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Abbiamo terribilmente bisogno del binomio onestà-competenza. Invece dopo un periodo in cui limiti di onestà si sono abbinati a varie dosi di competenza ed incompetenza rischiamo di vivere la sterile ribalta degli onesti-incompetenti. Che purtroppo non ci aiutano a risolvere i gravi problemi del paese. E’ stupefacente quanto il dibattito recente nel nostro paese si sia concentrato sul tema dei salari dei politici, di quanto spendono a mensa, insomma su questioni sulle quali sono in gioco somme risibili e non piuttosto su quelle di sostanza che ci hanno fatto entrare nel terzo anno di recessione. Se è vero che l’onestà è una virtù fondamentale e la sobrietà dei nostri politici un segnale fondamentale della stessa è altresì essenziale spostare il dibattito sulla sostanza e superare la paralisi di ingovernabilità che stiamo vivendo.

Ancora peggio degli onesti-incompetenti sono infatti gli onesti che non vogliono assumersi nessuna responsabilità (forse proprio per la paura di rivelare i loro limiti mentre l’umiltà di cominciare a “sporcarsi le mani” e di portare la loro ventata di novità nella costruzione delle nuove regole del paese sarebbe assolutamente benvenuta).
Quanto alla sostanza è utile la metafora della casa di tre piani (finanza internazionale, Unione Europea, Italia). I nostri guai arrivano non solo dal piano terra ma anche dai due piani superiori. Su quello più alto dobbiamo salutare con sollievo la presa di coscienza delle banche centrali che hanno finalmente capito che abbandonare l’economia alle pulsioni anarchiche, oligopoloidi e speculative del “libero mercato” è una follia. La coincidenza tra libero mercato e concorrenza è una finzione in un mondo complesso ed opaco come il nostro. Si pensi al settore della finanza derivata che è tra i più concentrati in assoluto. Potere di mercato e asimmetrie informative fanno sì che pochi attori siano in grado di strangolare i loro clienti (MPS ?) vendendo mele a 400 euro senza neanche che i clienti stessi spesso siano in grado di accorgersene.
Le banche centrali e le istituzioni stanno capendo l’antifona e hanno cominciato a rispondere su tre piani. Il primo è l’avvio di politiche monetarie ultraespansive. Inondare il mercato di liquidità non crea inflazione reale nella globalizzazione anche se rischia di creare inflazione finanziaria (bolle). Nel frattempo però serve a ricostituire le riserve di capitale delle banche in crisi evitando danni più gravi al sistema. Il secondo è la creazione di scudi che sottraggano alle pulsioni speculative un mercato delicatissimo come quello dei titoli di stato. Il terzo è l’avvio (seppur timido) di una serie di riforme fondamentali su leva, separazione tra banca commerciale e banca d’affari e limiti al trading ad alta frequenza che sono fondamentali per limare gli eccessi speculativi e ridurre i rischi di nuove crisi.
Il piano intermedio resta il più delicato. L’Unione Europea sta solo timidamente allontanandosi dagli eccessi di rigore che hanno condannato gli stati del Sud Europa a diventare l’unica area di crisi economica in un mondo che non è mai stato così in salute in termini di crescita. Abbiamo bisogno di una classe politica che batta i pugni sul tavolo e faccia capire che il fiscal compact è un suicidio e l’euro rischia la collisione se non si provvede subito a volgere in termini più espansivi la politica comunitaria. Un grave errore è stato anche quello di attenuare il rigore solo dopo e non prima le elezioni (con lo sblocco dei fondi per i pagamenti degli arretrati della PA), errore che ha condannato alla sconfitta le forze politiche più europeiste. Ma oggi più che mai europeismo non vuol dire acquiescenza ad una politica sbagliata ma capacità di convincere gli altri stati membri di ciò di cui l’Unione monetaria ha bisogno per sopravvivere.
Arrivando al piano terra abbiamo ovviamente il dovere di fare i compiti a casa. E lavorare per eliminare i tanti spread della nostra economia reale con il benchmark tedesco. Rilancio dell’istruzione, riduzione del digital divide, valorizzazione degli immensi giacimenti culturali, riduzione dei costi della burocrazia, riforma della giustizia civile per accorciare la durata dei processi, lotta all’evasione con restituzione delle somme ottenute in termini di minore pressione fiscale per tutti sono solo alcune delle linee di azione urgenti. E largamente condivisibili da tutte le forze politiche.
Per questo non capiamo i balletti di questi giorni. Vivremo un grande revival dell’onestà e del moralismo ma siamo paralizzati da un eccesso di tatticismo. Abbiamo grande nostalgia ed urgente bisogno di persone competenti e socialmente sensibili che abbiamo il coraggio di assumersi responsabilità e di sporcarsi le mani con l’attività di governo.

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