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Il IX Festival della Dottrina sociale della Chiesa (Verona 21-24 novembre 2019), un grande incontro di popolo, avrà quest’anno come tema: Essere presenti. Polifonia sociale. La presenza vive perché e radicata in una comunità, non e rivendicazione di identità esclusive ed escludenti. La presenza e relazione, alimenta il necessario pluralismo sociale e culturale e allo stesso tempo ci protegge dallo sterile antagonismo e dalla subdola omologazione. E polifonia sociale….

Essere presenti

La Dottrina Sociale della Chiesa ha una base teologica e antropologica nella relazionalità trinitaria, e fedele alla ragione e alla sua guarigione da ogni riduzionismo, cerca di tenere insieme, in forma polifonica, quelle che sapientemente Romano Guardini definiva le “opposizioni polari”. La DSC tiene insieme fede e ragione, io e noi, ontologia e fenomenologia, riflessione e azione. Un pensiero sociale si inaridisce se non si incarna in una presenza sociale.

Il IX Festival della Dottrina sociale della Chiesa (Verona 21-24 novembre 2019), un grande incontro di popolo, avrà quest’anno come tema: Essere presenti. Polifonia sociale. Tutti abbiamo sperimentato cosa vuol dire la presenza nei momenti difficili della nostra vita. Sentirsi soli e percepire che qualcuno e con noi e il più grande dono che possiamo ricevere. Chi è presente invece di creare problemi li risolve, rifiuta gli slogan, si impegna per il bene comune. Questa vocazione interpersonale della presenza trova una sua naturale continuità anche nella dimensione sociale: costituisce la base su cui si sviluppa la vita comunitaria. La presenza vive perché e radicata in una comunità, non e rivendicazione di identità esclusive ed escludenti. La presenza e relazione, alimenta il necessario pluralismo sociale e culturale e allo stesso tempo ci protegge dallo sterile antagonismo e dalla subdola omologazione. E polifonia sociale.

Le parole della politica

Cosa vuol dire oggi essere presenti nella vita sociale e politica? Innanzitutto essere uomini e donne del fare e non delle chiacchiere. In secondo luogo assumersi delle responsabilità e non limitarsi al comodo ruolo di spettatori o di tifosi. Ma per rispondere in modo più profondo a questa domanda bisogna mettere in relazione moralità e politica, e poi verità e politica.

Nelle pieghe del linguaggio si nascondono significati profondi. Le parole sono pietre e spesso noi le usiamo per farci del male. Nella dittatura delle opinioni dove uno vale uno c’è sempre meno spazio per la competenza e per la verità. La moralità della politica non e, come spesso si crede, l’onesta. L’onesta e un prerequisito fondamentale per impegnarsi nel sociale e in politica. E troppi sono i corrotti che infangano la vita politica. Ma la moralità della politica e l’essere competenti, l’essere   presenti, la capacita di realizzare ciò che si promette agli elettori.

C’è bisogno di una ecologia del linguaggio e di un robusto fondamento etico dell’agire politico, affiancato da un sano realismo agostiniano. Oggi le parole che in politica risuonano con maggiore frequenza e ottengono la maggiore condivisione, sono due: sdegno e rivendicazione.

Lo sdegno e una pratica piena di risentimento misto a disprezzo, carico d’ira, e rancore, sfogo violento. Basta guardare i social. Lo sdegno non contiene nessun impegno per il cambiamento. In una celebre pagina della Bibbia il profeta Giona, di fronte alla confusione civile e morale di Ninive, manifesta il suo sdegno, e questo lo porta al rifiuto di un impegno in loro favore. Ma Dio lo richiama alla responsabilità verso le persone, gli animali e il creato. Di fronte alle situazioni concrete sempre piene delle contraddizioni frutto della fragilità umana, non serve stracciarsi le vesti o ritirarsi in un giudizio arrogante. Sono proprio le situazioni difficili che chiamano in causa la nostra responsabilità e il nostro impegno.

L’indignazione, può essere letta come sinonimo di sdegno, ma può avere invece un significato positivo se intesa come giusta rilevazione di ciò che offende il senso di umanità e di giustizia, (e l’indignazione santa di Fra Cristoforo per la persecuzione di cui Lucia era oggetto o quel di Mons. Romero contro gli “squadroni della morte”).

