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Proponiamo un’intervista realizzata a Yahya Sergio Yahe Pallavicini Imam della Moschea al-Wahid di Milano e Vice presidente della Co.Re.Is (Comuntà Religiosa Islamica Italiana)

1. In diverse occasioni ha espresso la sua condanna degli attentati terroristici di Parigi. Come interpreta ciò che sta accadendo? Perché si fa appello ad una religione per giustificare simili atti? Perché si continua a fare confusione tra Islam e terrorismo?

L’ignoranza della identità islamica e la dimenticanza della prospettiva religiosa contribuiscono alla confusione sull’onestà dei credenti musulmani rispetto alla criminalità dei terroristi. Anzi, proprio questi ultimi strumentalizzano questa ignoranza e questa dimenticanza per pretendere di avere una presunta legittimità come “giustizialisti religiosi”. In realtà la religione viene solo manipolata come copertura ideologica alle loro follie di potere. Termini come “combattimento spirituale del bene sul male” o rivendicazioni pretestuose sulla storia delle crociate o del colonialismo o del monopolio dell’autorità morale o economica vengono estrapolati dal loro contesto teologico, giuridico e culturale per fomentare una contrapposizione al “male assoluto” e immedesimarsi in modo esclusivo e totalitario con il “bene assoluto”. In realtà, di assoluto c’è solo una megalomania priva di fondamento religioso e civile.

2. Le chiedo di aiutarci a comprendere il rapporto tra Islam, religione e politica. Che cosa sta accadendo nel mondo arabo? Che origini ha la minaccia fondamentalista oggi espressa dall’Isis? In che misura rappresenta la fede islamica?

La dottrina islamica insegna ai credenti di agire con la responsabilità di vicari di Dio sulla terra. Questa responsabilità è un servizio nei confronti del prossimo inteso come membro della medesima o di una diversa famiglia, comunità religiosa, cultura e giurisdizione. La fede è lo strumento del servizio di adorazione al Dio Unico e la fratellanza lo strumento per sviluppare il bene comune. Il dialogo e la collaborazione rispettosa e costruttiva sono alcuni riflessi di questa fratellanza che tutela l’unità nella diversità dei cittadini e dei credenti. Gli amministratori del potere dovrebbero salvaguardare questi principi ma la corruzione dei sistemi politici e la decadenza della società provoca alcune rivoluzioni che rischiano di essere molto peggio dei mali da affrontare. Così dalla secolarizzazione nazionalista del mondo arabo abbiamo assistito alla crisi della “primavera araba” e dal fondamentalismo dell’islam politico e antisemita troviamo oggi la minaccia del terrorismo islamista. L’antidoto a questa degenerazione può essere rappresentata da una nuova corrente di intellettuali e religiosi musulmani occidentali che sappiano testimoniare i valori universali del sacro e l’autenticità delle interpretazioni tradizionali della dottrina in armoniosa e intelligente relazione con il contesto della società e delle Istituzioni Europee.

3. Si utilizza spesso, in modo inappropriato, il termine jihād identificandolo con quello di guerra santa. Ma quale è il significato autentico di questa espressione nella tradizione coranica? Il ricorso alla guerra è contemplato nel Corano? Con quali significati?

Jihad è il termine che definisce lo “sforzo spirituale”, la forza necessaria per far prevalere in se stessi il bene sul male, le virtù sui vizi. Il Profeta stesso, dopo aver condotto diversi suoi compagni al successo in alcuni combattimenti contro gli arabi pagani che lo perseguitavano, aveva raccomandato di abbandonare la lotta militare per consacrarsi alla lotta intellettuale contro le passioni dell’ego. In questi recenti decenni assistiamo invece ad una artificiosa “passione per la violenza” propagandata da un movimento armato e rivoluzionario che abusa del termine jihad e ne fa un uso che è persino contrario all’antico codice di onore in tempo di guerra che vietava di usare violenza a: donne, bambini, anziani, residenti, ambasciatori, prigionieri, ministri di culto, luoghi di culto, tombe e prescriveva sempre la priorità della misericordia e della giustizia tramite la ricerca di un accordo di pace.

4. Islam significa sottomissione a Dio nella pace. Che posto ha nell’esperienza religiosa musulmana l’impegno per la pace ed il dialogo interreligioso? Ci può parlare del suo impegno e di quello della Co.Re.Is italiana sul tema del dialogo interreligioso? Cosa serve oggi per superare le paure e aprirsi a un confronto che rispetti e valorizzi le diversità religiose e culturali?

La vita del musulmano osservante dovrebbe coincidere con un processo di pacificazione interiore e di armonia esteriore con il prossimo e il contesto in cui vive. Al contrario, alcuni musulmani pretendono di invertire la gerarchia naturale dell’insegnamento della tradizione preferendo di “cambiare il mondo” invece di “cambiare se stessi” e per provocare questo cambiamento, usano violenza contro se stessi e contro il mondo e l’umanità. La COREIS (Comunità Religiosa Islamica) Italiana si concentra in un lavoro di formazione intra-religiosa che permetta la maturazione di una prima generazione di referenti religiosi qualificati nelle scienze teologiche islamiche nel rispetto consapevole del contesto giuridico, sociale e culturale italiano. Parallelamente, compie un lavoro educativo e di promozione culturale su vari livelli di dialogo interreligioso con intellettuali e semplici fedeli e associazioni cristiane ed ebraiche per sviluppare una declinazione e una interdisciplinarietà tra famiglia, sensibilità religiosa, sviluppo accademico e professionale. Occorre imparare a superare pregiudizi, confusioni e falsi timori acquisendo una padronanza delle complessità e delle autenticità delle relazioni tra Oriente e Occidente, tenendo quindi presenti alcune questioni chiave: tradizione e modernità, laicità e pluralismo religioso e culturale, interiorità spirituale e responsabilità pubblica.

