Siamo così intrisi di dolore, così sfiduciati per i continui giochi di potere e corruzione che emergono attorno a noi, così pieni di sospetti e di paure, così preda dell’invidia, che fatichiamo a credere che il bene vince sul male, che il perdono sia più forte della vendetta, che la mitezza possa sconfiggere la superbia, che la giustizia e la verità si affermino sull’ingiustizia e la menzogna.
L’osservazione della filosofa francese ci ricorda che il messaggio della resurrezione non è una speranza a buon mercato, credere al Cristo risorto non significa chiudere gli occhi sulle ferite che il male ha lasciato sul suo corpo. La risurrezione, per il Figlio dell’Uomo che è anche Figlio di Dio, è un processo, una trasformazione possibile solo grazie all’Amore.
“Dio ha creato per amore e a fini d’amore. Dio non ha creato altro che l’amore stesso e i mezzi dell’amore. Egli ha creato tutte le forme dell’amore. Ha creato esseri capaci d’amore a tutte le distanze possibili. Alla distanza massima, la distanza infinita, è andato Dio stesso, poiché nessun altro avrebbe potuto farlo. Questa distanza infinita fra Dio e Dio, lacerazione suprema, dolore senza pari, meraviglia dell’amore è la Crocifissione”.
Riconoscere nella Crocifissione la “meraviglia dell’amore” consente di credere alla Resurrezione. L’amore che non soccombe nel momento del massimo abbandono è in grado di ritornare e riportare alla vita.
“Bisogna soltanto sapere che l’amore è un orientamento, non uno stato d’animo” e credere non è disgiunto dall’amare, comporta la stessa fatica e la stessa determinazione a mantenere l’orientamento, a tenere la rotta. Tenere la rotta significa guardare la luce che sorge dietro la croce, significa guardare avanti, camminare nel quotidiano senza sentircene schiacciati, vivere il presente senza diventare prigionieri dell’effimero…
La risurrezione di Gesù inaugura una nuova condizione di essere persone, apre un futuro qualitativamente diverso e nuovo per l’intera umanità, che già oggi può essere sperimentato e vissuto facendo quello che Lui ha fatto per noi, chinandoci a lavare i piedi gli uni gli altri. Chi appartiene a Cristo non può essere indifferente all’altro.
Papa Francesco nel suo Messaggio per la Quaresima descrive bene questo meccanismo dell’indifferenza dietro cui ci trinceriamo, non solo perché siamo egoisti, ma anche per difenderci dal senso di impotenza che proviamo di fronte al male e al dolore.
Una tomba vuota e un corpo assente sono i segni con cui i Vangeli ci parlano della resurrezione. Nell’esperienza dell’assenza e della perdita i discepoli imparano la fede, che è al contempo ricerca e attesa, passione di trovare e pazienza di essere trovati.
La luce della risurrezione è il dono che Dio ci fa per uscire da noi stessi, per riconoscere nella fragilità della nostra vita il luogo in cui l’amore meglio può manifestarsi, oltre la tentazione di poterci salvare da soli, oltre la disperazione di pensarci soli e irraggiungibili.
Diventare delle “isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza!” Questo mi pare il messaggio e il dono che in questa Pasqua può darci coraggio e spingerci a camminare con cuore misericordioso sulle strade di tutti i giorni, vicini alle persone che ci vivono accanto, con cuore attento e aperto anche a coloro che vivono e soffrono distanti da noi, ma non ci sono estranei.