L’altra parola più gettonata in politica e rivendicazione. La nostra e l’età dei diritti. Di fronte a corruzione, violenze e discriminazioni, abbiamo maturato una giusta e planetaria cultura dei diritti umani che trae la sua radice nelle parole del Vangelo, e che trova riflessi nella cultura laica e illuminista.

Dobbiamo però riconoscere il rischio di un corto circuito per cui la giusta indignazione può scivolare in uno sterile e violento sdegno. I risultati di questo corto circuito sono sotto i nostri occhi. Idee strampalate in economia, ecologia all’ingrosso, catastrofismo, fanatismo morale, faziosità, giustizialismo sfrenato, l’abbandono di ogni sfera pubblica di dialogo (i corpi intermedi) che non siano il talk show e ubriacatura di fake news.

La crisi delle culture politiche

A livello planetario sono in crisi le principali culture politiche che, variamente combinate tra loro hanno dominato la prima fase dell’epoca della globalizzazione, dalla caduta del muro di Berlino (1989), alla grande crisi finanziaria (2008). L’idea della fine della storia, che impone di adeguarsi agli imperativi del mercato globale con il primato dell’homo oeconomicus sulla polis. Ma e in crisi anche l’idea che i processi mondiali debbano essere interpretati come “scontro di civiltà” che implica il ritorno al paradigma smithiano amico-nemico, ripiegamento identitario, dazi e protezionismo, nazionalismo.

Green economy, crescita sostenibile, nuovi modelli di consumo, voto con il portafoglio, economia civile, ecologia integrale, insomma tutti i temi fondamentali della Laudato si’ sono i temi al centro dell’agenda politica mondiale. Nuovo umanesimo, bene comune, principio persona, solidarietà e sussidiarietà, costituiscono le bussole di una presenza che voglia essere davvero efficace. L’Italia e un paese incapace di realizzare quelle riforme che tutti auspicano perché lo sdegno e la contrapposizione frontale tra le diverse parti politiche, l’incapacità di dialogo per il bene comune del paese, la tentazione di screditarsi a vicenda, le violenze verbali del dibattito politico, la demagogia e la mancanza di competenza sono l’esatto contrario della polifonia sociale.

Compromesso e approssimazione

E’ a questo punto che, andando avanti nella ricerca delle parole della politica, troviamo altre due parole che oggi hanno una pessima fama e che andrebbero riscoperte come base di una politica efficace, sono compromesso (che letteralmente significa “promettere insieme”) e approssimazione (che e la base del metodo scientifico che si avvicina alle scoperte per tentativi, insuccessi e progressive approssimazioni). Il compromesso e una parola che e stata demonizzata.

Il compromesso è sembrato un modo per deflettere dai propri valori e dai propri principi e annacquare la propria identità. Ne sanno qualcosa alcuni cattolici che si sono impegnati in politica. Compromesso e sembrato sinonimo di accettazione di qualcosa di inaccettabile per ragioni innominabili. La politica, in verità, e pluralità di punti di vista e ricerca di soluzioni che ottengano un adeguato consenso.

L’unica via perché vi sia rispetto della pluralità dei punti di vista diversi nella costruzione del bene comune e proprio il compromesso. In un bel libro dall’eloquente titolo Contro il fanatismo (vedi immagine) lo scrittore israeliano Amos Oz , sostiene che l’opposto di compromesso non e integrità ma e morte. E basta pensare all’infinito conflitto tra israeliani e palestinesi per capire il senso delle parole di Oz. L’assenza di compromesso genera morte, perché non c’e pluralità di punti di vista e non si trovano le soluzioni. A differenza dell’inciucio che viene di solito nascosto e in cui la ragione dell’accordo non e trasparente, il compromesso e ostensibile. E promettere insieme qualcosa e assolutamente morale.

