“Pietre scartate”: è l’immagine, ripresa dal Vangelo, che l’autrice sceglie per descrivere le teologhe italiane che, solo perché donne, non sono pienamante valorizzate venendo sovente escluse dai dicasteri ecclesiali in cui si prendono decisioni importanti. Consapevoli delle loro competenze rifiutano i pregiudizi di genere e reclamano il diritto di partecipare al potere decisionale della Chiesa per diventare “pietre d’angolo”.

Il libro riporta i risultati di una ricerca sociologica, nell’ambito della sociologia della religione, sulle teologhe nelle chiese cristiane in Italia.

All’inizio del lavoro viene ripercorso il cammino delle donne nella Chiesa da “presenze silenziose a teologhe”: una tappa fondamentale è costituita dal Concilio Vaticano II che ha aperto gli studi di teologia anche alle donne.

Dopo il Concilio Vaticano II sono state nominate Dottori della Chiesa Santa Caterina da Siena e Santa Teresa d’Avila da Paolo VI e Hildegard von Bingen da Benedetto XVI. Tuttora, però, la presenza delle donne (sempre più massiccia nella pratica religiosa e nelle attività di volontariato) resta marginale nelle sedi ufficiali.

All’introduzione segue un capitolo di carattere metodologico. La ricerca descritta nel libro è di tipo quantitativo, condotta attraverso un questionario on-line, il cui testo è riportato in appendice. Le domande del questionario, molte delle quali a risposta multipla e alcune aperte, sono state raggruppate nelle seguenti sezioni:
I. Dati anagrafici e strutturali;
II. Percorso formativo;
III. Attività scientifiche svolte;
IV. Appartenenza associativa e comunitaria;
V. Atteggiamento nei confronti del futuro delle teologhe (in questa sezione è presente una domanda sul sacerdozio femminile).
VI. Rapporto con il Concilio Vaticano II.

Questa indagine sulle teologhe in Italia che viene condotta per la prima volta ha presentato varie difficoltà, tra cui quella della definizione dell’universo di riferimento e del reperimento dei dati primari. Delle teologhe contattate 181 (il 50%) hanno compilato il questionario. Si tratta di un campione significativo, anche se non rappresentativo.

I dati acquisiti, riportati attraverso tabelle e grafici, consentono di fare le seguenti considerazioni:
– per quanto riguarda l’identità, le teologhe in Italia sono prevalentemente nubili, vivono al centro e hanno un’età compresa tra i 46 e i 65 anni. La maggioranza di loro insegna nelle università;
– la formazione delle teologhe è di livello alto;
– l ’attività scientifica svolta dalle teologhe è ampia (pubblicazione di monografie, traduzione e cura di testi critici, saggi in riviste scientifiche nazionali e internazionali);
– il corso di studi teologici ha presentato ostacoli e difficoltà a causa di pregiudizi diffusi;
– riguardo al futuro le teologhe sono ottimiste, nonostante ci siano ancora problematicità;
– le teologhe mostrano una piena adesione ai valori e ai contenuti del Concilio Vaticano II.

La ricerca ha disegnato, attraverso le risposte, l’identikit di donne intenzionate a diventare “pietra angolare”, senza le quali l’intero edificio è destinato a crollare. Insomma, le donne teologhe ci sono e vogliono fare la loro parte.

Carmelina Chiara Canta, Le Pietre Scartate, Indagine sulle teologhe in Italia, Franco Angeli, Milano 2014.


Citazioni

“«Le pietre scartate»: così abbiamo definito le donne- teologhe protagoniste della ricerca. «Pietre scartate» perché non sempre riconosciute come donne importanti nelle chiese cristiane, sebbene con delle differenze nell’ambito delle confessioni; certamente donne non valorizzate a pieno ed emarginate nei luoghi più prestigiosi e nei palazzi del potere, dove anche le religioni preferiscono gestirlo in termini esclusivi e maschili”.

“Il futuro appare strettamente legato all’apporto delle teologhe, perché, come afferma il Cardinale W. Kasper «La Chiesa senza le donne è un corpo mutilato», è insensato continuare a parlarne, senza ascoltare”.

“Il percorso della donna nella Chiesa è inclusivo dall’inizio: esse sono con Cristo prima con gli apostoli sono le prime a riconoscerlo risorto, nella prima comunità di chiesa domestica sono insieme agli uomini e annunciano alla pari degli uomini. Nessuno mai le considerava diverse né escluse”.

“La Chiesa cattolica ha riconosciuto nei documenti ufficiali gli errori commessi nei confronti della donna e ne ha apprezzato il «genio femminile», ma nella vita quotidiana della Chiesa, a vari livelli, permangono molte ombre”.

“All’interno della Chiesa cattolica è ancora lungo il cammino che le donne devono percorrere ma esso è iniziato nel Concilio Vaticano II, dove la recezione del movimento delle donne nella società, nato nel novecento, è stata debole ma tuttavia ha prodotto quel formidabile traguardo degli studi di teologia aperti anche alle donne, che erano molto attive e impegnate nelle chiese”.

“Per limitare l’analisi al mondo cristiano, emerge, con modalità differenti la visione di una donna legata al modello sociale tradizionale, dedita più alla famiglia e al servizio che non alla vita nel mondo. D’altra parte non può che essere così: ciò che avviene nelle religioni e che riguarda la donna non è diverso da quanto si realizza nella società”.

“Vivere da teologhe non è facile ma lo diventa se si ha la forza di sostenere e superare conflitti, emarginazioni e difficoltà che devono affrontare negli ambienti in cui vivono, comunità religiose, nelle chiese di appartenenza, in ambito scientifico e nelle università dove insegnano. Paradossalmente, le difficoltà provengono dagli ambienti più prossimi rispetto al contesto esterno e interessano maggiormente le religiose. Non mancano tuttavia le difficoltà di natura economica e i pregiudizi culturali nei confronti della donna nella chiesa e nella società più ampia”.

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