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Benedetto XVI non sarà più papa e, quindi, non più “Benedetto XVI” ma semplicemente “già papa Ratzinger”. L’inattesa decisione del pontefice presa in piena libertà, di fronte a Dio dopo aver pregato, di volersi dimettere da papa, è assolutamente nuova e presenta non pochi problemi alla chiesa che deve provvedere a sostituirlo. Non è più un papa che muore “e se ne fa un altro” (come dice un detto popolare), ma, quando vorrà Dio, un uomo che è stato papa.

Questo significa che non ci sarà più un ‘lutto mondiale’, ma semplicemente il lutto per una persona, benché famosa, che non c’è più. Ma altre questioni porrà l’evento oggi ‘storico’ e domani ‘normale’. Le dimissioni del papa fanno entrare la chiesa nella modernità e nella laicità, ed è un semplice avvicendamento di funzioni, come in qualunque altra istituzione umana: la chiesa è di origine divina, ma assume anche tutte le caratteristiche umane. Questo è stato un fatto inatteso e porrà (pone) molti problemi a quelli che rimangono e che dovranno provvedere alla sostituzione. A partire dal nome che il papa aveva scelto nel giorno della sua elezione: come si dovrà dire l’ex papa, “già Benedetto XVI”, ‘occupando’ un nome che non gli spetta più? Il pontefice che verrà dopo di lui sceglierà un nome, che poi dovrà lasciare o proseguirà nella tradizione come se nulla fosse? Ma una tra le più grandi conseguenze sarà costituita dalla ‘laicità’ del gesto papale riguardante l’entrata di tutta la chiesa nella più vasta area democratica. La chiesa era considerata l’istituzione che esprimeva ‘il potere assoluto’, il potere nelle mani di uno solo. Non che non ci fossero stati gesti che si rifacevano alla democrazia, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II: il Sinodo dei vescovi fino alle commissioni episcopali e diocesane con ampia partecipazione di clero e di laici. Ma erano gesti ‘quasi democratici’; ci si rifaceva sempre all’elemento sacramentale della ‘communio’ che si riferiva sempre al potere supremo del pontefice, unica autorità nella chiesa petrina. Ora la decisione del papa di dimettersi rafforza la democrazia, poiché, per esempio, la stessa infallibilità intesa come caratteristica unica del pontefice (anche se ex cathedra), deve essere interpretata più come indefettibilità che rimanda alla fedeltà comunitaria al Signore Gesù, che ha dato ‘le chiavi’ a Pietro e ai suoi successori perché “confermassero” nella fede i seguaci nel tempo. Viene in tal modo ad essere messa in discussione la decisione di Pio IX che volle concludere il suo travagliato pontificato con il dogma della infallibilità. Tutto fa pensare che in occasione delle dimissioni del papa e i successivi interventi –si pensi alle esortazioni ai fedeli del mercoledì delle ceneri in mattinata e soprattutto all’omelia dello stesso giorno- i problemi da risolvere fossero quelli dello IOR o quelli riguardanti il carrierismo di cardinali e vescovi o i segreti del papa rivelati : certamente sì, quelli sono stati fonte di dolore per il papa che hanno determinato la sua decisione. Ma non avrebbe senso se tutto fosse messo a tacere, magari facendo rotolare qualche testa. Bisognerebbe invece fare pulizia rimuovendo “la sporcizia” che incrosta la chiesa rendendo il suo volto sporco e pieno di rughe. E allora si dovrebbero rimuovere dal profondo tutte le difficoltà che impediscono al vangelo di giungere agli uomini nella sua forma genuina, con la forza che gli è propria del servizio, dell’amore e della gratuità. Appare sempre più evidente che non ha senso tutta l’impalcatura costruita attorno al pontefice ‘re’ e ‘signore’, con il seguito di cardinali-capi di congregazioni, veri e propri subalterni a disposizione del ‘re’ e anch’essi padroni assoluti delle decisioni prese, benché, a volte, da sottoporre al pontefice; una specie di ‘valvassori’. L’umiltà del pontefice che se va dovrebbe far pensare a tutte le ‘cose’ e a tutti i prelati che in questo momento stanno pensando e brigando per la sostituzione di Benedetto XVI. Bisognerebbe che riflettessero (e noi con loro) i cardinali e i vescovi sul reale significato del loro ministero di ‘servizio’ alla chiesa, rinunziando a ‘carrierismo’ e lacerazioni, che li divorano. E gli intrighi di natura politica che gli uomini della chiesa ordiscono per determinare le decisioni, che non spettano alla loro competenza e così poterne lucrare benefici economici. E le donne. È questo un tema che verrà alla ribalta e a cui bisognerà dare una risposta: non è possibile che oltre la metà dell’umanità, (e la stessa cosa si può dire della chiesa) sia e rimanga in uno stato di minorità. Le donne fanno parte del ‘popolo di Dio’, come lo sono i laici (maschi!) e il clero, originati tutti dal battesimo e tutti facenti parte del popolo “profeta, sacerdote e profeta”. Il Concilio, che i chierici (certi chierici!) si permettono di ‘interpretare’ e ‘rileggere’ ad usum delphini , lo ribadisce chiaramente con ricchezza di testi sacri, di testi della tradizione e dei Padri della chiesa. Il pontefice (ancora per pochi giorni) lo ha detto urbi et orbi e non è più possibile fare diversamente e continuare, passata la tempesta, come se nulla fosse avvenuto. Perciò è ‘storico’ il momento che stiamo vivendo tutti nella chiesa, cardinali,vescovi, preti e laici.

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