Vi ricorderete la serie di spot pubblicitari di una famosa carta di credito che finivano con queste parole? Lo spot era educativo: in poche battute separava ciò che è aldilà di una valutazione monetaria da ciò che invece ha un valore di scambio…

Vi ricorderete sicuramente la serie di spot pubblicitari di una famosa carta di credito che finivano con queste parole. I brevi filmati avevano uno schema fisso: si seguiva il protagonista (o la protagonista) nel conseguimento di un suo progetto fortemente desiderato, si elencavano i beni di consumo acquistati grazie alla carta di credito e funzionali alla buona riuscita del progetto, e poi si concludeva rimarcando come la reale essenza del desiderio (‘vederla sorridere’, ‘suonare la tromba al matrimonio della tua ex’, ‘portare la tua famiglia a un safari fotografico’…) ‘Non ha prezzo’, un attimo di sospensione, e poi la conclusione riportata nel titolo.

Lo spot è a mio avviso molto educativo, in quanto in poche battute separa ciò che è aldilà di una valutazione monetaria da ciò che invece ha un valore di scambio, che però non è mai da considerare un valore in sé, ma funzionale al raggiungimento di un fine. Non conosco l’autore degli spot della Mastercard ma il modo di argomentare è squisitamente tomista e spero che il grande santo di Aquino da lassù abbia avuto modo di vederli.

Purtroppo questa corretta impostazione valoriale non è quella che ci viene urlata dai media e che sembra acquisita come senso comune: l’importanza che si associa a qualcosa è direttamente misurabile dal suo valore monetario, tutto ha un prezzo.

Per cui nonostante le continue smentite – si pensi a quella apparsa nel 2013 su una importante rivista scientifica che ci mostra come l’impatto conoscitivo della ricerca è totalmente svincolato dalla quantità di soldi investiti – continuiamo a ragionare in termini di proporzionalità tra investimento ed efficacia.

Lo stesso si può dire della qualità dell’insegnamento, dove una maestro appassionato e competente fa molto meglio di migliaia di lavagne elettroniche, ma niente, non c’è verso…. nel dibattito politico (e non solo) continuiamo a valutare tutto in termini di ‘quanti soldi ci ho investito’.

Quel che è peggio è che ormai l’unità di misura monetaria è entrata a far parte di ogni discorso, per cui a scuola e all’università si ragiona in termini di debiti e di crediti e ogni nostra relazione assume forme di contratto.

Noi cattolici abbiamo in mano una leva incredibile per scardinare questa idolatria a Mammona e, si badi bene, non si tratta del rifiuto della ricchezza e del lusso (come ahimè molti credono senza accorgersi di avere così come santo patrono quel Giuda Iscariota che iniziò il suo tradimento scandalizzandosi dei denari sottratti ai poveri per un bene voluttuario). No, si tratta esattamente del contrario, si tratta di usare del lusso, del voluttuario, dello sfarzo per spostarlo verso un’altra incommensurabile finalità e svincolarlo dal valore dei soldi. E’ lo spot della Mastercard, è la meraviglia della nostra arte cristiana dove la casa di Dio (e del povero visto che le porte sono aperte a tutti) è più sfarzosa della casa del principe.

Togliere al denaro l’apparenza di fine in sé è il modo per andare contro Mammona, e lo possiamo fare tutti, ad esempio offrendo gratuitamente la nostra opera specializzata, evitando sempre gli aspetti pauperistici. Insomma se invitiamo una famiglia indigente a cena è meglio portarla una sola volta in un bel ristorante, possibilmente con vista e candele sul tavolo, che tre volte alla tavola calda… è Vangelo, la tavola calda va benissimo, ma è solo filantropia.

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