Nell’idea di creazione non si afferma solo un ‘ritardo d’essere’ ma anche una positività, una sorta di sovrappiù. Se dunque da una parte l’essenziale che l’idea di creazione veicola sta nel rapporto di totale dipendenza ch’essa afferma, d’altra parte è necessario anche riconoscere in tale dipendenza una forma di relazione del tutto particolare: fatta di una dipendenza assoluta che pone al tempo stesso le condizioni di un’assoluta indipendenza.
La meravigliosa sfida che l’idea di creazione annuncia consiste in questo: nel movimento passivo dell’essere fatti viene liberata l’alterità di ciò che è creato. Dire creazione significa allora dire separazione, discontinuità, differenza, molteplicità.
La Bibbia individua nell’uomo, nell’unica creatura creata ad immagine e somiglianza di Dio, il luogo in cui la positività della creazione è riconosciuta come tale. L’uomo è la sola creatura chiamata a prendere coscienza della positività/alterità della creazione. Una chiamata ad una "responsabilità" da intendere in termini di corresponsabilità. Originariamente Dio chiama l’uomo, non tanto al rispetto di una legge quanto piuttosto alla collaborazione nella creazione.
Il Creatore chiama la creatura uomo, e solo essa, a contribuire alla creazione. Questa chiamata a rispondere è riconoscibile nel versetto di Genesi 2, 15 dove si afferma che "il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse". Il Giardino si configura in tal modo fin dal principio non tanto come un piacevole spazio quanto piuttosto come un luogo drammatico: l’uomo è posto nel giardino affinché possa dimostrare ciò di cui è capace.
La creazione è quindi perfetta ma non compiuta. Attraverso l’idea di creazione il logos biblico pensa ad un tempo la perfezione e l’incompiutezza, pensa ad una perfezione che è tale proprio perché attende di essere compiuta. Grazie a Dio, l’uomo non è mai un semplice esecutore o un mero spettatore, ma fin dal principio è uno degli attori, l’unica creatura chiamata a diventare uno dei protagonisti.
L’antropologica biblica, così pronta ad esaltare l’umano, è ancor più preoccupata di non nascondere quel fallimento che ha finito per trasformare l’intervento dell’uomo da ciò che doveva essere, una "creazione secondaria”, in ciò che è stato, una de-creazione autodistruttiva.
Dopo aver ascoltato il serpente l’uomo cade preda della paura. Le conseguenze di questa caduta si esprimono a tre livelli fondamentali: a) la dipendenza che libera, quella della creazione, viene percepita e vissuta come la dipendenza che limita: il dono si trasforma in debito; b) l’evidenza dell’essere un non-tutto viene percepita e vissuta come il segno più sicuro di un’originaria mutilazione: l’essere un non-tutto si trasforma nell’essere un niente; c) il Giardino viene percepito e vissuto come "un’orrida regione" (Isaia 45, 18-19): la terra si trasforma in una landa ostile.
È facile comprendere a questo punto la differenza radicale che separa la concezione biblica della libertà da ogni astratta esaltazione dell’autonomia soggettiva. L’uomo è certamente libero ma al tempo stesso è anche ciò che attende sempre di essere liberato poiché la sua stessa libertà è con insistenza abitata da una paura che in ogni istante ne compromette l’esercizio. L’invenzione dell’individuo psicologico liberale si fonda su un’idea di uomo senza peccato, senza inconscio, senza incertezze e dubbi, un uomo che deve limitarsi a dare spazio alla sua natura interiore che in se stessa è già tutta formata e compatta.
L’idea di uomo che il logos biblico presenta è molto più complessa di quella a cui fa riferimento l’ideologia liberale, poiché in esso la libertà, sempre affermata e comunque difesa (l’uomo è creato libero), si intreccia essenzialmente con un dramma (libertà e peccato) che investe il soggetto non dall’esterno, ma dal suo stesso interno.
Così intesa la libertà si rivela al tempo stesso come ‘cosa’ e come ‘segno’, verità che l’ideologia liberale è del tutto incapace di riconoscere dato che essa si ostina ad illudersi che la libertà possa essere astrattamente solo la prima senza dover essere anche il secondo.
Silvano Petrosino, La prova della libertà, San Paolo, Cinisello Balzamo 2013.
Citazioni
“L’uomo è chiamato non solo a vivere ma ad abitare la terra e a tale scopo egli deve certamente lavorare, deve lavorare per costruire; tuttavia quest’ultimo deve sempre essere, o dovrebbe essere (…) un costruire capace ad un tempo di coltivare e custodire”.
“La libertà è dono (è il principio della creazione); proprio in quanto dono essa è ad un tempo qualcosa di già dato (nessuna creatura ha pagato per riceverla) ma anche qualcosa che deve essere sempre riguadagnata (il dono deve essere accolto e non solo ricevuto): si è dunque liberi ma al tempo stesso bisogna anche sempre diventarlo.
“La Bibbia (…) non si stanca mai di ripeterlo: all’origine c’è il dono ma il dono è sempre al tempo stesso cosa (dove si concentra il godimento) e segno (dove si concentra il desiderio), e il segno è il luogo per eccellenza della libertà e dunque della prova”.