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Il 3% del PIL in Italia viene bruciato in scommesse e giochi d’azzardo. E gli adolescenti italiani sono tra i protagonisti delle scommesse: almeno 7 adolescenti su 10 giocano e scommettono, in barba a divieti e norme che limiterebbero grandemente il gioco d’azzardo e le scommesse nei minorenni.

Tra i giochi più praticati il poker on line, giocato anche in facebook, e i facilissimi “gratta e vinci”. Giocare d’azzardo e scommettere conquista, dunque, un nuovo target di utenti: gli adolescenti ed i giovanissimi. Al di là di moralismi arrugginiti o di allarmi ad effetto, il fenomeno merita una riflessione. La precocizzazione dei comportamenti è una caratteristica dell’accelerazione straordinaria che viviamo e riguarda molti ambiti, come quello della sessualità per esempio. E non è senza conseguenze: ogni comportamento dovrebbe essere congruo con lo sviluppo cognitivo ed emotivo-affettivo del bambino e dell’adolescente. Comunque chiunque passi davanti ad una ricevitoria di scommesse sportive vedrà che un numero rilevante di scommettitori è fatto da minorenni, che, con la copertura di un adulto o anche direttamente, scommettono a ripetizione. Perché il gioco d’azzardo e la scommessa piacciono? Perché la prospettiva della vincita (specie se casuale e imprevedibile) è un comportamento che attiva il nucleo accumbens e determina la produzione di dopamina, il neurotrasmettitore del piacere. E’ il piacere immaginato o provato di una vincita determina la ricerca di ulteriore piacere attraverso la ripetizione del comportamento. Il gioco può perciò essere una droga e scivolare verso forme di dipendenza dalle conseguenze devastanti per la vita del giocatore patologico e dei suoi familiari. Tutto qui? Certamente no. Se prendiamo il caso degli adolescenti e dei giovanissimi dobbiamo considerare il tipico atteggiamento di sfida, di misurazione di sé, di ricerca di emozioni, di attrazione per il rischio, tutti ingredienti che conferiscono alla scommessa e al gioco un fascino a volte irresistibile. Eppure anche questo non basta. Non basta, quando osserviamo un bambino di 9 anni acquistare in edicola uno di quei giochi senza fatica come i vari “gratta e vinci”. Nella mente di quel bambino si sta costruendo la convinzione che attraverso strumenti semplici, privi di impegno, totalmente scollegati ad ogni merito, è possibile cambiare la vita. Le “sfide” tipiche dell’infanzia e dell’adolescenza lasciano il posto alla “ruota della fortuna”. Se nelle sfide c’era la costruzione di sé attraverso l’impegno e il merito, nella “ruota della fortuna” c’è la deresponsabilizzazione e l’inutilità dell’impegno. Ecco perché gli “inventori” di giochi, scommesse e quiz a premi hanno semplificato sempre di più il meccanismo, sino alla incredibile ripetitività di un bottone da schiacciare della slot machine o di un pezzo di carta da grattare. Se perdo non comprometto la mia autostima perché è colpa di un sistema cieco, se vinco mi sento eccezionale: massimo risultato con il minimo sforzo. E perché un adolescente, che invece dovrebbe sentirsi attratto dalle grandi sfide in cui impegnarsi è invece attratto da giochi stupidi? Forse perché mancano le grandi sfide, trasformate in competitività senza cuore e in efficientismo senza tempo. Non potremo impedire il diffondersi del gioco d’azzardo e delle scommesse tra i giovanissimi: i divieti già ci sono e non funzionano. Forse quello che serve è piuttosto tornare a trasmettere agli adolescenti il sottile piacere delle grandi sfide: anche la società liquido-individualistica descritta da Bauman farà il suo tempo e a noi il compito di riaccendere la passione e la speranza.

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