Al termine di un viaggio importante e atteso si fa sempre un bilancio sulla sua riuscita, su quanto sia servito per la causa prefissata. Se lo sarà chiesto anche papa Benedetto XVI sull’aereo che domenica sera lo ha riportato a Roma, dopo tre giorni trascorsi in Libano. Non un semplice viaggio ma una vera e propria missione per la firma e consegna dell’esortazione apostolica post sinodale Ecclesia in Medio Oriente (frutto dei lavori del Sinodo speciale per il Medio Oriente riunitosi in Vaticano nell’ottobre del 2010) e per parlare di pace e di convivenza in un momento particolarmente difficile per quelle regioni.
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Papa Ratzinger era partito da Ciampino venerdì mattina sapendo di dover parlare in un contesto politico, sociale e religioso nel quale arrivavano gli echi della guerra civile nella vicina Siria e della perenne instabilità nell’area israeliana.
Su questo pellegrinaggio di pace si allungavano anche le ombre cupe di due drammatici anniversari: il trentennale del massacro di Sabra e Shatila, i due campi per rifugiati arabi palestinesi alle porte di Beirut teatro di un’orribile carneficina, e l’undicesimo anno dall’attacco alle Torri Gemelle di New York.
Proprio in concomitanza con il viaggio, le violente manifestazioni in molti Paesi dell’Islam contro il film girato negli Usa e ritenuto fortemente offensivo per il mondo islamico tanto da innescare violente manifestazioni e attacchi a obiettivi americani, come quella ai danni dell’ambasciata a Bengasi nella quale è stato ucciso anche lo stesso ambasciatore.
L’ennesima dimostrazione della polveriera rappresentata da molte frange musulmane pronte, in nome del proprio Dio, a scatenare vere e proprie guerre di religione.
Situazioni differenti ma tutte armate dal fondamentalismo che, come ha sottolineato il papa nel consueto incontro con i giornalisti durante il volo, "è sempre una falsificazione della religione. Va contro l’essenza della religione, che vuole riconciliare e creare la pace di Dio nel mondo". Ecco uno dei compiti di papa Benedetto e di quegli uomini di buona volontà che, indipendentemente dal loro credo, si battono ogni giorno per la pace: "illuminare e purificare le coscienze e rendere chiaro che ogni uomo è un’immagine di Dio" e proprio per questo "la fede autentica non può condurre alla morte".
Il fondamentalismo dunque come habitat non solo di carenza di cultura ma anche di fede, come furia accecante che impedisce di rispettare l’uomo in sé, come immagine di quel Dio in cui si professa il proprio credo.
Lo ha ribadito più volte il successore di Pietro nel corso dei suoi incontri con le autorità politiche del Paese, con gli esponenti delle diverse religioni, con i giovani (presenti al raduno di sabato anche ragazzi musulmani e altri provenienti dalla Siria) che ha esortato ad "essere protagonisti del futuro del vostro Paese e occupare il vostro ruolo nella società e nella Chiesa".
Ecco che la fedeltà a Dio si traduce in una coerenza e in un impegno sul piano sociale, rifuggendo da quei richiami allettanti che rischiano si arrecare un "indebolimento del potenziale umano" e persino delle caratteristiche proprie del Medio Oriente.
Queste sirene rivolgono i loro canti particolarmente seducenti nelle situazioni di grave disoccupazione, di generale precarietà per il futuro, inducendo a solcare diversi mari pericolosi compreso quello della fuga verso altri Paesi. Esplicito, a questo riguardo, l’appello di Benedetto XVI che ha invitato i giovani a evitare di "assaggiare il «miele amaro» dell’emigrazione, con lo sradicamento e la separazione in cambio di un futuro incerto".
Non semplici raccomandazioni ma una riflessione propositiva su cosa possa essere fatto per i popoli che vivono situazioni di grave sofferenza. Quella che appare come la lettura più politica di papa Benedetto si rispecchia appieno nel messaggio di Dio sul rispetto della vita di ogni uomo. Per questo il primo indispensabile passo risulta lo stop a ogni guerra, non un facile proclama quello di papa Ratzinger ma l’invito esplicito a bloccare innanzitutto l’importazione di armi. "Invece di importare le armi che è un peccato grave – ha detto il papa – dovremmo importare idee di pace, creatività, trovare soluzioni per accettare ognuno nella sua alterità; dobbiamo quindi rendere visibile nel mondo il rispetto delle religioni, le une delle altre, il rispetto dell’uomo come creatura di Dio, l’amore del prossimo come fondamentale per tutte le religioni".
Nelle parole del pontefice anche un benevolo sguardo alla primavera araba come espressione di maggior libertà e democrazia ma senza cedere ad alcuna forma di intolleranza, lavorando quindi sulla più ampia cooperazione per il bene comune.
Un indirizzo che si chiama unità: "l’unità non è l’uniformità. La coesione della società è assicurata dal rispetto costante della dignità di ogni persona e dalla partecipazione responsabile di ciascuna secondo le sue capacità, impegnando ciò che di meglio vi è in essa".
Dunque il viaggio di Benedetto XVI ha raggiunto i suoi obiettivi nel mostrare innanzitutto questo leader religioso nelle vesti di "pellegrino di pace, come amico di Dio, e come amico di tutti gli abitanti di tutti i Paesi della regione, qualunque sia la loro appartenenza e il loro credo". Per questo ha sottolineato il pontefice "il mondo arabo e il mondo intero avranno visto, in questi tempi agitati, dei cristiani e dei musulmani riuniti per celebrare la pace".
Al di là delle immagini di questi tre giorni di incontri e cerimonie, rimane come linea guida il testo dell’esortazione post sinodale.
Un documento che offre a laici e consacrati, di qualsiasi credo religioso, strumenti a carattere umano, spirituale, pastorale, dottrinale per guidare il Medio Oriente verso gli orizzonti di una pacifica convivenza, ripensando "il presente per considerare il futuro con lo stesso sguardo di Cristo" e per "contribuire a spogliare la fede da ciò che la imbruttisce, da tutto ciò che può offuscare lo splendore della luce di Cristo".
Con un appello rivolto ai giovani, siano essi cristiani o musulmani, per il futuro del Medio Oriente: "La bellezza del Libano si trova in questa bella simbiosi. Bisogna che l’intero Medio Oriente, guardando voi, comprenda che i musulmani e i cristiani, l’Islam e il Cristianesimo, possono vivere insieme senza odio, nel rispetto del credo di ciascuno, per costruire insieme una società libera e umana".

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