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“Roma esige e merita la fattiva, saggia, generosa collaborazione di tutti; merita che tanto i privati cittadini come le forze sociali e le pubbliche istituzioni, la Chiesa Cattolica e le altre Comunità religiose, tutti si pongano al servizio del bene della città e delle persone che la abitano, specialmente di quelle che per qualsiasi ragione si trovano ai margini, quasi scartate e dimenticate o che sperimentano la sofferenza della malattia, dell’abbandono o della solitudine” (Papa Francesco, discorso tenuto durante la visita in Campidoglio, 26 marzo 2019).

Con queste parole Papa Francesco, Vescovo di Roma, si è rivolto alla “sua” città lo scorso 26 marzo, durante la visita in Campidoglio, ancor più significativa in giorni di grande caos, tra dimissioni, autosospensioni e persino arresti.

Parole che ci suonano vicine, vicinissime e che evocano il lavoro di rete che ormai è diventato la peculiarità delle ACLI di Roma; parole a cui, con molta umiltà, contribuiamo a dare concretezza ogni giorno per provare a costruire una comunità che non lasci indietro nessuno.

Parole che devono echeggiare anche fuori dalla capitale, perché l’appello a mettersi al servizio del Bene Comune e delle persone, chiama in causa tutti, ovunque, e oggi, più che mai, c’è un grande bisogno di chi risponda con coraggio a questo appello.

In questo tempo così difficile, a soffrire e farci soffrire è anche la politica: una politica miope ripiegata sul presente, con una dilagante impreparazione della classe dirigente, che da tempo sta portando a un diffuso distacco dei cittadini, a derive populiste e sovraniste, a un consenso che si fa sempre più liquido e mutevole, che si ottiene e si perde con molta facilità, perché legato a sensazioni e non a un’autentica semina sul territorio, a forme estreme di leaderismo, a una crescente disintermediazione sociale e, purtroppo, a scarsissime prospettive per il futuro.

Alla vigilia della tornata elettorale di domenica 26 maggio, che riguarderà sia scelte di prossimità con le amministrative che interesseranno tanti comuni del Paese, sia scelte più ampie, ma non per questo meno rilevanti per la vita dei cittadini, con le europee, le ACLI, come movimento educativo e sociale, sentono forte l’esigenza di contribuire al risveglio delle coscienze, per una partecipazione attiva e consapevole alla vita pubblica e alla corresponsabilità civica.

Partecipare significa “prendere parte”, interessarsi fattivamente ed acquisire la possibilità di agire o incidere sulle decisioni che riguardano tanto la vita privata quanto quella comunitaria. Ci sentiamo dunque in dovere di sostenere scelte consapevoli e responsabili a partire dal voto, sia che ci si impegni direttamente in politica. Il nostro primo appello è sempre questo: #voTiAMO!

Qualcosa ci sentiamo di dirla anche a chi deve rappresentare, e rappresentarci, quella buona politica che oggi ha bisogno di una nuova mappa che, a partire da punti cardinali certi, sia incentrata su strumenti efficaci e sulla scelta di temi prioritari. Per punti cardinali, intendo proprio i quattro pilastri sui quali deve poggiare la buona politica, che sembrerebbero scontati, ma sono, ahinoi, quotidianamente calpestati.

La buona politica deve essere orientata dalla speranza, essere costruttori di speranza richiede un approccio generativo che ha una ricaduta positiva non solo sul presente, ma soprattutto sul futuro, e la politica ha l’obbligo etico di generare speranza.

La buona politica deve essere orientata dalla carità e mettere al centro la dignità della persona, deve quindi partire dall’ascolto del grido dei poveri (e ci sono tante forme di povertà non solo quelle economiche, ma anche quelle educative e relazionali, ad esempio); un grido che proviene in particolare dalle tante periferie geografiche ed esistenziali che ci circondano, dove, tra indifferenza e individualismo dilaganti, tra montagne di scarti e scartati, si concentrano i drammi di tante persone e, lo abbiamo visto anche di recente a Torre Maura, quando le periferie non si ascoltano per troppo tempo, alla fine esplodono.

Un ascolto che riparta quindi dalla politica del porta a porta e che non si fermi sulle bacheche dei social network, dove tutto viene esasperato ed è facile alimentare i conflitti.

La buona politica deve essere orientata da un alto senso etico, una robusta statura morale e da saldi ancoraggi valoriali, per “Servire il Bene Comune senza servirsene”, come ha detto il cardinale Bassetti, presidente della CEI. L’etica pubblica non è una questione confessionale certo, ma per il suo continuo intrecciarsi tra sfera individuale e collettiva, chiama a fare i conti con la propria coscienza. Si possono avere ancoraggi valoriali e culturali differenti, ma se si sceglie di mettersi al servizio della comunità, si devono necessariamente coniugare valori etici e morali con pratiche pubbliche e quindi politiche.

La buona politica deve essere orientata dalla corresponsabilità per coinvolgere e responsabilizzare tutti i soggetti della comunità alla costruzione del Bene Comune. Una corresponsabilità che dia slancio alla sussidiarietà, dimostri l’errore di una politica della disintermediazione e permetta ai corpi intermedi di contribuire a individuare risposte nuove ed efficaci sul piano politico, economico e sociale. La buona politica, oltre che di punti cardinali, per andare avanti, deve dotarsi di strumenti. Il primo, a monte, non può che essere la formazione.

