L’artigiano rappresenta in ciascuno di noi il desiderio di fare bene una cosa, concretamente per se stesso. Gli attuali sviluppi dell’alta tecnologia rispecchiano un modello antico di lavoro tecnico, ma sul campo la realtà è che le persone che aspirano a essere bravi artigiani sono depresse e vengono ignorate o mal comprese dalle istituzioni sociali

Il lavoro può essere a dimensione umana, oppure rimane confinato alla logica del profitto?
Per rispondere agli interrogativi Richard Sennett si colloca sulla scia della sua “maestra” Hannah Arendt, l’autrice di Vita activa. L’autore propone di riscoprire la figura dell’artigiano, perché concilia sapere teorico e abilità pratica, perché si concentra sulle azioni da compiere e sul prodotto realizzato e non solo sul guadagno e sul successo ottenuto. In questo modo Sennett supera la distinzione sella Arendt tra homo faber, che è una persona che si attiva per la costruzione di una vita comune, e animal laborans, che è un individuo condannato alla routine, alla fatica e privo della capacità di governare il suo lavoro.

Le pagine de L’uomo artigiano si aprono con una raccolta critica di racconti sulla vita lavorativa di alcuni personaggi storici e moderni che si sono impegnati e si impegnano al di là degli scopi strumentali. Il cuore del problema è l’individuazione del senso del lavoro.

Sennet inizia a costruire una risposta a partire dalla relazione tra l’uomo e l’azienda. L’autore rileva che la new economy non utilizza due forme tradizionale di ricompensa del lavoro svolto: il premio per i dipendenti e la progressione automatica della carriera. Ne derivano due conseguenze: il lavoratore appassionato non è premiato e si apprezza la velocità di esecuzione piuttosto che la qualità e la fedeltà all’azienda.

C’è poi il rapporto tra l’uomo e le macchine. Diventa importante comprenderne i limiti e le potenzialità. Il virtuale può essere una minaccia: I nostri Pc e i loro potenti software permettono di costruire progetti in ambienti asettici. Però si provocano tre effetti dannosi: si scindono realtà e simulazione; si disabilita un’intelligenza relazionale legata alla manualità; si preclude l’imperfezione che è l’anticamera della scoperta creativa.

Un terzo elemento indica la dimensione relazionale. L’artigiano è pensato come lavoratore solitario. Cogliere le dinamiche della sua bottega, invece, aiuta a comprendere l’equilibrio nelle relazioni nell’habitat in cui un lavoratore tecnico opera. la gestione di autorità ed autonomia nel lavoro proprio, e degli altri, è uno dei punti chiave. La qualità dei rapporti è valorizzata dal faccia a faccia.

Infine Sennett esamina due dimensioni essenziali: la vocazione che rende possibile per un lavoratore vedere la bontà di un prodotto che contribuisce a realizzare; il talento legato al fare bene una cosa, che non è una risorsa scarsa ma un impegno possibile per tutti.

Richard Sennet, L’uomo artigiano, Feltrinelli, Milano 2008.

Citazioni

"Il falegname, l’operatrice tecnica e il direttore di orchestra sono tutti artigiani, nel senso che a loro sta a cuore il lavoro ben fatto per se stesso. Svolgono un’attività pratica, ma il loro lavoro non è semplicemnte un mezzo per raggiungere un fine di altro ordine".

"L’artigiano rappresenta in ciascuno di noi il desiderio di fare bene una cosa, concretamente per se stesso. Gli attuali sviluppi dell’alta tecnologia rispecchiano un modello antico di lavoro tecnico, ma sul campo la realtà è che le persone che aspirano a essere bravi artigiani sono depresse e vengono ignorate o mal comprese dalle istituzioni sociali".

"Nel lavoro tecnico, ci deve essere un superiore che stabilisce i parametri di qualità e che addestra gli apprendisti. Nel laboratorio le disparità di abilità e di esperienza diventano questione di rapporto faccia a faccia. Un laboratorio che funziona bene definirà l’autorità legittima in una persona in carne e ossa, non in una serie di diritti e doveri stilati sulla carta ".

"Nel lavoro artigiano il ritmo della routine si ispira all’esperienza infantile del gioco, e i bambini sono, quasi tutti bravi a giocare…Nessuno può negare che le persone nascono, o diventano, ineguali. Ma l’ineguaglianza non è il fattore più importante negli essere umani. La capacità della nostra specie di fabbricare oggetti rivela soprattutto ciò che abbiamo in comune".

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