Due sono i provvedimenti che finora sono usciti all’attenzione pubblica: il primo unifica detrazioni e assegni familiari con la denominazione di “dote fiscale” e il secondo riguarda una diversa gestione dell’Isee. La “dote fiscale” è stata accolta in modo favorevole da molti, perché porterebbe un contributo di semplificazione: ma forse è il caso di porsi qualche domanda aggiuntiva. Una premessa è che la “dote” dovrebbe essere più correttamente chiamata “assegno unico”, essendo la prima ricchezza, sul modello del baby-bond inglese, e il secondo un flusso di reddito. Ma la questione centrale è quella di capire a quale obiettivo si rivolge lo strumento dell’assegno unico, il che tocca la questione centrale degli obiettivi di politica economica per la famiglia. Occorre distinguere almeno quattro obiettivi: 1) l’equità orizzontale, intesa come trattamento fiscale uguale di soggetti “uguali”, 2) il sostegno dei figli come “bene comune” del paese, e non come puro fatto privato, 3) il sostegno di una politica familiare aggiuntiva, e ancor meglio della catena generazionale composta da nipoti, figli e nonni, 4) una politica di lotta e riduzione della povertà relativa e assoluta nel paese. La natura di queste politiche si differenzia ulteriormente a seconda che siano universali o selettive, in base al reddito, in moneta o in natura, a livello centrale o locale. E’ chiaro che questi obiettivi hanno uno spazio di intersezione: ma nei paesi in cui questi obiettivi vengono affrontati con successo le politiche sono differenziate e non unificate. La confusione più dannosa è quella di identificare la politica per la famiglia con l’obiettivo dell’equità orizzontale: poiché partiamo da una situazione di iniquità orizzontale a sfavore della famiglia è chiaro che per attenuare tale squilibrio si deve attribuire loro proporzionalmente più risorse. Ma questa non è ancora una politica per la famiglia. E poi: chi può oggi affermare se ci stiamo muovendo verso una situazione di ragionevole equità orizzontale? Al momento non sappiamo. La mia opinione è che le famiglie del ceto medio siano oggi quelle più penalizzate da questa confusione di obiettivi. Una politica per la famiglia dovrebbe includere non solo la coppia, con o senza figli, ma anche i genitori anziani non autosufficienti: come farà, il figlio unico delle attuali coppie, a prendersi cura di entrambi ? Così come l’enucleare la questione dei figli porterebbe in piena evidenza la grande diffusione di situazioni di povertà, sfruttamento, violenza sui bambini oltre che di assenza di genitori. L’istituto dell’assegno unico sembra portare un beneficio apprezzabile alle famiglie povere con figli, ma difficilmente rappresenta una risposta, anche parziale, ai quattro obiettivi sopra formulati: vi sono peraltro problemi informativi e di privacy che potrebbero ridurre tale beneficio a vantaggio di imprese poco scrupolose. L’Isee, l’indicatore della situazione economica equivalente, registra problemi applicativi di rilievo e le riforme proposte paiono onerose in termini di tempo per i cittadini, ma soprattutto fanno rientrare dalla finestra ciò che è stata fatto uscire dalla porta, cioè il quoziente familiare. Ma solo per dire dei no, anziché favorire le famiglie. Di questo passo la spesa per la famiglia si allineerà alla media europea con tempi molto lunghi, ad essere ottimisti. Chissà quando destra e sinistra metteranno entrambe la famiglia nella loro agenda politica. Almeno due provvedimenti minori questa finanziaria dovrebbe prevederli: un riconoscimento economico alle famiglie numerose e un’indicizzazione ai prezzi dell’assegno unico.
Ci stiamo veramente muovendo verso l’equità orizzontale?
La manovra della finanziaria per la famiglia 2008 è davvero deludente, a meno di qualche provvedimento migliorativo prima dell’approvazione finale.
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