta?”.

“Si parte dalla evangelizzazione per “comprendere” – ma non per dedurre – l’azione politica”.

 

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