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L’1 ottobre il CESE- organo consultivo dell’UE – ha approvato il parere relativo alla comunicazione della Commissione Europea sul tema: UE, Africa e Cina, verso un dialogo e una cooperazione trilaterali. Il parere tocca una tematica di grande rilevanza per i rapporti internazionali e per il ruolo dell’Europa nel mondo per quattro motivi: volume della popolazione coinvolta (oltre 3 miliardi di persone); la rilevanza storica dei rapporti tra UE e Africa; le novità politiche ed economiche intervenute in Africa, sempre più considerata dalle potenze emergenti come il continente delle opportunità e degli affari; la crescita vertiginosa della Cina e la sua presenza sempre più massiccia e rilevante in Africa.

Il continente africano si sta trasformando molto rapidamente. Pur rappresentando ancora solo il 2% del PIL e meno dell’1% della produzione industriale mondiali, l’Africa sta progressivamente rientrando nei flussi della globalizzazione dopo decenni di marginalizzazione geopolitica ed economica. L’Unione europea rimane il suo primo partner economico, ma l’Africa è sempre più corteggiata dai "finanziatori emergenti": innanzitutto la Cina ma anche l’India, il Giappone, la Corea del Sud, i grandi paesi dell’America Latina e quelli del Golfo. Negli ultimi anni anche gli Stati Uniti sono tornati a dedicare attenzione al continente, interessati soprattutto a garantirsi approvvigionamenti energetici sicuri e a contrastare la minaccia del terrorismo. Nonostante il 40% della sua popolazione continui a vivere sotto la soglia minima di povertà, l’Africa è quindi sempre meno percepita come un "continente disperato" e sempre più come una "nuova frontiera" che offre opportunità di sviluppo e di affari.rn

L’Europa quindi sta perdendo terreno per quel che riguarda il peso relativo dei suoi rapporti con il continente africano. Per questo la Commissione ha elaborato la proposta di avviare un dialogo e una cooperazione trilaterale tra Unione europea, Cina e Africa.

rnIn altri termini, si tratta di azioni comuni e coordinate in settori strategici, secondo priorità definite innanzitutto dalle istituzioni africane:rn

          Pace e sicurezza in Africa, volta soprattutto a una più intensa collaborazione con l’Unione africana e con la Cina nel quadro delle Nazioni Unite, per sostenere lo sviluppo dell’architettura africana per la pace e la sicurezza e rafforzare le capacità di gestione delle operazioni di pace da parte dell’UA.

          Sostegno alle infrastrutture africane, che sono la spina dorsale per lo sviluppo, gli investimenti e il commercio nonché per una maggiore integrazione regionale, in particolare nei settori dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia.

          Gestione sostenibile delle risorse naturali e dell’ambiente, che, rafforzando la connessione con iniziative quali l’EITI (Iniziativa per la trasparenza nelle industrie estrattive), il FLEGT (piano d’azione per l’attuazione della normativa forestale) e il Kimberley Process per la trasparenza nell’industria diamantifera, permetta processi più trasparenti, più ampi trasferimenti tecnologici e maggiori finanziamenti per fronteggiare il cambiamento climatico e favorire lo sviluppo di energie rinnovabili.

          Agricoltura e sicurezza alimentare, con l’intento di potenziare la produttività e i livelli di produzione dell’agricoltura africana, soprattutto attraverso la ricerca e l’innovazione agricole, i controlli veterinari e la sicurezza alimentare, inserendosi nell’ambito del CAADP (il Programma globale per lo sviluppo agricolo africano).

rnIl CESE ha espresso un parere positivo su questi punti, senza tuttavia rilevare alcune perplessità. Innanzitutto la relazione Cina-Africa presenta dei punti critici, che generano preoccupazione, sui quali si dovrebbero trovare degli spazi di dialogo.rn

La crescente presenza cinese in Africa non è priva di ombre, a cominciare da un ritorno della centralità dei governi locali e delle élite urbane, con la conseguente e preoccupante emarginazione del settore privato africano, la messa a rischio delle modeste conquiste sociali ottenute dai sindacati africani e le condizioni di lavoro fortemente penalizzanti per le maestranze locali.

Le strategie di intervento in Africa dell’UE e della Cina sono assai diverse. Mentre l’UE fornisce la maggior parte dei suoi aiuti sotto forma di doni, ponendo peraltro crescenti condizioni politiche (il rispetto di regole democratiche, dei diritti umani, la lotta alla corruzione e l’avanzamento di pratiche di buon governo, ecc) con l’obiettivo di ridurre la povertà, la Cina per lo più concede prestiti a condizioni agevolate, in gran parte finalizzati alla costruzione di infrastrutture e garantiti da contratti a lungo termine per lo sfruttamento delle risorse naturali. Inoltre, i prestiti cinesi sono spesso vincolati all’impiego di imprese, beni e talvolta anche manodopera cinesi, secondo forme di "aiuto legato" ormai largamente disattese dai paesi OCSE.

L’approccio cinese risulta in genere più gradito alle classi dirigenti africane, perché senza condizionalità e non rallentato dal sovraccarico burocratico dell’Europa. Esso però presenta un duplice rischio: generare una forma di reindebitamento massiccio, i cui effetti sul lungo periodo potrebbero essere insostenibili, e rafforzare la dipendenza delle economie dei singoli paesi dalle "monoproduzioni" e dalle loro esportazioni, a loro volta legate alle fluttuazioni dei prezzi sui mercati internazionali.

Anche la crisi economica e finanziaria internazionale in corso spinge infine ad aprire una riflessione sui suoi possibili effetti sull’Africa: la riduzione delle esportazioni, le chiusure protezionistiche di molti mercati e il calo dei prezzi di molte materie prime creano uno scenario preoccupante, che rischia di mettere seriamente in crisi i traguardi raggiunti nel decennio passato, come la riduzione del debito e dei deficit pubblici, l’aumento e la competizione sugli investimenti per le infrastrutture o il risanamento dei sistemi fiscali, nonché gli sforzi per la diversificazione delle strutture produttive nazionali. Di fronte alla crisi, la Cina ha recentemente riconfermato e anche aumentato i propri impegni, sia nel campo degli aiuti e dei prestiti che in quello degli investimenti. L’UE cerca di tenere fede agli impegni presi, ma alcuni Stati membri hanno già drasticamente ridotto risorse e impegni finanziari bilaterali nel 2009, con previsioni simili, se non peggiori, per il 2010. Come è stato affermato in tutti i recenti vertici, sono invece necessarie nuove risorse.

Alla luce di ciò, una cooperazione trilaterale ha senso solo se risulta efficace e paritaria. Il dato di partenza dell’asimmetria dei rapporti esistenti è da prendere in seria considerazione: la Cina è un solo e grande paese che tratta con i singoli paesi africani, mentre l’UE spesso fatica a parlare con una sola voce nei suoi rapporti con il continente. È necessario che l’Unione europea si impegni maggiormente per dare un carattere unitario alle sue azioni, con un approccio geostrategico a lungo termine più risoluto, che rilanci con forza la strategia UE-Africa adottata a Lisbona.

rnMa per avere una cooperazione efficace è prima di tutto necessario verificare l’effettivo interesse di tutte le parti in causa per la strategia proposta e il loro concreto coinvolgimento nel dialogo triangolare. La Commissione e il Consiglio devono pertanto attuare tutte le iniziative necessarie per ottenere risposte adeguate alle proposte in campo.

Per maggiori informazioni, scarica il documento del CESE

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