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Minimizzare questi fenomeni razzisti e violenti (ci sono stati anche morti) equivale ad esserne complici. Verona non è né la città dell’odio, né la città dell’amore. La via d’uscita non è la contrapposizione, ma il lavoro culturale, educativo, solidale, che può trovare nuova espressione politica proprio nella pratica nonviolenta…

Sono nato a Verona, dove abito e vivo. A Verona c’è la Casa per la Nonviolenza, ci sono i Comboniani, c’è l’istituto don Calabria, c’è il Cestim, c’è Nigrizia e c’è Azione nonviolenta.

A Verona abbiamo realizzato le Arene di Pace e ieri, in tanti, abbiamo celebrato il 4 novembre dedicato ai Disertori della prima guerra mondiale.

Il problema di Verona sono i veronesi che sostengono politicamente, e con il voto, una destra fascistoide (dedita agli affari, alle speculazioni, ai soldi facili), che si avvale del lavoro sporco di gruppi estremisti che crescono anche nel brodo di coltura del tifo calcistico.

Minimizzare questi fenomeni razzisti e violenti (ci sono stati anche morti) equivale ad esserne complici. Verona non è né la città dell’odio, né la città dell’amore. È la città opulenta dell’ignavia. Verona è bellissima vista da lontano, è meschina vista da vicino.

Questi sono i due volti della città.

La via d’uscita non è la contrapposizione, ma il lavoro culturale, educativo, solidale, che può trovare nuova espressione politica proprio nella pratica nonviolenta.

“Non esiste mondo fuor dalle mura di Verona”. È qui che dobbiamo agire.

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