Il concetto di approssimazione ha a che fare con la ricerca della verità. Popper diceva che le verità scientifiche sono verità approssimative. Questa espressione allude all’avvicinarsi alle prospettive di verità. Un nuovo diritto in via di formazione e il diritto alla verità, se ne occupano attualmente i filosofi ma dovranno occuparsene anche i giuristi. Il diritto alla verità fa parte dei cosiddetti “diritti aletici”. Il diritto alla verità e un tema trasversale, costituisce una premessa per l’esercizio di tutti i diritti.

Verità e politica

Che significa fare la verità in politica? E possibile esercitare l’azione politica rispettando il diritto alla verità? Ce compatibilità tra verità e una pratica efficace della politica che significa raggiungere risultati, ottenere successi. E una domanda fondamentale a cui non possiamo sottrarci. La parola verità e ricca di significati. Tutta la filosofia postmoderna, associando la verità alla metafisica e ai disastri che le “verità ideologiche” dei totalitarismi hanno causato, si basa sul rifiuto della verità. Per molti la verità divide, provoca guerre e rinfocola fanatismi. Mentre la solidarietà unisce. E questa la tesi del filosofo americano Rorty. Per altri la verità va relativizzata, fino al punto da negarla in uno sterile scetticismo.

Per noi la verità non e un oggetto, ma una persona, Gesù Cristo. E sappiamo che la verità ci fa liberi. Un grande teologo del novecento Hans Urs von Bathasar affermava che la verità e sinfonica. Oggi pero sembra che la rinuncia alla verità a causa del suo abuso ideologico, cominci a non soddisfare più tutti. Il tempo in cui viviamo e il tempo dei diritti. Ebbene tra i diritti che sembrano fortemente richiesti. C’è il diritto alla verità. Le fake news di cui e piena la rete sono la violazione del diritto alla verità. Ma cos’e il diritto alla verità? E’ il diritto ad una verità sinfonica, una verità che non viene oggettivizzata, ad una verità che non viene ideologizzata, ad una verità che non viene usata come clava per colpire gli altri. Una verità che favorisce il bene, l’ascolto e il dialogo.

Nella teoria dell’argomentazione si chiama “avvelenamento del pozzo” la procedura di delegittimazione che investe tutto ciò che una persona afferma. Di “pozzi avvelenati” e pieno il dibattito politico e la propaganda elettorale. Quanto più si impara a valutare gli argomenti e a conoscere la fragilità e insieme l’imprescindibilità della verità, tanto più si indebolisce il veleno che infetta la discussione politica. Come ricorda Franca D’Agostini nel suo libro “Verità avvelenata” il solco e quello tracciato dall’antico precetto di ispirazione socratica: insegnate ai cittadini ad argomentare bene, a seguire la dialettica dei concetti e prevarranno i migliori.

Su questo tema della verità bisogna essere umili. Papa Francesco parla di una teologia in ginocchio, di una teologia incompiuta, di un approssimarsi alla verità che e sempre fatica, umiltà, riconoscimento dei contributi che le più diverse realtà possono offrire.

L’enciclica sociale di Benedetto XVI Caritas in Veritate di cui celebriamo quest’anno il decimo anniversario e stata un grande contributo per una reinterpretazione del tema della verità. Senza carità non si dà verità. Noi possiamo approssimarci alla verità perché non la possediamo ma la desideriamo. Un tema fondamentale per l’esistenza umana e per la polifonia sociale: il desiderio di verità, di onesta, di autenticità. Il diritto alla verità nell’informazione. La difesa contro le menzogne che vengono amplificate dalla rete. Il diritto a non essere manipolati dalla rete nelle competizioni elettorali. La libertà nel dibattito politico.

La mitezza e lo spirito di dialogo come esigenze di verità. Il rifiuto di ogni verità che pretende di imporsi, col proselitismo o con la propaganda. Ma anche l’apertura alla scoperta della verità, la pedagogia della verità che ci guarisce dallo scetticismo e del nichilismo. Ho presente quel fondamentale testo di Pareyson, Verità e interpretazione, che, con finezza intellettuale ci aiuta a evitare gli opposti estremismi di una verità imbalsamata e fossilizzata che non sopporta interpretazioni e di una interpretazione che sostituisce i fatti e la verità (il celebre aforisma di Nietzsche “non ci sono fatti, ma solo interpretazioni”). La ricerca della verità non si pone in modo assolutistico ma come un poliedro da cogliere da tanti punti di vista.

