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La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha sancito ieri il divieto di brevettare medicinali ricavati da cellule staminali con procedimenti che comportano la distruzione degli embrioni umani. La decisione giunge nell’ambito di una causa in cui Greenpeace aveva contestato la brevettabilità da parte di un ricercatore tedesco di un procedimento che utilizza cellule staminali umane e nel far ciò comporta la distruzione dell’embrione. La Corte federale tedesca si era rivolta alla Corte di Giustizia europea a seguito del ricorso presentato dal ricercatore contro una precedente sentenza che aveva dichiarato nullo il brevetto. 

La Corte di Giustizia ha affermato che la nozione di embrione umano «deve essere intesa in senso ampio» e includere qualsiasi ovulo fecondato ed anche ovuli non fecondati in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana.
La Corte ha ritenuto, in particolare, che «sin dalla fase della sua fecondazione qualsiasi ovulo umano deve essere considerato come un embrione umano, dal momento che la fecondazione è tale da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano». Inoltre, ha aggiunto che «deve essere riconosciuta questa qualificazione di embrione umano anche all’ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e all’ovulo umano non fecondato indotto a dividersi e a svilupparsi attraverso partenogenesi».
In conclusione, la Corte UE ha affermato la non brevettabilità di procedimenti che possano dare luogo alla distruzione dell’embrione umano, nell’accezione ampia accolta dalla Corte.

Andrea Stazi, da esperto sul tema può fornirci un suo commento sulla sentenza?

  La sentenza della Corte di Giustizia ha ribadito espressamente un principio ampiamente desumibile dal corpus normativo comunitario, in particolare, dall’articolo 6, comma 2, della direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, che considera non brevettabili le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali. In particolare, la decisione ha affermato la non brevettabilità dell’utilizzo di embrioni umani anche a fini di ricerca scientifica, in quanto la protezione richiesta con la domanda di brevetto implica logicamente lo sfruttamento industriale o commerciale dell’invenzione. In tal modo, la Corte di Giustizia ha accolto le istanze di chi ritiene necessaria una piena tutela della vita, anche del nascituro in potenza, con una decisione che risulta in linea con i principi fondamentali legati alla sfera morale – in particolare quello della dignità umana – già presenti nell’ordinamento comunitario e nella prassi decisoria dell’Ufficio europeo dei brevetti.

La sentenza è applicabile solo a livello europeo, quindi negli altri Paesi, e in particolare negli Stati Uniti, le cellule staminali derivanti da embrione umano sono brevettabili?

Sì, il principio di diritto ribadito nella decisione rileva soltanto nell’ambito dell’Unione Europea, quindi non è escluso che i ricercatori possano effettuare ricerche e produrre medicinali derivanti da tali cellule brevettandoli negli altri Paesi. Negli Stati Uniti, la questione della brevettabilità di materiale genetico umano è impostata, più che sui profili bioetici, soprattutto nei termini di un rigoroso esame del requisito dell’utilità dell’invenzione, nonché della non brevettabilità dei «prodotti di natura». In proposito, di recente aveva dato luogo a un ampio dibattito la decisione con cui la Corte Distrettuale di New York – ribaltando la prassi decisoria del Patent Office statunitense sulla concessione di brevetti su sequenze di Dna isolate – aveva annullato i brevetti sui geni umani BRCA 1 e 2, utili per i tumori al seno e alle ovaie, detenuti dall’impresa farmaceutica Myriad Genetics. Ciò, sulla base dell’interpretazione della dottrina del “prodotto di natura” secondo cui, affinché un’invenzione possa essere brevettabile, essa deve avere caratteristiche molto diverse, in termini di forma, qualità o proprietà rispetto a qualsiasi entità esistente in natura (oltre che essere potenzialmente di significativa utilità). A luglio scorso, però, la decisione della Corte Distrettale è stata ribaltata dalla pronuncia della Corte d’Appello del Circuito Federale, che negato la possibilità di estendere l’eccezione dei «prodotti di natura» per includervi sequenze di Dna isolate.

La decisione della Corte di Giustizia è vincolante a livello nazionale, in Germania e negli altri Stati membri?

La sentenza è giuridicamente vincolante per il giudice a quo, ossia la Corte federale tedesca, che dovrà decidere conformemente a quanto disposto dalla Corte di Giustizia, ma risulta di fatto un precedente fondamentale anche per le corti degli altri Stati membri dell’Unione Europea (incluso il nostro).

E’ possibile estendere il principio stabilito nella sentenza ad altri aspetti relativi alla tutela della vita, ad esempio pillole anticoncezionali ecc.?

Per quanto riguarda l’eventuale estensione di quanto affermato dalla Corte di Giustizia ad altri ambiti in cui viene in rilievo la questione della tutela della vita, la decisione non costituisce un precedente vincolante. E’ interessante, d’altronde, notare l’interpretazione estensiva della nozione di embrione fornita dalla Corte. Questa, pur non essendo vincolante, rappresenta indubbiamente un precedente assai rilevante, che proviene dal più autorevole organo giurisdizionale comunitario, e che pertanto appare destinato ad esercitare un’influenza notevole nei diversi ordinamenti europei. 

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