L’invecchiamento attivo è una questione sociale che assume sempre maggiore rilevanza nelle società moderne. I concetti di invecchiamento attivo e di age managment si pongono come nuovi paradigmi in contrapposizione alle teorie che identificano l’età matura come una fase della vita in cui l’individuo necessita soprattutto di cura ed assistenza.

L’invecchiamento attivo è una questione sociale che assume sempre maggiore rilevanza nelle società moderne. In Italia a gennaio 2016 gli ultra 65 erano 13,4 milioni, il22% della popolazione totale e il 6,5% dei residenti ha un’età superiore agli 80 anni. Già oggi, secondo Eurostat, siamo il Paese con la maggiore percentuale di anziani d’Europa. Tra le politiche di active ageing si distingue l’age mamagement che si riferisce alle misure che sostengono l’occupazione lavorativa lungo l’intero arco della vita valorizzando il ruolo delle diverse generazioni d’età nelle organizzazioni.

Nel 2050 l’Istat (2017) prevede che in Italia gli anziani saranno 21.775.809, il34,3% della popolazione, passando quindi da un quinto ad un terzo dei residenti. L’aumento delle aspettative di vita e la contemporanea riduzione dei tassi di fertilità sono alla radice di questo cambiamento demografico così profondo che neppure politiche lungimiranti (si veda ad esempio il caso della Francia o della Cina), volte ad incoraggiare la natalità, sembrano avere successo o invertire il trend. La conseguenza è e sempre più sarà, un invecchiamento della forza lavoro a livello europeo e nazionale mai verificatosi in passato. In molti paesi, non solo europei, i lavoratori anziani costituiscono già ora il 30% o più della popolazione attiva.

Va sottolineato che in Italia il processo di invecchiamento della popolazione è tra i più rapidi dei Paesi OCSE: nel 2051 le persone con più di 65 anni erano solo l’8,2% della popolazione, mentre nel 2008 erano passate al 19,7 %. Contemporaneamente i tassi di fertilità sono profondamente diminuiti passando dal 2,5% nel 1971 all’1,35% nel 2006.

In prospettiva, dunque, l’allungamento della vita lavorativa rende urgente una politica di riqualificazione e di promozione dell’attività lavorativa per i lavoratori maturi al fine di ridurre situazioni di grave marginalità socio-economica. Il Trattato di Lisbona (GU dell’UE, C 306, 17/12/2007 ) dichiara per la prima volta la solidarietà intergenerazionale come uno degli obiettivi delle politiche europee ed il 2012 è stato proclamato “ Anno europeo per l’invecchiamento attivo e la solidarietà tra le generazioni”.

Anche la Strategia europea 2020 ribadisce il ruolo dell’invecchiamento attivo quale misura volta a favorire una crescita inclusiva, con un alto tasso di occupazione al fine di rafforzare la coesione sociale, economica, territoriale e l’equità intergenerazionale. Fondamentale è e sarà l’impegno dei governi europei a investire nella “manutenzione” delle competenze , nella modernizzazione dei mercati del lavoro anche attraverso l’utilizzo della formazione e dei sistemi di welfare volti a sostenere i cittadini nei numerosi processi di cambiamento della società e quindi a costruire una società più equa e coesa .L’obiettivo è quello di facilitare l’accesso , la partecipazione e le opportunità di crescita lungo tutto l’arco della vita per far fronte all’invecchiamento della popolazione e all’aumento della globalizzazione .

In questo contesto non si può che rafforzare quanto già stabilito dall’Anno europeo 2012 che aveva già preso in considerazione tre fondamentali dimensioni dell’invecchiamento attivo:

  • invecchiamento attivo nel mondo del lavoro. Incoraggiare, anche attraverso la predisposizione di misure di apprendimento lifelong, i lavoratori anziani a rimanere nel mondo del lavoro e a lavorare più a lungo anche se con tempi e modalità diversificate e flessibili;
  • partecipazione alla vita sociale. Consentire agli anziani di svolgere un ruolo attivo nella società evitando l’isolamento sociale e relazionale e i problemi ad essi connessi;
  • vita autonoma. Promuovere la medicina preventiva rendendo l’ambiente circostante (trasporti, sanità, tempo libero ecc… ) maggiormente favorevole agli anziani consentendo loro di rimanere autonomi quanto più a lungo possibile .

La coesistenza di queste tre dimensioni crea un processo virtuoso circolare che basa la sua forza su un modello di sviluppo che valorizza consistenti e benefici legami di comunità. Questa prospettiva trova conferma anche nell’Agenda europea 2030 per lo Sviluppo Sostenibile là dove afferma di promuovere la salute fisica e psichica per “estendere l’aspettativa di vita per tutti ….e garantire l’accesso ad un’assistenza sanitaria di qualità , senza escludere nessuno “ .  I documenti europei quindi considerano la persona matura una risorsa e il rimanere in buona salute contribuisce al bene della società in accordo con il principio della sussidiarietà orizzontale che potenzia la solidarietà tra generazioni. Tale approccio evita , tra l’altro , l’insorgere di conflitti intergenerazionali insiti in fenomeni in cui si verifica la percezione di una mancata equità sociale o , in ambito lavorativo , organizzativa.

In più occasioni la Commissione europea ha sollecitato i governi a potenziare la solidarietà tra generazioni trasmettendo competenze acquisite durante la vita lavorativa in chiave intergenerazionale.

I concetti di invecchiamento attivo e di age managment si pongono come nuovi paradigmi in contrapposizione alle teorie che identificano l’età matura come una fase della vita in cui l’individuo necessita soprattutto di cura ed assistenza.

Quali sono le misure intraprese dalle Istituzioni italiane per aiutare i cittadini a prepararsi ai profondi cambiamenti sociali in corso?

Tra le più rilevanti va menzionata la proposta di legge sull’invecchiamento attivo presentata dall’On.le Edoardo Patriarca nel 2016. In essa si afferma l’esigenza di coprire le varie dimensioni delle vita degli anziani: dalla sicurezza del reddito alla lotta alla discriminazione basata sull’età, dalla prevenzione della salute alla partecipazione ad attività di volontariato, dalla promozione di attività di apprendimento permanente all’impegno civico, dallo sviluppo di housing al prolungamento della vita lavorativa.

Lo spettro sembra ampio, tuttavia recenti ricerche condotte dall’INRCA (Istituto Ricovero e Cura a carattere scientifico per Anziani), evidenziano la difficoltà delle persone mature a pianificare il post-pensionamento e ciò richiede, in prospettiva, un maggiore impegno delle Istituzioni nella predisposizione di percorsi di transizione lavoro-pensione e viceversa e nella promozione e diffusione di una cultura “age friendley” .

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