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In questo periodo stiamo vivendo una sorta di “presa di distanza” del terzo settore (in parte nella sua articolazione istituzionale ed in parte come manovra culturale) nei confronti dell’impresa sociale “sdoganata” dal punto di vista normativo con la G.U. 86 dell’11 Aprile 2008 che ha reso compiuto l’iter legislativo che incominciò con la L. 118/05 e continuò con il D.Lgs 155/06.

Il “tormentone” è :quale la convenienza a diventare ed essere impresa sociale?Il dibattito è aperto ed io affermo che “conviene” per questi motivi:
1- Iscriversi come impresa sociale nel registro della Camera di commercio di riferimento(dove è accessibile,ma mi dicono che,in questi giorni, si è ulteriormente ribadito l’accordo operativo fra il Forum del Terzo Settore e l’Unioncamere e se ciò non avvenisse a breve bisognerebbe fare pressione politica perché ciò avvenga) è un “dover essere” dell’imprenditorialità sociale. E non si può addurre a motivazione il fatto che non ci sono “vantaggi fiscali”.Infatti trasformandosi in impresa sociale si continuano ad avere i vantaggi fiscali acquisiti nelle forme giuridiche precedenti. E se anche così non fosse esso rappresenterebbe un “fatto simbolico” che rende l’impresa sociale come parte integrante di un sistema socio economico tripolare(pubblico,privato non profit e privato for profit) ridimensionando la concezione errata che il sistema è solo bipolare e cioè pubblico e privato for profit. Ed i simboli oggi contano in una società che diciamo debba ritrovare il “senso” positivo della solidarietà e della fiducia. Altrimenti chi afferma che solo i vantaggi fiscali darebbero la “motivazione” a “fare impresa sociale” cadrebbe nell’economicismo estremo che tanto è giustamente criticato. Quindi equilibrio fra economico e sociale nella giusta sintesi dell’impresa sociale.
2- L’impresa sociale amplia il suo “stare sul mercato” acquisendo ruolo pervasivo nel sistema socio economico oltre al già stabilizzato protagonismo socio economico nei settori dei servizi socio assistenziali,educativi e dell’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate.In concreto si diventa ulteriormente imprenditori sociali nei settori dell’art. 2 del D.Lgs 155/06 e cioè nella tutela dell’ambiente e dell’ecosistema,nella valorizzazione del patrimonio culturale, nel turismo sociale, nella formazione universitaria e post-universitaria,nella ricerca ed erogazione di servizi culturali, nella formazione extra-scolastica finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica ed al successo scolastico e formativo, nei servizi strumentali alle imprese sociali e così via. E l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate si declina in modo ampio e tale da creare opportunità imprenditoriali che prima non trovavano accoglienza in un soggetto giuridico ed economico quale è oggi l’impresa sociale.Si diventa ulteriormente pervasivi nel “sistema paese”.
3- E’ possibile “giocare” alla pari con il privato for profit, tramite la creazione di spa,srl senza distribuzione di utili che, a mio parere,possono anche essere oggetto di transazione economica dopo un “lock up”(la clausola di “lock up” riguarda l’impegno assunto da chi era azionista già prima della quotazione a non vendere, offrire o costituire in pegno le proprie azioni della società per un certo periodo di tempo) di un certo numero di anni. Questo propongo a fronte di una interpretazione del “decreto delegato” sulle operazioni straordinarie applicate all’impresa sociale. In sintesi a fronte dei decreti delegati attuativi (si veda la G.U. 86 dell’11 Aprile 2008) si può ipotizzare anche una vendita futura delle imprese sociali con evidente interesse per il mercato dell’intermediazione finanziaria e degli investitori privati . Ciò può far ravvisare nelle imprese sociali stesse non solo un’ implementazione di “utilità sociale per l’interesse generale”, ma anche un investimento con ritorno sull’investimento stesso.
Peraltro quando si esplicita l’operazione straordinaria “cessione d’azienda” si fa riferimento a: 1) le modalità con le quali l’acquirente intende rispettare il requisito del perseguimento delle finalità di interesse generale; 2) i criteri di valutazione dell’azienda e le modalità di determinazione del prezzo.”
Quindi c’è un acquirente che acquista ad un prezzo da determinarsi a fronte di una valutazione dell’impresa sociale.
4- L’impresa sociale è una formula imprenditoriale e non “una formula buonista e disperata di una organizzazione approssimativa, residuale e assistita”.La formula imprenditoriale del “profitto del non profitto”,dell’approccio multistakehoder,partecipata e democratica in cui la qualità dei servizi è spesso superiore a quella delle imprese di servizi tradizionali privati for profit e pubblici. Ed inoltre è indispensabile nella logica di sussidiarietà orizzontale intesa come “filiera sussidiaria aziendale” in cui essa tutela e garantisce la continuità operativa fra le varie tipologie di aziende(pubblico,privato non profit e “for profit”) al fine di mantenere la costanza di funzione di interesse generale tramite servizi di utilità sociale.
