Il conferimento dei premi Nobel per la fisica e la chimica ha manifestato due visioni opposte della conoscenza scientifica e che hanno profonde implicazioni sulla nostra concezione del mondo. La prima riduzionista e la seconda complessa e relazionale, aperta alla dimensione creativa.

L’assegnazione dei premi Nobel per la fisica e per la chimica di quest’anno ha evidenziato in maniera plastica due modi opposti di considerare la scienza con delle profonde implicazioni su tutto il nostro modo di concepire il mondo che ci circonda e la natura della nostra conoscenza. Come da tradizione il Nobel per la fisica ha avuto un riscontro mediatico di gran lunga superiore a quello della chimica. Ma le cose in realtà stanno in maniera molto diversa.

L’idea ottocentesca del riduzionismo estremo, cioè che l’intero ordine delle conoscenze umane potesse essere dedotto dai principi primi della fisica e che quindi le altre scienze fossero delle necessarie ma transitorie approssimazioni in attesa delle definitiva teoria del tutto (e quindi la morte della scienza di base che alla fine dell’Ottocento molti scienziati sentivano vicinissima) fu definitivamente dimostrata falsa nell’anno 1900 dalla dimostrazione matematica da parte di Henri Poincarè dell’indicidibilità del problema dei tre corpi (in sintesi la semplice legge di gravitazione universale di Newton non ci consente di dire nulla di definitivo sulla stabilità dei sistemi quando i corpi che interagiscono sono tre invece di due).

Ciononostante la mitologia di una verità definitiva sul mondo custodita da un ristretto ordine sacerdotale di fisici teorici è rimasta viva ma con una forma molto diversa rispetto all’ingenuo positivismo ottocentesco: la mitologia si basa su un corpus esoterico di conoscenze di cui è padrone una casta esigua di sacerdoti e che programmaticamente non possono essere divulgate se non sotto forma di metafora, il luogo comune “nessuno capisce veramente la meccanica quantistica” è vero in quanto la teoria non è esprimibile in concetti discorsivi al di fuori del formalismo matematico.

La meccanica quantistica però consente previsioni accuratissime (e quindi è un pensiero potente) ma riferite all’estremamente grande (le galassie) o all’estremamente piccolo (le particelle subatomiche) tutto ciò che sta in mezzo a questi due estremi rimane del tutto al di fuori. dalla potenza previsionale della teoria.

Il Nobel a Peter Higgs (da cui il famoso bosone prende il nome) e a Francois Englert si riferisce ad una previsione teorica fatta cinquanta anni fa e verificata sperimentalmente con un lavoro di decenni di legioni di fisici teorici attraverso apparecchiature gigantesche e con costi enormi. Si tratta della validazione del cosiddetto ‘Modello Standard’: è stato una sorta di rito in cui la società moderna ha verificato la sua fons iuris la validità di fondo di un corpus di conoscenze che in pratica riesce tutt’al più a ricostruire una molecola di idrogeno, ma che in termini ideologici fornisce indirettamente prestigio (è sempre scienza) anche a improbabili e abborracciate ipotesi sul funzionamento del cervello umano.

Gli scienziati effettivamente impiegati nel progetto rifuggono da quest’uso idolatrico del loro lavoro. In un intervista Fabiola Giannotti, la capofila del gruppo del CERN che ha verificato l’ipotesi di Higgs, ha espressamente detto che “la nostra ricerca ha il solo scopo di approfondire le nostre conoscenze della natura” ma il Nobel corrisponde ad una sorta di santità laica e se si dice che questa scoperta consente di “..comprendere cosa sia successo un miliardesimo di secondo dopo il Big Bang è chiaro che il messaggio verso chi non è un addetto ai lavori (cioè praticamente a tutti) corrisponde a dire “..ormai siamo vicini al disvelamento totale dell’Universo senza lasciar più niente al Mistero”. Insomma un rito propiziatorio al riduzionismo che però, a differenza del epoca positivista in cui la società moderna era giovane e piena di futuro, si rinchiude nell’ esoterismo.

Il Nobel della fisica è quindi una sorta di omaggio ad un riduzionismo in crisi, quello per la chimica è un Nobel a un modo finalmente nuovo, artistico, di fare scienza e non come detto negli scarni trafiletti dei giornali “un modo per progettare farmaci al computer” cadendo nel solito equivoco fisica = scienza di base / chimica = pura applicazione.

La motivazione ufficiale del Nobel per la chimica assegnato a Martin Karplus, Michael Levitt e Arieh Warshal è ‘For the development of multiscale models for complex chemical systems’ che, tradotto suona ‘Per lo sviluppo di modelli multiscala per modelli chimici complessi’.
Se ci soffermiamo sulle parole capiamo come qui stia nascendo un modo completamente diverso di affrontare l’universalità del pensiero scientifico: la scienza può essere d’aiuto per spiegare il mondo non perché “tutti siamo fatti della stessa materia’ ma perché ‘tutto può essere rappresentato in termini di reti di relazione”.

A conclusione alcune note esplicative.

Modelli Multiscala vuol dire che le molecole (in questo caso si parla di dinamica molecolare di proteine) non hanno un solo livello ‘dove avvengono i fatti causalmente rilevanti’ (che per il riduzionismo è il livello più microscopico) ma è necessario studiare il sistema a diverse scale di ingrandimento perché il piccolo (e.g. i singoli aminoacidi della proteina) ha influenza sull’intera macromolecola, ma anche il cablaggio della rete di contatti tra aminoacidi (il livello macroscopico) influenza il piccolo (la dinamica dei singoli aminoacidi). Non esiste un unico livello di spiegazione, è dallo schema delle relazioni che emerge il funzionamento globale.

Modelli Chimici Complessi vuol dire che il cuore della complessità è la relazione. Questa complessità può essere rappresentata e spiegata, infatti se ne costruisce un ‘modello’ che poi volta per volta va provata alla luce dei fatti. I modelli di dinamica molecolare e di analisi delle reti sviluppati dai Nobel per la chimica hanno dato grande prova di sé in campi che vanno dalla sociologia, all’ecologia, allo studio dei legami chimici.. non sostituendosi alle conoscenze dei vari campi ma fornendo uno stile (come nell’arte), un canone, che fertilizza tutti i differenti campi di indagine. Non c’è bisogno dei costosissimi macchinari del CERN, basta un personal computer e, chiaramente, arte , immaginazione e pensiero. Il Nobel per la chimica è una promessa luminosa di una nuova integrazione del sapere.

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