5. Lei è l’Imam della Moschea al-Wahid di Milano e per il suo ruolo di Vice presidente della Co.Re.Is ha intensi contatti con la comunità islamica di Roma che si riunisce nella Grande Moschea di Roma, sede del Centro islamico Culturale d’Italia. Come stanno vivendo i fedeli musulmani di Milano e di Roma la situazione attuale? Che sentimenti respira? Che tipo di iniziative state immaginando?

I fedeli musulmani vivono nelle grandi città italiane le tensioni della crisi e le alternanze degli umori faticando a trovare una dignità nel lavoro e nel rispetto della propria identità confessionale e culturale e subendo le fobie e le discriminazioni di una minoranza di italiani che generalizzano, con le loro demonizzazioni infondate, tutta la civiltà islamica. In realtà, la maggioranza dei musulmani che vivono in Italia è doppiamente colpita dalle atrocità del terrorismo islamista e molto distante da ciò che succede politicamente in un determinato paese africano o asiatico. Sono persone semplici concentrate nella sopravvivenza e nella costruzione di un avvenire per le proprie famiglie e vivono le difficoltà con fede e speranza consapevoli di una crisi peggiore nei propri Paesi di origine. Non hanno alcun interesse per la criminalità e condannano l’abuso che i terroristi fanno della nostra dottrina e fede religiosa. Sia la Grande Moschea di Roma che la moschea al-Wahid di Milano così come la COREIS insieme a molti altri centri islamici distribuiti sul territorio italiano – gestiti da musulmani immigrati dal Pakistan, Bangladesh, Turchia, Senegal, Marocco – compiono un importante lavoro a tutela proprio della preghiera come occasione di raccoglimento spirituale e conforto anche sociale. Come cittadini italiani musulmani, la COREIS cerca di favorire attività di promozione interculturale e scolastica che favoriscano scambi e la maturazione di una consapevolezza diffusa dell’integrazione tra culto islamico e cittadinanza e cultura italiana.

6. Nel messaggio per la giornata mondiale della pace del 2016 dal titolo “Vinci l’indifferenza e conquista la pace” Papa Francesco ha sottolineato come la pace sia minacciata dall’indifferenza globalizzata. Un invito che ci spinge ad assumerci la nostra responsabilità. Cosa pensa al riguardo?

Grazie a Dio, Papa Francesco riesce a richiamare le coscienze all’evidenza di alcuni errori dando la dimostrazione evidente di quello che la “scienza sacra” rappresenta. L’indifferenza è uno dei mali dell’anima dell’uomo contemporaneo perduto nel regno della quantità delle suggestioni inutili che lo rendono passivo e incapace di “intendere” i bisogni reali della persona, della natura e della sua funzione tra i mondi. Reagire a questa crisi interiore senza rivoluzioni ideologiche e rancori esistenziali ma ritrovando una conversione integrale alla vera religione è parte del messaggio dell’enciclica Laudato Si che invita anche a prendere coscienza e assumersi la responsabilità della cura della creazione. Come poter rimanere ancora indifferenti alla possibile scomparsa del nostro pianeta e restare chiusi nell’egoismo degli affari mondani e della proprietà personale? Tutte le autorità religiose devono sensibilizzare i cittadini, i credenti e i governatori verso questa prospettiva della vita senza la quale rischia di esserci solo la follia del consumo del nulla che avanza e rende le persone assuefatte alla loro insoddisfazione cronica. Forse la novità storica della comunicazione di Papa Francesco è il rinnovamento di un carattere universale che rende i suoi insegnamenti utili anche alle altre comunità religiose, riposizionando confini e giurisdizioni alla luce della crisi dell’uomo moderno e dell’urgenza di un risveglio e riorientamento spirituale.

7. Infine una domanda su Papa Francesco e il Giubileo della Misericordia. Come valuta il mondo musulmano l’operato di Francesco? Come giudica la scelta di indire un giubileo della misericordia? Che significato ha nell’attuale situazione sociale, politica e culturale? Il tema della misericordia che posto ha nella tradizione coranica?

C’è molto bisogno di Misericordia nel nostro mondo e per l’umanità contemporanea. L’apertura di porte sante è un simbolo di grande fede e speranza ma anche di grande carità, una carità che dobbiamo dedicare gli uni agli altri, senza sconti e sentimentalismi ma facendo prevalere il bene della preghiera per una intercessione profetica che ci salvi dalle nostre ipocrisie e dimenticanze di Dio. Dal Corano i maestri traggono grande ispirazione da un versetto che dice “il ricordo di Dio pacifica i cuori” e indicano la compagnia dei virtuosi e delle genti pie come sostegno alla fede pura. Dobbiamo pregare affinché la fratellanza tra i nobili servi in Spirito e Verità di ogni comunità religiosa si realizzi come illuminazione e irradiamento del Bene sulle forze dell’illusione. La grazia del Misericordioso è l’unica che può guidare al successo il lavoro di questi credenti per il bene comune.

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