Bisogna tornare a scuola, anzi, alle scuole di formazione politica come quelle che un tempo sono state fucine di grandi statisti e più che concentrarsi sui contenitori, è necessario impegnarsi su contenuti e su proposte serie. È tempo quindi di una semina generativa per essere lievito per una buona politica, che, favorendo l’esercizio del discernimento, miri ad ingaggiare soprattutto le giovani generazioni.

Anche le ACLI stanno facendo la propria parte, a livello nazionale, ad esempio, attraverso la summer school Giorgio La Pira, dedicata agli amministratori aclisti – quest’anno giunta già alla terza edizione, e un percorso per animatori politici, rivolto ai dirigenti interni ad alto potenziale.

A Roma, stiamo per avviare un percorso di formazione di base “per una grammatica della buona politica” e inoltre stiamo anche collaborando alla prima summer school socio politica promossa dalla Diocesi di Roma, che mette in rete importanti esperienze di Scuole di formazione sociale e politica promosse da parrocchie e movimenti laici, segno del grande fermento e del ritrovato desiderio di “esserci”.

Dalla formazione discendono altri strumenti necessari per una buona politica, come l’approfondimento e lo studio dei contenuti, la capacità di fare proposte sostenibili, coniugando visione e concretezza, l’abilità a mediare a partire da una sintesi alta anche di pensieri contrapposti, per dirla con don Milani (come hanno saputo fare per esempio i padri costituenti) e non da una mediazione al ribasso, triste spettacolo cui spesso assistiamo, la valorizzazione della comunicazione positiva nei tempi della spettacolarizzazione della politica nei talk show televisivi e delle fake news sui social network.

Fare buona politica, infine, è anche sapere scegliere temi prioritari, che diventano vere e proprie sfide. Tra questi temi, per sensibilità e attitudine, ce ne sono almeno sei che ci stanno particolarmente a cuore e che oggi rappresentano delle sfide che ci proiettano verso il futuro.

La buona politica deve raccogliere la sfida del lavoro dignitoso, centrale nel nostro impegno e tema cruciale del nostro cantiere dedicato ai giovani Generiamo lavORO, che mette al centro il lavoro quale virtù alla base di una crescita integrale della persona e della comunità, offrendo al tempo stesso, strumenti concreti per aiutare i giovani ad avvicinarsi al lavoro.

Deve raccogliere la sfida educativa e culturale, posta da una società complessa, pluralista e multiculturale, investendo sulla scuola che è l’oggi che prepara il domani. “Una comunità educante, che muove dalla vita, dai problemi di ogni giorno, per formare persone libere”, come ha ricordato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della inaugurazione dell’anno scolastico 2018/19.

Deve raccogliere la sfida della giustizia sociale, per fare fronte alle crescenti diseguaglianze, puntando su un welfare promozionale e inclusivo, superando un welfare assistenziale e riparativo, come sperimentiamo con il modello di inclusione attiva, avviato dalle ACLI di Roma.

Deve raccogliere la sfida della sostenibilità ambientale, per la cura e la salvaguardia della casa comune, ad esempio, valorizzando l’economia circolare – capace di produrre un valore che vale per quattro, economico, sociale, relazionale e ambientale -, grazie a cui ad esempio i rifiuti diventano risorse, come nel progetto di recupero alimentare “Il Cibo che serve” delle ACLI di Roma.

Deve raccogliere la sfida dell’Europa unita, che ambisca alla costruzione di un progetto comune autenticamente politico e non solo economico, per un’Europa capace di essere una comunità di destini e non solo una coalizione di interessi.

Un’Europa che metta al centro le realtà locali, spina dorsale dell’Europa stessa, connettendo il frammento all’insieme, la dimensione Comune alla dimensione Europa. Un’intuizione, quella della centralità dei comuni, già di don Luigi Sturzo, di cui quest’anno ricorrono i 100 anni dell’Appello ai liberi e forti, nei cui pilastri ancora oggi possiamo trovare spunti per una sintesi politica che si regge su tre pietre angolari: i principi della Costituzione, la dottrina sociale della Chiesa e l’orizzonte europeo, appunto (come scrive padre Francesco Occhetta, nell’ottimo libro “Ricostruiamo la politica. Orientarsi nel tempo dei populismi”).

Deve infine raccogliere la sfida della riforma delle istituzioni, una riforma che deve essere equa, senza correre il rischio di un regionalismo differenziato che premi le regioni virtuose – solo perché economicamente più forti – e lasci indietro quelle più povere, rischiando di compromettere i servizi essenziali per i cittadini e, di conseguenza, la solidarietà nazionale.

La buona politica, insomma, non si improvvisa, ma si cerca con responsabilità nella partecipazione, sia votando, sia diventandone protagonisti. E tutti noi come persone, come associazioni, come comunità, siamo chiamati a dare il nostro contributo alla costruzione di un valore condiviso, che ci conduca a una Politica con la “p” maiuscola, a cui tutti possiamo partecipare se il 26 maggio  #VoTiAMO #fattibile, #credibile, #responsabile.

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