Ed essa presidia la coerenza strategica ove si conciliano operativamente le strategie di “partnership” fra pubblico e privato e fra privato e privato.In essa si conciliano le combinazioni dei fattori di produzione e di consumo a fronte di un coordinamento di operazioni economiche il cui modello è stato concordato "ex ante" e di cui l’uomo e la “ricchezza” condivisa sono elementi vitali e nella logica economico aziendale definiti come “ caratteristici”.
Economicita’ intesa come reciproca capacita’ di migliorare la combinazione delle risorse sia all’interno delle aziende (pubbliche e private non profit e”for profit”) sia nelle relazioni reciprocamente esternalizzate dalle aziende.
Prossimità di servizio che meglio definisce la qualità del servizio/bene offerto,prodotto ed erogato ed anche interpreta l’esigenza di innovazione espresso dalla domanda.
Una simmetria di break-even ove si integra un alto e patologico break-even della pubblica amministrazione con quello basso e fisiologicamente accettabile dell impresa sociale che fornisce beni e servizi alla pubblica amministrazione. E dove si presume che la contaminazione dell’impresa sociale rispetto all’amministrazione pubblica crei uno sviluppo virtuoso della “sussidiarietà aziendale” costituitasi e condizione di efficacia di partnership. In un contesto di opportunistico “prezzo più basso” evitabile tramite il ruolo imprenditoriale sociale inteso come formula imprenditoriale che negozia al pari delle formule for profit e pubbliche. E partecipandoalla “governance” del sistema socio economico di territorio.
Queste sono alcune caratteristiche delal “formula imprenditoriale” dell’impresa sociale che si misura con la propria sostenibilità gestionale in logica di equilibrio economico finanziario.
5- un vantaggio competitivo determinato anche da un partenariato fra “capitale umano dipendente e retribuito” e “capitale umano volontario dipendente funzionalmente e sempre più professionalizzato”. Con una integrazione che spesso incrementa la qualità dei servizi e costituisce una “massa critica” che incide sul sistema socio economico di riferimento.
6- Un raccordo fra impresa sociale e “territorio” perché la partecipazione e la “filiera corta” produttiva ed erogativa scambia beni e servizi a costi/prezzi equilibrati ed a controllo sociale implicito sia dal lato dell’offerta che della domanda.
Queta caratteristica crea non solo una cultura della “innovazione sostenibile e serializzabile”(nel rispetto del “farsi carico” della domanda espressione dei bisogni dei cittadini che si dinamizzano nel ruolo di cittadinanza),ma anche una propensione del contesto territoriale a esprimere integrazioni donative e di filantropia intese come investimento condiviso di cui si verifica i risultati sociali ed economici. Anche per il tramite dell’obbligatorietà del bilancio sociale.
7- Una capacità di “networking” basato sulla condivisione del “senso” della propria imprenditorialità che trova nella logica dello scambio una opportunità di sviluppo e non una diminuzione del proprio agire sociale. Dimostrando che la “sacralità dei fini” dell’impresa sociale può essere mantenuta e sviluppata implementando gli strumenti “profani” del sistema di mercato,quasi mercato e del sistema di pubblica utilità.
8- Un approccio all’accountability ed alla trasparenza che è insito e prevalente nella motivazione imprenditoriale dell’impresa sociale e che peraltro è comunicabile e percepibile anche tramite l’obbligatorietà del bilancio sociale.Strumento utile per far percepire il proprio valore e da giocare come “fattore critico di successo e come vantaggio competitivo” e non come “peso” gestionale.
9- Un assetto di controllo economico-finanziario che nell’impresa sociale è imprescindibile dovendosi confrontare con la concorrenza (anche se auspicabilmente “collaborativa”) di produzione e scambio con il mercato degli appalti pubblici e con quello della domanda privata. In una ineluttabile proiezione di” welfare universalistco a protezione variabile” stante l’indebitamento pubblico che non permette molti margini di flessibilità interventista da parte dello stato nella sua articolazone istituzionale(regioni,province,comuni,unità sanitarie locali ecc.).
10- Una tendenza internazionale a creare un ruolo importante dell’impresa sociale. E’ utile analizzare i benefici esplicitati per la “community interest com pany(CIC) che svolge il ruolo di impresa sociale in Inghilterra e che è già considerata un “brand” che connota attività di sviluppo del “welfare”. Con molti tratti comuni rispetto alla nostra impresa sociale e con ulteriori connotazioni evolutive sulle quali si basa una quota rilevante dell’equilibrio socio economico dei territori intesi come comunità.

rnForse vale la pena di evitare le tentazioni di “masochismo intellettuale” ,favorire l’innovazione di ruolo dell’impresa sociale per non perdere una opportunità di sviluppo del terzo settore,dell’economia civile e sociale che, comunque, sono all’interno di un sistema socio economico e istituzionale sempre più dinamico e di cui si devono cogliere le opportunità.

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