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Dalla prima stima pubblicata dall’Istat sull’andamento demografico della popolazione italiana si ricavano alcune impressioni sullo stato di “salute” della famiglia italiana. In particolare si evince dai numeri, ed è stato puntualmente segnalato dai quotidiani, che il numero delle persone che si sposa sta costantemente calando da anni.

Anche se occorre aggiungere che essendo più vecchia la popolazione è quasi naturale che ci siano meno matrimoni (sono i giovani che più facilmente convolano a nozze degli anziani), tuttavia si deve notare che alcuni non considerano essenziale per la vita di coppia questa istituzione, dato che aumentano i figli di conviventi arrivano al 18% contro il 12% del 2002. Alcuni analisti ci spiegano che in parte le persone rimandano la data delle nozze dopo la nascita del primogenito, oppure, come ha sostenuto in un’intervista la sociologa Chiara Saraceno: “può capitare che una coppia, in cui almeno uno dei due partner ha già un matrimonio finito male alle spalle, decide di avere un figlio ancora prima di riuscire tecnicamente a sposarsi”. Giustificazione valide, che però sottintendono senza esplicitarla una logica sottostante che sembra emergere in Italia secondo la quale il matrimonio è utile per i figli, ma non per la coppia. Se ne ricava l’immagine di una parte d’Italia che si rinchiude in se stessa, dove la vita affettiva è vissuta nel migliore dei modi come fatto privato tra due persone pronte a cambiare strada alla bisogna: senza rimpianti, amici come prima.
Immersi in questo sostrato emerge un punto cruciale della questione famiglia: la precarizzazione del legame di genere. Quando gli elementi della coppia mantengono aperta la porta, è difficile progettare un futuro comune senza la possibilità di affidarsi l’uno all’altro.
Se si vuole cambiare strada diventa essenziale, perciò, spogliare la famiglia di tante costrizioni ideologiche e culturali per evidenziarne i tratti imprescindibili, che si riconoscono nella storia quotidiana di una relazione continuamente in bilico, perché soggetta a mille trasformazioni a partire da quel processo irreversibile e profetico dell’emancipazione femminile, che richiede la ricerca di una nuova collocazione dei maschi in una società non più patriarcale ne tanto meno legata al male bread winner. Per dare slancio alla famiglia, allora, è indispensabile risignificare il nesso originario tra uomo e donna. Entrambe le metà del cielo, se vorranno costruire la famiglia del terzo millennio, hanno bisogno di ricercare vie nuove per promuovere un legame stabile tra i generi. Una sfida grande ma vitale per la società, in quanto rifondare l’alleanza tra uomo e donna getta le basi per costruire una cultura di parità nell’accettazione della diversità, che oggi non si limita a quella, già molto complessa, tra i sessi, ma si allarga a quella religiosa, etnica e culturale. Allora per impostare qualsiasi ipotesi relativa ad una politica familiare tout court (e non esclusivamente collegata alla crescita del tasso di natalità) è necessario scommettere sul vincolo di solidarietà tra uomo e donna.
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