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rnTra i due oggetti citati nel titolo su quale vorreste saperne di più? Probabilmente fu un pensiero di questo tipo ad attraversare la mente di Leon Lederman, direttore del Fermilab, mentre preparava il discorso che avrebbe fatto l’indomani davanti al congresso americano per chiedere nuovi finanziamenti in grado di rimettere il laboratorio in corsa per le alte energie durante gli anni ’80, in competizione con il CERN. Fu lui infatti a coniare il termine “particella di Dio” per descrivere un oggetto un po’ più complesso e sicuramente anonimo per i non-fisici.

A volte una denominazione “felice” può fare la fortuna di un campo di ricerca. Marvin Minsky ammette che se avesse proposto “scienze cognitive” al posto di “intelligenza artificiale” non avrebbe intercettato l’entusiasmo diffuso per lo sviluppo esponenziale della tecnologia (e dei profitti) del mondo della nuova information technology. In fisica è ormai noto il successo dei “black holes” di J. A. Wheeler sulle “stelle congelate” ed i collapsar della scuola sovietica. Notiamo che questi termini sono tutti “esatti”, dicono qualcosa di preciso sugli oggetti fisici: si tratta infatti di ciò che resta del collasso gravitazionale di una stella almeno 2.5 volte più grande del sole, in cui il campo gravitazionale diventa così intenso da “congelare” l’orizzonte degli eventi. In effetti, noi non potremmo mai osservare direttamente un “buco nero” perché la fortissima dilatazione temporale intorno al suo “bordo” (raggio di Schwarzschild), mostrerebbe un eterno “fermo-immagine” di ciò che è caduto dentro. L’espressione di Wheeler evoca però un po’ di mistero che in queste faccende non guasta mai, ed è comprensibile che abbia avuto successo, spostando l’attenzione delle nuove generazioni di fisici dalle particelle elementari ai problemi fondazionali della relatività generale.
La vicenda della “particella di Dio” è simile. Evoca, suggestiona e, come spesso accade, nasconde i termini della questione scientifica. Va detto per la cronaca che i parlamentari americani non si fecero affatto impressionare da questo indiretto ricorso alla teologia della spiegazione ultima e non accordarono i finanziamenti. Questo non impedì a Lederman di usare la sua trovata come titolo di un libro del 1993, e considerando gli entusiasmi dei media in questi giorni sembra aver avuto ragione.

Il fatto è che la particella di Dio altro non è che un bosone di Goldstone, dunque se vogliamo capire cosa sta accadendo nel collider del CERN dobbiamo prima cercare di farci un’idea corretta di un oggetto di questo tipo, e poi cercare di comprendere in che senso e per quali motivi lo si può appellare in modo così impegnativo. E’ noto che gli oggetti fisici hanno una massa che misura la “sensibilità” alle interazioni. Secondo le teorie unificate correnti, la massa nasce da un processo di accoppiamento tra gli oggetti fisici ed una particella “speciale” detta bosone di Higgs. Diceva Abdus Salam che nelle prime fasi dell’evoluzione cosmica, a temperature già relativamente basse, le particelle “mangiano” un bosone di Higgs ed acquistano massa. Quest’immagine è in linea con le spiegazioni che abbiamo letto in questi giorni basate su “trottoline” e “palline”. Una spiegazione intuitiva ancora più ingegnosa e più sottilmente vicina alle caratteristiche essenziali del fatto fisico fu proposta dal teorico David Miller utilizzando come “particella” Margaret Thatcher (naturalmente sempre a proposito di finanziamenti!). “Immaginiamo una sala piena di gente che gironzola qua e là. Se entra un tizio qualsiasi, gli andranno incontro le persone che lo conoscono per un breve giro di saluti. Ma se entra l’ex- Primo Ministro, un mucchio di gente le si farà attorno, i suoi movimenti si faranno inevitabilmente più lenti e sarà come se avesse acquistato massa. Ecco, le persone in sala sono bosoni di Higgs!”. Questa spiegazione a dispetto della sceneggiatura da cocktail party è molto più precisa delle altre, perché mette chiaramente in luce il fatto che il bosone di Higgs non è esattamente una particella, ma piuttosto un processo che avviene nel vuoto quantistico. Del resto, nella teoria quantistica dei campi, che è la figlia matura della fisica quantistica, non esistono né onde né particelle, ma “modi del campo” quantizzato, un gioco intricatissimo di oscillatori che pulsano a velocità vicine a quelle della luce e si intrecciano tra loro dando vita ad ogni tipo di materia-energia osservabile.

