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Dopo quasi cento anni dalla sua morte -1918- la memoria di Giuseppe Toniolo viene solennemente ridestata dall’essere annoverato, il prossimo 29 aprile, tra i ‘Beati’ della Chiesa. Toniolo nato nel 1845 visse la sua esistenza tra la fine del sec. XIX° e gli inizi del XX° sec., in un periodo in cui il rapporto tra la Chiesa e lo Stato era caratterizzato da aspri conflitti: cessava il lungo periodo del “potere temporale” dei Papi e iniziava, con la Presa di Porta Pia, l’esistenza dello Stato unitario dell’Italia.

In un contesto di ultramontanesimo e di intransigentismo in campo cattolico da una parte e di ateismo positivistico e laicismo borghese dall’altra, si muove la vita e l’azione di Toniolo. Tra i credenti si determinò una dolorosa divaricazione, combattuti tra la fedeltà al Pontefice e il desiderio di essere finalmente cittadini in un’Italia unita. Giuseppe Toniolo fu testimone di tale divaricazione che visse all’interno della stagione del cattolicesimo sociale, che si era aperta in Germania, in Francia, in Austria e in Belgio ad opera di illustri personalità ecclesiastiche. Le vicende che segnarono la vita di Toniolo gli fecero registrare soddisfazioni e non poche delusioni. Il suo impegno si svolse tra studio e lavoro intellettuale insieme a promozione di attività sociali e politiche. Nel 1889 fondò l’Unione cattolica di Studi sociali, nel 1891 la Rerum Novarum di Leone XII lo rafforzò nell’impegno di approfondire gli studi sociali e le conseguenti iniziative. Nel 1893 fondò la Rivista internazionale di studi sociali e promosse, unitamente ad altri amici, una serie di iniziative che permangono fino ai nostri giorni.
L’insegnamento all’Università di Pisa, dove passò gran parte della sua esistenza, gli consentì di approfondire e diffondere gli Studi sociali. Per quanto riguarda le attività sociali il suo nome resta legato alla fondazione delle Settimane Sociali dei Cattolici, celebrate per la prima volta nel 1907. Non ebbe il tempo di vedere sorgere la Università Cattolica “S.Cuore” di Milano, fondata dal suo amico p.Gemelli nel 1921, ma si era adoperato perché a Varallo il suo amico, conte E. Varotti, facesse la prima donazione allo scopo di porre le basi economiche per un Istituto, centro propulsore di quella università (non a caso tuttora intitolato a Toniolo).
L’altra grande istituzione che vide il contributo di Toniolo fu la espansione della cooperazione e del sistema cooperativistico teso a sollevare i ceti deboli della società afflitta da un sistema capitalistico-liberista rapace per renderli protagonisti autonomi della loro stessa crescita economica, sociale e politica. Nel 1900, al Congresso di Parigi, pronunziò il discorso conclusivo in cui tesseva l’elogio della cooperazione intesa come espressione nobile della carità cristiana e della solidarietà umana. Il suo legame con don Luigi Cerutti, fondatore delle Banche Rurali ed Artigiane, oggi Banche di Credito Cooperativo, fanno pensare ad un collegamento, tutt’altro che solo ideale, tra lo studioso di Pisa e il prete vicentino. Il quadro dell’operosità di Toniolo non sarebbe completo se non si facesse cenno alla sua partecipazione, peraltro travagliata, ai movimenti ecclesiali come l’Opera dei Congressi (divenuta poi Azione Cattolica) e, in particolare, alla FUCI. Essa, fondata nel 1896, fu travolta dalle lotte interne dell’Opera dei Congressi e, quindi, sciolta da Pio X. Nel 1906, grazie all’intervento di Toniolo presso il Pontefice, l’associazione venne ripristinata e ne fu egli stesso presidente fino al 1910. Nel 1933 proprio per iniziativa della FUCI fu avviato il processo canonico per il riconoscimento delle virtù di Toniolo, riconosciuto prima ‘Servo di Dio’ e ora proclamato ‘Beato’. Tali Opere intestate a Toniolo sono oggi vive e attive. Basterebbe questo per dimostrare l’attualità di un ‘uomo’ vissuto quasi cento anni fa. Ma ci piace ricordarlo anche per le contraddizioni che Toniolo visse in quell’epoca travagliata e coglierne le suggestioni per l’attualità. Toniolo si adoperò perché i cattolici trovassero una modalità per partecipare alla vita politica del Paese condividendo, per una parte, e contraddicendo per un’altra, l’azione di Romolo Murri, che fondava in quegli anni il partito della Democrazia Cristiana. I ‘due’ erano amici, ma in Toniolo prevalse l’attaccamento al Pontefice, che in quel tempo si manifestò con l’irrigidimento delle sfere vaticane nei confronti del Murri. E così i rapporti tra di due amici cominciarono a muoversi, come scrive Ardigò nel suo G.Toniolo: il primato della riforma sociale (Cappelli editore, 1978), “in direzione l’una centrifuga all’altra” (p.23). Murri riteneva che “l’autonomia politica dei cattolici democratici era ormai una necessità che discendeva dal riconoscimento dello Stato italiano come espressione storica in cui le parti sociali potessero essere mediate …e solo così si poteva essere interpreti delle aspirazioni delle nuove leve più aperte del mondo cattolico” (Ardigò, p.23). Il Toniolo si fece interprete della linea di Leone XIII, ma il seguito della storia, anche della Chiesa (si ricordi Paolo VI e il Vaticano II), sembra avergli dato torto. Oggi commetterebbero lo stesso errore quanti pensassero di ridestare i tempi in cui visse Toniolo. Vissuto ai nostri giorni, forse Toniolo sarebbe stato fedele alla Chiesa del Concilio e avrebbe affrontato i problemi sociali e politici con spirito “laico” (come vuole il Concilio stesso), mentre alcuni credenti (forse anche la CEI), in nome di una ideologia di ‘presenza’ e di ‘dominio’ affermano il principio di “non-laicità”. La chance dei cattolici in politica (né ultima né unica!) non è più quella del Toniolo di quasi cento anni fa, ma quella della laicità, della libertà dello spirito e dell’autonoma responsabilità di ognuno per la realizzazione di un vero riformismo, senza nostalgie trasformistiche. Forse Toniolo sarebbe stato tra gli odierni cattolici. Ma la storia non si fa con i “se” e con i “forse”.
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