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E’ vivo il dibattito, sui giornali, relativo al nuovo femminismo, ai compiti delle donne e alla loro dignità, scatenato dagli scandali che, in vario modo, coinvolgono il premier. In questo dibattito, tuttavia, molte delle femministe coinvolte si premurano di ribadire: niente moralismi, per carità!

C’è bisogno, dicono, che le donne si ribellino a questa nuova forma di sfruttamento e subordinazione che le vede degradate a consenzienti oggetti del desiderio, e che prospetta loro, come via d’accesso privilegiata alle stanze del potere, un passaggio nella camera da letto. C’è bisogno, ribadiscono, che le ragazze e le donne riprendano in mano il loro destino, e rifiutino il ruolo di scenografia sessuale che la pubblicità e gli spettacoli televisivi, molto prima della politica, impongono loro.
In realtà, io credo, è proprio questo che non va. E’ la decostruzione della morale, degradata a moralismo, che ha sempre rappresentato l’illusione di tanti femminismi del passato, e che rischia di rendere spuntato quello odierno. Il contesto cultural-pubblicitario che da molte donne viene evocato e additato come principale responsabile, è un contesto in cui l’unico valore dominante è l’autodeterminazione; e di questo valore il berlusconismo è certo un’espressione limpida, anche a livello personale. Di fronte agli scandali, infatti, l’affermazione più ricorrente sembra essere: ma se si tratta di incontri fra adulti consenzienti, se le donne-escort sono consapevoli e liete di quello che fanno, se non c’è violenza, plagio, sopruso, che male c’è? Si tratta di incontri privati, di ragazze ben remunerate, di professioniste del sesso a pagamento, e dunque perché indignarsi? Non s’era detto che dentro le mura domestiche ciascuno poteva far ciò che voleva?
Ecco allora perché, in sintesi, il criterio morale è indispensabile. Perché è l’unico modo per dire ad una ragazza che vendere il proprio corpo, anche se ad un uomo affascinante (o presunto tale), anche se in vista di un vantaggio, anche se le alternative lavorative non sembrano allettanti, è in se stessa una cosa indegna. Perché è l’unico modo per dire che l’esposizione merceologica del corpo femminile, che le televisioni da decenni ci propinano, è in se stessa una cosa incompatibile con la dignità personale. Perché è l’unico modo per dire ai giovani che alcune scelte, seppur convenienti, seppur allettanti, sono indegne e non meritevoli di essere fatte.
Con la decostruzione della struttura patriarcale della società e della famiglia, e con la liberazione dei singoli dai vincoli di una morale a volte sentita come eccessivamente condizionante, sembra che l’unico criterio delle azioni soggettive sia l’autonomia, la libertà della scelta, la cosiddetta autenticità. Ma è proprio questa autonomia che produce quelle ragazze ammiccanti e imprenditrici del loro corpo che Olivia Guaralda evoca in un articolo sul Corriere, è questa autonomia che legittima la scelta di una escort fino al punto di renderla un’ospite televisiva più che gradita, se non persino ricercata.
Senza una nuova (o vecchia) morale, senza che si possa ricominciare a dire che alcune cosa non si fanno perché sono in se stesse indegne e sbagliate, non c’è verso di uscire dalle spire del berlusconismo televisivo. Quello politico infatti, come tutte le cose, passerà prima o poi. Ma l’individualismo amorale che da tutte le parti ci viene proposto, e che educa le generazioni in misura direttamente proporzionale alla loro esposizione – quasi un abbandono, una delega – mediatica, questo sarà molto più difficile da far passare.
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