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di Claudio Becchetti
rnLe aziende italiane attraversano un periodo di crisi aggravato dalla negativa congiuntura internazionale. La parabola evangelica del Buon Pastore offre spunti assai ricchi per analizzare le dinamiche della gestione delle aziende Italiane sotto un’ottica più specifica. Le aziende hanno bisogno di “un buon Pastore che protegge e ama le proprie pecore”. Solo così il gregge (l’Azienda) può prosperare. Il buon Pastore è il capitano di industria che conosce il mestiere e sente l’Azienda come sua: alcuni industriali dicevano – nel passato – che le aziende dovevano essere guidate “con amore”.

Oggi nelle “mission” aziendali si utilizza il termine “passione” con un significato analogo. Come racconta la cronaca degli ultimi tempi, alcuni imprenditori arrivano al suicidio a causa della crisi della propria azienda.
L’approccio opposto è quello del “mercenario” che quando “vede venire il lupo , abbandona le pecore e il lupo le rapisce e le disperde”. “ Al mercenario non interessano le pecore”. Chi gestisce con tale spirito un’Azienda antepone il proprio interesse, anche a costo di svuotare economicamente e distruggere la realtà che gli è stata affidata. Costruire un’azienda di successo richiede molto tempo, mentre la distruzione e il suo svuotamento sono operazioni relativamente semplici e di breve durata, come purtroppo insegnano molti esempi italiani e non.
Il buon Pastore è il capitano di industria che non si occupa solo del recinto della sua Azienda ma sa che “deve guidare “ e generare bene comune anche per ciò che è collegato al suo gregge: i fornitori, i clienti, i cittadini, l’ambiente e tutti ciò che in qualche modo è in relazione con l’Azienda . Solo massimizzando il bene di tutti gli stakeholders, l’Azienda e il suo ecosistema possono prosperare in modo sostenibile nel tempo, tenendo a bada “i lupi” che cercano scorciatoie aziendali e si approfittano degli altri per il proprio interesse.
Questi concetti sono la base dell’etica aziendale; gli studi empirici mostrano una elevatissima correlazione fra successo economico di una azienda, attitudine etica e benessere di tutti i soggetti coinvolti.
Se il Pastore ama il suo gregge, questo amore si trasmette rapidamente a tutte le “membra” dell’Azienda che si allineano come un sol corpo ad agire per il bene comune. Il pastore che allinea il proprio interesse con quello del bene comune acquista autorevolezza, “il gregge lo segue” e i risultati sono tangibili.
Il Buon Pastore non è una figura utopica nelle aziende Italiane: lo stile manageriale utilizzato da Adriano Olivetti negli anni 60 è fonte di notevoli suggerimenti:“Il segreto del nostro successo è racchiuso nel codice morale da cui, è ormai mezzo secolo, questa fabbrica è nata: esso è fondato sul rigore scientifico della ricerca e della progettazione, sul dinamismo dell’organizzazione commerciale e sul rendimento economico, sul sistema dei prezzi, sulla modernità dei macchinari e dei metodi, sulla partecipazione operosa e consapevole di tutti ai fini dell’azienda”.
Chi conosce il mondo dell’industria non può non riconoscere il forte valore etico, e probabilmente evangelico, del mettere in pratica queste semplici considerazioni che hanno un effetto notevole sui risultati.
Al contrario un capo “non etico” ha necessità di cooptare i propri primi livelli a comportamenti deplorabili per garantirsi un’arma di controllo e di ricatto nei loro confronti. La somma dei comportamenti non etici determina spesso il fallimento dell’Azienda. E’ facile trovare esempi di queste dinamiche nelle nostre realtà.
Per svolgere bene un lavoro, gli ingredienti minimi sono la volontà, la capacità e la disponibilità di tempo. Per avere la giusta volontà di condurre un’Azienda o un posto di responsabilità occorre lo spirito del Buon Pastore che però deve essere accompagnato dalla capacità.
Alle nostre latitudini sono frequenti i mercenari che hanno speso e occupano la maggior parte del loro tempo a frequentare gli ambienti dove poter essere selezionati per nuovi incarichi. Costoro non hanno quindi mai avuto la possibilità/voglia di spendere il tempo per acquisire la capacità di gestire posti di responsabilità. Non stupisce quindi che un autista diventi improvvisamente il vicepresidente di una delle più importanti aziende italiane. Stupirebbe invece se un pilota all’improvviso cominciasse a svolgere operazioni chirurgiche. Eppure gestire male un’azienda non ha effetti così diversi da una operazione chirurgica; si crea cassa integrazione, disoccupazione, aridità sociale e, in qualche caso, suicidi.
Alle nostre latitudini, le persone chiave sono spesso selezionate non per il loro curriculum o per i risultati ottenuti in posizioni analoghe, ma per la vicinanza a lobby e gruppi di potere. Queste persone – dovendo spendere la maggior parte del loro tempo per farsi accreditare nelle lobby – non hanno acquisito capacità di svolgere il lavoro e non ne hanno neppure il tempo.
Gli obiettivi perseguiti sono comunque quelli personali o quelli della lobby di appartenenza. Se anche si perseguissero in ultima istanza gli obiettivi della azienda, i risultati sarebbero disastrosi, non avendo sviluppato capacità ed esperienza .
Il Vangelo può dare ulteriori spunti fondamentali di riflessione. Nei brani evangelici sul giudizio universale, Dio chiede conto dei risultati della propria vita, non di quanto tempo si è speso in prima fila nel Tempio. Gesù chiarisce con forza la distinzione fra i farisei e i pagani che agli occhi del Signore possono essere molto più meritori quando portano i risultati che incrementano il bene comune. Così oggi sono più meritevoli coloro che hanno lavorato intensamente nelle Aziende ed hanno ottenuto risultati rispetto a coloro che hanno frequentato il Tempio generando fallimenti, povertà e spesso, ruberie da mercenari, negli incarichi che hanno ricevuto. Si ritorna nell’antico dilemma per cui coloro che sono più lontani dal centro di potere possono essere le persone che più da vicino possono essere efficaci nella gestione di una azienda.
In questo periodo tutti coloro che vogliono e possono influenzare la scelta delle risorse apicali hanno il difficile compito di riconoscere e promuovere le risorse che nell’ industria agiscono come il “Buon Pastore”. Questi meritevoli capitani di industria operano per il bene dell’ Azienda con capacità e abnegazione e non temono le domande del Giudizio: “che risultati avete portato per la vostra Azienda, per i vostri dipendenti e per coloro che vivono dell’ Azienda?”

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