Il meccanismo di Higgs fu proposto da Peter Higgs nel 1964 sulla base di un’idea di P. Anderson, nell’ambito della fisica dello stato condensato (dunque un ambito piuttosto lontano dalla fisica delle “particelle elementari”), ed è un caso particolare di un processo di rottura di simmetria estremamente generale e ben noto che produce i cosiddetti bosoni di Goldstone, come ad esempio i fononi nei cristalli. Si tratta di eccitazioni che si propagano nel mezzo, e nel caso di quel particolarissimo mezzo che è il vuoto quantistico equivalgono alla creazione di massa. Ritorniamo per un istante al “film” di Miller: quando il primo ministro entra in sala si produce una rottura di simmetria ( tutti i presenti in sala- salvo qualche radicale di sinistra- si avvicinano a lui), e questo equivale all’acquisizione di una massa del primo ministro. L’attualità politica mi suggerisce delle variazioni su tema, ma mi fermo qui. Semplice no? Ma che c’entra Dio?

Sappiamo dai tempi di Einstein che “Dio” viene spesso usato come metafora generale dell’unità e della coerenza delle leggi fisiche, e da allora la divulgazione scientifica non ha più fatto a meno della “Mente di Dio”. In questo caso (e nell’idea originaria di Lederman), si vuole suggerire che trovare il bosone di Higgs equivale a chiudere il cerchio e trovare l’ingrediente mancante in ogni “teoria del tutto”. In effetti il problema della massa è il più antico della fisica. E’ stata la prima caratteristica della materia ad avere una definizione precisa (l’inerzia di Galilei, le leggi del moto e della gravitazione di Newton), ed è ancora una questione sospesa. Verosimilmente Newton ideò lo spazio assoluto anche per spiegare la massa come forma di resistenza ad una sorta di “fluido” invisibile. In effetti non abbiamo fatto molta strada da allora dal punto di vista concettuale. Le attuali “teorie unificate”, come scrive Joao Magueijo nella suo libro su Majorana( “La particella mancante”, Rizzoli, 2010), sono un “maledetto zoo”. Il bosone di Higgs provvede a dare la massa a 12 oggetti fondamentali tra quark e leptoni, ma per far andare assieme tutto bisogna inserire circa 30 parametri liberi ricavati dalle osservazioni. “Patetico”, aggiunge Magueijo. Ricordando che nella sua “teoria relativistica di particelle con momento intrinseco arbitrario” (1932), Majorana anticipa le idee chiave della teoria delle stringhe, ipotizzando che ogni forma di materia è l’espressione dello stato eccitato di un unico “oggetto fondamentale”. E’ forse a questo che si riferiva quando diceva con aria misteriosa che “la fisica è su una strada sbagliata”? E lo diceva in un periodo in cui le particelle “elementari” si contano sulle dita di una mano, cosa direbbe oggi che lo “zoo” ospita più di 200 animali e la teoria in alcuni casi ne prevede più del doppio?

Il punto è che gli attuali eventi osservati all’LHC (il grande collisore del CERN) sono indicazioni ancora molto deboli, e soprattutto non così stringenti da dirci qualcosa sul tipo di processo che porta alla massa. Anzi, dovrebbe apparire ormai chiaro che l’eventuale identificazione del bosone di Higgs sarebbe ben lontano dal rivelarci – anche solo come metafora! – la “mente di Dio”. Si chiuderebbe forse un capitolo sulla fisica delle particelle elementari (intitolato “teorie di gauge” e basato sulle simmetrie e la teoria dei gruppi) e se ne aprirebbe un altro molto più complesso sulla struttura fine del vuoto quantistico, perché è lì che risiede il segreto dei processi che danno luogo alle manifestazioni materia-energia, meccanismo di Higgs compreso. Insomma, oggi sappiamo che il termine “particella elementare” è un modo semplice per indicare una rete straordinariamente complessa di interazioni, vincoli e processi su un “tessuto” ancora inimmaginabile.

In nessun modo vogliamo sminuire il magnifico lavoro che stanno facendo sui neutrini i fisici del Gran Sasso o l’equipe del CERN. Si tratta di tappe fondamentali per la conoscenza del mondo fisico. Vorremmo piuttosto prendere le distanze contro il sensazionalismo, gli annunci ed i comunicati stampa più veloci dei risultati ( uno strano effetto relativistico della civiltà mediatica!), e ricordare che la scienza procede per piccoli passi, ampliando il numero di domande possibili con il range della conoscenza. E ci si può chiedere alla fine se il “tutto” che perseguono queste teorie è davvero quel “Tutto” illusorio dove speriamo di trovare risposte anche a quelle domande che non hanno nulla a che fare con la fisica, o la buona, vecchia affascinante teoria quantistica dei campi ad una sua svolta cruciale. Gira in questi giorni un manifesto della Slow Science promosso da un gruppo di scienziati del Max Planck Institute, che comincia con “We are scientists. We don’t blog. We don’t twitter. We take our time”.
E’ bene leggerlo. Per non prendere cattive abitudini.

Higgs spiegato da Miller:
http://www.hep.ucl.ac.uk/~djm/higgsa.html

Manifesto dalla Slow Science:
http://slow-science.org/

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