Se sono scomparsi, di fatto, i cattolici impegnati in politica, il laicato cattolico è ancora forte e presente dentro e fuori dalla Chiesa e ha la forza e la capacità di cominciare a pensare a modelli alternativi

“Dove sono finiti i cattolici?” E’ il grido di allarme dell’editoriale del numero 14 de “La Vita”, giornale diocesano di Pistoia, a firma Mons. Giordano Frosini. E’ lo stesso interrogativo di Cacciari e quello di molti altri. E’ vero che la Chiesa offre un quadro valoriale puntuale e preciso, ma poi tali valori non riescono a tradursi in comportamenti adeguati, siano essi atti concreti o provvedimenti di legge; qualcuno dice che i cattolici stanno uscendo dalla storia.

Ebbene per affrontare questi temi occorre fare un passo indietro e ripartire dal dopoguerra. Con l’Europa distrutta dalla guerra occorreva procedere alla ricostruzione senza però ripercorrere le strade che avevano condotto nel giro di una generazione a due guerre catastrofiche. Quindi non era solo un problema di costruzione materiale ma anche di cambiamento sociale e economico che di per sé impedisse il ricorso al conflitto armato.

Dagli Stati Uniti non arrivò soltanto il grano per sfamare 300 milioni di europei o il carbone per far ripartire le industrie, ma giunsero anche nuove teorie economiche che ebbero grande influenza anche sul “contratto sociale” che fu alla base delle costituzioni liberal-democratiche di tutto il continente. Mi riferisco in particolare alle teorie Keynesiane che per la prima volta sbarcarono in Europa e che furono subito assimilate dai rinati governi democratici. Con Keynes (e i suoi successori), per la prima volta, si ebbe un punto di equilibrio tra capitale e lavoro, tra crescita e ripartizione del reddito prodotto.

Mentre il comunismo postulava che la ripartizione del reddito dovesse avvenire al momento della produzione, le nuove teorie affidavano allo Stato tale compito attraverso la costituzione dello “stato sociale” che garantiva a tutti la sanità, la casa e il lavoro. In Italia, Germania e Francia questa politica fu assunta e gestita dai cattolici impegnati in politica; non a caso De Gasperi, Adenauer e Schuman (di cui è in corso la causa di beatificazione in Vaticano) tracciarono fin da subito il percorso di uno Stato liberal-democratico che aveva come fulcro le teorie dell’economista inglese, già applicate in Usa nel decennio precedente.

Il rapporto tra capitale e lavoro non era un equilibrio fondato sulla forza di una parte sull’altra, ma sulla dinamicità dei rapporti contrattuali, quindi prevedeva il conflitto sociale, sia pure limitato alla sfera economica e aziendale.

Ebbene questa impostazione faticò non poco ad affermarsi all’interno della Chiesa stessa; ricordiamo qui che De Gasperi a partire dal 1951, non fu più ricevuto in Vaticano. Ebbe forti ostacoli anche da parte confindustriale, tanto che Enrico Mattei, dovette fondare una sua particolare associazione padronale: l’Intersind.

Tuttavia, nonostante le difficoltà e con alti e bassi, i politici cattolici attuarono la ricostruzione su basi economiche, politiche e istituzionali, del tutto nuove che hanno retto alla prova del tempo. Ai primi anni ’60 la ventata impetuosa del Concilio può trovare finalmente un modello sociale, economico e istituzionale su cui poggiare l’impianto valoriale che compiutamente esprime. Da questo punto di vista gli anni ’60 e ’70 rappresentano l’apice della dottrina sociale della Chiesa proprio perché poggia su due gambe: i valori e l’implementazione di quei valori.

Non è un caso che qualcuno oggi ricorda che era la Chiesa stessa a spingere il laicato cattolico in politica.

Torniamo alla domanda iniziale; dove sono finiti i cattolici? A distanza di 50 anni i cattolici in politica sono spariti, non perché non ci siano più i cattolici impegnati, ma perché la seconda gamba del modello post bellico non funziona più. Non funziona in Italia come nel resto di Europa, non funziona nei paese a “trazione cattolica” come lo erano Italia e Germania, ma neppure in Gran Bretagna, che pure fece da apripista, con il governo Atlee, battendo alle elezioni il vincitore della guerra Winston Churchill nel luglio del 1945. Questo è il punto di fondo su cui tutta la Chiesa dovrebbe riflettere approfonditamente: il sistema valoriale della dottrina sociale, e non solo, è compiuto e di per sé coerente, manca la sua implementazione che una volta poggiava, stringi stringi, su Keynes e adesso è rimasta orfana.

Da qui una Chiesa che si spende solo nel sociale, che alza la voce in favore degli ultimi, ma che in definitiva è costretta a lasciare l’ambito “politico” in senso lato perché le mancano gli strumenti, teorici e pratici, per intervenire.

Il conflitto si è spostato dalle classi sociali alle corporazioni; i partiti non esercitano più la funzione essenziale della mediazione, ma si sono trasformati in portavoce delle corporazioni di riferimento; i sindacati da strumento di progresso universale, a difensori dei già protetti a discapito di chi non lo è; lo Stato non è più il soggetto che redistribuisce la ricchezza, ma colui che favorisce le corporazioni di riferimento; il capitale finanziario non è più uno strumento al servizio dell’economia reale e del lavoro, ma è l’attore principale delle economie di tutto il mondo a cui si piegano sia il capitale industriale che il lavoro.

Il passaggio dalla società elettromeccanica a quella informatica è stato talmente profondo che ha sconvolto tutta la società: con tutti i soldi che la Bce ha immesso nel sistema avremmo dovuto avere una inflazione a due cifre mentre invece siamo ancora in deflazione se consideriamo l’innalzamento tecnologico di questi anni (cosa che non appare dalle rilevazioni ufficiali).

Non solo, ma tutti gli stimoli economici messi in atto in questi anni (dagli investimenti pubblici, agli sgravi fiscali) non hanno prodotto alcun aumento dei consumi interni e tanto meno dell’occupazione; mentre sono cresciuti i depositi bancari di ogni specie.

Chi più di altri ha titolo e capacità a guardare i cambiamenti avvenuti, e poi aprire un serio dibattito nel Paese e in genere su tutto il mondo occidentale, se non la Chiesa stessa? Se sono scomparsi i cattolici impegnati in politica, il laicato cattolico è ancora forte e presente dentro e fuori dalla Chiesa e ha la forza e la capacità di cominciare a pensare a modelli alternativi.

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