Un pregiudizio duro a morire ritiene che parlare di verità significhi cedere all’oscurantismo e al dogmatismo. E purtroppo i sempre risorgenti fondamentalisti rischiano di dar ragione a questo pregiudizio. E frequente imbattersi in gruppi e comunità in cui un approccio alla verità autoritario e rigido, sostituisce L’esercizio della libertà di coscienza col gregarismo e con l’assimilazione di un linguaggio ripetitivo e standardizzato. La verità si basa sempre sulla liberta. E ogni forma di oppressione e di violenza nega in radice la verità. Tra la rinuncia alla verità degli scettici e la verità assoluta e ideologica degli invasati c’e spazio per l’umile, mite e paziente ricerca della verità. Delle verità ultime che solo la fede può schiudere e delle verità penultime, le verità scientifiche, le verità fattuali, le verità che desideriamo conoscere e che spesso ci vengono nascoste.

 

DSC e Costituzione

La politica deve conciliare radicalità dei principi e concretezza delle realizzazioni, attraverso quei compromessi e approssimazioni che ci aiutano ad andare avanti sulle strade della giustizia, della solidarietà e del bene comune.

Questa ricerca della verità in politica si colora dei valori della nostra Costituzione, che in larga parte coincidono con le fondamenta della DSC: il pluralismo sociale, la dignità della persona umana, il bene comune, la destinazione universale dei beni, i diritti individuali e i doveri sociali. Abbiamo bisogno di essere presenti. E abbiamo bisogno degli altri. Abbiamo bisogno di una compagnia e di una testimonianza. La radice cattolica dell’Italia, quella di Dante e di San Francesco, di Manzoni e di Rosmini, di De Gasperi e di Moro, e forse la più bella testimonianza di verità e di presenza che dovremmo recuperare per giungere, nel dialogo e nel confronto con le altre culture politiche, a nuove sintesi, come suggerisce il recente testo di Chiara Giaccardi e Mauro Magatti, La scommessa cattolica. Ecco il senso del Festival della Dottrina Sociale: un incontro di persone, un incontro di popolo, un incontro di presenze.

La sfida quest’anno è mettere insieme presenze diverse per passare dalla significatività individuale alla polifonia sociale.  Molti dei saggi del numero 3 della nostra Rivista approfondiscono il tema della presenza e della polifonia sociale da diversi approcci disciplinari. Il 5 settembre 2019 a Bologna Mons. Mario Toso ha introdotto la riunione del Comitato Scientifico della Società con una lectio magistralis (che pubblichiamo integralmente) sulla funzione scientifica della DSC. Il dibattito che vi ha fatto seguito a cui hanno partecipato, tra gli altri, il Presidente della Fondazione Toniolo don Renzo Beghini, il Presidente delle Acli Roberto Rossini, il Presidente del Rinnovamento Salvatore Martinez, il Direttore del Centro di Ateneo per la Dottrina sociale della Chiesa dell’Università Cattolica prof.ssa Simona Beretta, il Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali Stefano Zamagni, ha fatto emergere il ruolo della nostra rivista proprio come crocevia per connettere pensiero sociale a presenza sociale.

Nell’ambito del Festival della DSC, con la presenza di don Adriano Vincenzi che del Festival e l’organizzatore e l’anima, il 22 novembre 2019 alle ore 10.30 presso il Cattolica Center di Verona si svolgerà la riunione dei docenti che, nelle diverse discipline filosofiche, teologiche, giuridiche, economiche etc. approfondiscono sul piano scientifico i temi della DSC, la vivificano e la incarnano nelle sedi accademiche e nelle mutevoli situazioni della realtà contemporanea. Il tema che abbiamo scelto per questo simposio scientifico che e ormai tradizionale nel Festival, quest’anno e “Leadership, popolo e polifonia sociale”. E il saggio che pubblichiamo di Flavio Felice e una anticipazione dei temi che tratteremo. Una preziosa occasione anche per i nostri lettori che saranno a Verona per continuare a riflettere e…a essere presenti.

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