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Perché la politica sia “buona” occorre che rispetti e promuova i diritti fondamentali della persona umana. Quando ciò non accade, la politica tradisce la sua stessa funzione e rischia di essere mera ricerca del potere ad ogni costo, causa di abusi e ingiustizie, “strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione”. Questo è il cuore del messaggio per la 52 giornata mondiale della pace, celebrata il 1 gennaio 2019, proposto da Papa Francesco

È una profonda e lucida vocazione alla pace quella che muove papa Francesco attraverso le righe del messaggio per la giornata mondiale della pace 2019. In ogni luogo e in ogni espressione della relazione umana: dalla singola famiglia ad ogni comunità, da ogni Paese a tutti i continenti, fino a giungere al mondo intero, che è “casa comune” di cui prendersi cura con sollecitudine. A questo compito il papa chiama tutti gli uomini e le donne “che sperano nella pace in mezzo ai drammi e alle violenze della storia umana”. Un appello senza distinzione di fede o cultura, secondo quella tradizione del magistero pontificio sulla pace che, a partire dalla Pacem in Terris di San Giovanni XXIII, si rivolge ad ogni componente della famiglia umana.

Ma a caratterizzare in modo peculiare la riflessione di Francesco sulla pace per questo nuovo anno è, sin dal titolo del messaggio, la “buona politica”.  Il Papa chiarisce subito, già nei primi paragrafi del messaggio, che “la politica è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo” e poi sottolinea: “la funzione e la responsabilità politica costituiscono una sfida permanente per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio Paese, di proteggere quanti vi abitano e di lavorare per porre le condizioni di un avvenire degno e giusto”. Un impegno che, per il Papa, è valido ad ogni livello: locale, regionale, nazionale e mondiale. E ciò quasi a voler mettere subito le cose in chiaro: la buona politica è servizio e questo servizio si realizza attraverso la ricerca del bene della città e della nazione, così come dell’umanità intera.

Qui si coglie anche un altro aspetto fondamentale che caratterizza la buona politica delineata da Francesco e che emerge in maniera sempre più significativa attraverso i diversi passaggi nei quali il messaggio pontificio si sviluppa: il bene dell’uomo, di tutto l’uomo, di ogni uomo. La buona politica mette al centro del suo operare non il bene particolare di singoli gruppi o comunità, ma il bene della famiglia umana nella sua interezza. Il papa prosegue, con un accostamento che fu caro a Paolo VI e che si ritrova anche nella Caritas in Veritate di Benedetto XVI, indicando la politica come “forma eminente di carità”, quando attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone. Caratteristiche essenziali della riflessione di Francesco sulla politica, che sono ben sintetizzate nella felice espressione per cui la buona politica è “al servizio dei diritti umani e della pace”.

Perché la politica sia “buona”, dunque, occorre che rispetti e promuova i diritti fondamentali della persona umana. Quando ciò non accade, la politica tradisce la sua stessa funzione e rischia di essere mera ricerca del potere ad ogni costo, causa di abusi e ingiustizie, “strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione”.

Non si può fare a meno, di fronte alle affermazioni del Papa, di pensare a quanto siano lontane dalla buona politica tutte quelle azioni e strategie dei Paesi occidentali, Italia compresa, che si traducono in violazione della dignità della persona umana, accentuano disuguaglianze, consolidano privilegi e producono emarginazione all’interno della nostra società, soprattutto con riferimento alla presenza di stranieri, migranti e rifugiati. Il disprezzo della vita umana che quotidianamente si consuma nelle tante guerre in corso nel mondo, l’indifferenza per le sofferenze degli ultimi della terra che si affollano ai confini della nostra Europa, le porte e i “porti chiusi” a chi è in pericolo di vita, i muri – materiali e immateriali – che inesorabilmente continuano a frapporsi fra noi e il resto del mondo sono, per tutti, esempi lampanti di cattiva politica.

Ma papa Francesco sa essere molto più preciso e incisivo, elencando in maniera puntuale tutti i vizi della politica: la corruzione, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o la “ragion di Stato”, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia, il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali, il disprezzo di chi è costretto all’esilio e, non ultima, l’inettitudine personale.   Vizi che sono la vergogna della vita pubblica, tolgono credibilità alle istituzioni e “indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia”.

Il documento pontificio prosegue con un’aperta denuncia del generale clima di sfiducia che la cattiva politica ingenera nelle giovani generazioni e nella società. “Viviamo in questi tempi un clima di sfiducia – afferma Francesco – che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi e si manifesta […] attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il mondo globalizzato ha tanto bisogno”.

Per arginare i rischi che la cattiva politica porta con sé, papa Francesco elabora poi alcune strategie per la buona politica: la partecipazione dei giovani alla costruzione di un futuro di pace, la promozione di una cultura della fiducia reciproca tra gli uomini attraverso l’incontro e il dialogo, il rifiuto della guerra e della paura, il riconoscimento e il rispetto dei diritti umani e dei rispettivi reciproci doveri.

Tornano alla mente le parole dei numerosi appelli per la pace e contro ogni forma di violenza, rivolti da Francesco alla comunità internazionale e, in particolare, in occasione dell’epocale visita all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2015. Nel suo discorso ai governanti e alle nazioni, il Papa metteva in guardia da un diritto basato sulla minaccia della distruzione reciproca e potenzialmente di tutta l’umanità ed invitava le autorità politiche e l’insieme degli Stati complessivamente considerati ad adempiere senza riserve al proprio compito di promozione della pace e di garanzia e rispetto dei suoi diritti fondamentali su scala globale.

Come insegna la storia, la pace non può essere ridotta a mero mantenimento della sicurezza e dell’ordine sociale. La pace, si legge nel messaggio, non è “equilibrio delle forze e della paura”. Essa è innanzitutto frutto della giustizia e del reciproco rispetto dei diritti inviolabili di ogni persona umana. La politica, dunque, ha il dovere di riportare al centro della sua azione l’impegno per la costruzione di un mondo più giusto e solidale e la promozione di uno sviluppo umano integrale di ogni essere umano.

Il Papa sottolinea l’interdipendenza che esiste tra tutti i componenti della famiglia umana e ricorda come la pace sia un progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca. Viviamo in un mondo interconnesso: non solo sul web, ma anche nella vita quotidiana, ogni nostra azione o scelta compiuta in campo ambientale, economico e politico ha ricadute più o meno dirette per la realizzazione della pace e il futuro dell’umanità intera. Di fronte alla pace non ci sono frontiere che tengono: essa è, infatti, per sua stessa natura, bene universale e aspirazione legittima di ogni uomo e donna, in ogni angolo della terra.

Ma quanto più grande e universale è il bisogno di pace che questo tempo consegna alla storia, tanto più grande deve essere l’impegno di ciascuno per la pace. La buona politica di cui oggi avvertiamo urgente il bisogno, infatti, è una politica che coinvolge tutti, senza opzione di delega. Dalla dimensione interiore a quella con il creato, passando per la pace con l’altro – il familiare, l’amico, lo straniero, il povero – tutti possiamo essere artigiani di pace, cittadini del mondo e attori dell’avvenire, protagonisti responsabili di una politica “buona”.

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