E’ tragico quanto sta accadendo: far diventare la sicurezza percepita come reale. È tragico che qualcuno utilizzi messaggi forvianti e falsi per ricevere consensi immediati. I migranti non invadono, non rubano lavoro, non sono una minaccia per la sicurezza: bensì contribuiscono alla creazione di benessere per la società italiana…

E’ tragico quanto sta accadendo: far diventare la sicurezza percepita come reale. È tragico che qualcuno utilizzi messaggi forvianti e falsi per ricevere consensi immediati. D’altronde non abbiamo investito in, questi anni, per essere pronti ai cambiamenti locali, nazionali ed europei. Anche se ci chiediamo come sia possibile che le informazioni che arrivano sui nostri tavoli – l’Italia delle culle vuote; nel 2020 in Piemonte più pensionati che lavoratori; il peso dell’inizio del declino demografico: i 30-34enni odierni che nel 2027 non saranno sufficienti a sostituire la generazione precedente di lavoratori – non ci costringano ad immaginare soluzione su come affrontare i cambiamenti prossimi in un clima di sicurezza reale.

La “paura degli immigrati“genera una domanda di sicurezza molto ampia che riguarda la trasformazione e la riorganizzazione fisica e sociale delle città e la qualità dei rapporti umani.

Non ci ha insegnato nulla quanto hanno vissuto, una decina di anni fa, alcuni quartieri delle città francesi? È mancata, in questi anni, una progettazione di politiche in grado di tener conto che l’immigrazione è il catalizzatore di diverse insicurezze. È mancata in questi anni la progettazione di politiche capaci di tener conto che l’immigrazione può essere il catalizzatore di diverse insicurezze: politiche in grado di affrontare la paura degli immigrati come prodotto di fattori culturali, psicologici e mediatici. Politiche che, a partire dai contesti locali, incentivino processi di comunicazione e di conoscenza, che stimolino forme di partecipazione, di inclusione, rispetto dei diritti e dei doveri. Per esempio, sarebbe stato importante –  ed è oggi più che mai urgente – progettare interventi mirati all’educazione alla legalità, alla cittadinanza ed alla reciprocità con le comunità dei paesi di provenienza dei migranti.

 

Porti chiusi, aeroporti aperti.

Lo straziante messaggio di Pham, la ragazza vietnamita finita nel container della morte a Londra, e le dichiarazioni dei genitori che ammettono di aver investito quasi 30.000 dollari per il viaggio della speranza ci fanno capire quanto ci sia un’ingiustizia globale non ignorabile.

Non si tratta di chiudere i porti, ma di aprire gli aeroporti. Non in modo anarchico ed irresponsabile, ma con grande senso di realismo rispetto al futuro dei nostri figli italiani, europei, africani, asiatici. Spesso mi è capitato di considerare, durante le presenze nei villaggi africani, lo scambio con genitori e comunità locali che si indebitavano per permettere il viaggio della speranza che si trattasse di paternità e maternità responsabile. Come è capitato a molti di noi. Mio bisnonno è nato nel Veneto. Mio nonno in Brasile. Mio padre nel Veneto. Io in Francia: Paese che ho lasciato all’età di undici anni. Le nostre figlie sono nate a Torino. Un caso concreto tra i tanti italiani figli delle guerre e delle povertà.

L’Africa deve affrontare la questione delle migrazioni, soprattutto quelle interne: infatti il 75% della mobilità umana – che coinvolge circa 24 milioni di persone –  avviene all’interno del continente africano. Inoltre le Nazioni Unite che nel 2050, tra trent’anni, la popolazione africana raggiungerà i 2,4 miliardi, raddoppiando il numero attuale. Europa e Africa devono, quindi, progettare in modo costruttivo soluzioni per un comune futuro. Più facile a dirsi che da farsi.

Spesso mi viene rivolta una domanda: “le vostre associazioni sono per un’accoglienza senza limiti?” La domanda è sbagliata. La domanda giusta è: “Come ci stiamo attrezzando per affrontare lo scenario futuro?”.  Con urgenza, purtroppo.

L’incontro con la diversità può fare paura e abilmente qualcuno la cavalca con la logica della gestione del potere nell’immediato. Affrontare in modo costruttivo e responsabile le sfide del futuro è altra cosa. È irresponsabile una politica che porti allo scontro. È responsabile una politica capace di assumere dei programmi di interessi comuni tra noi e i Paesi dell’Africa per i prossimi decenni.

È, soprattutto, responsabile che ci formiamo al cambiamento e alla reciprocità, che ci educhiamo alle relazioni con la diversità, che ci predisponiamo ad assumere una politica di sicurezza nazionale e territoriale che non sia quella di armare i cittadini e di diffidare di chiunque. Un impegno grande da perseguire per il bene comune dei nostri figli, siano che siano italiani che africani.

Valorizziamo le mille esperienze positive esistenti e facciamole diventare programmi di Governo nel rispetto di quanto prevede la Legge di cooperazione allo sviluppo del nostro Paese.

 

Appello al Parlamento Europeo

Per una migrazione regolata e sicura che abbia come obiettivo finale il bene comune sono determinanti le scelte politiche. Sono in tanti a proporle, una tra le più recenti quella curata dal Masci e Focsiv rivolta al Parlamento Europeo: si tratta di un appello consegnato nel mese di ottobre di quest’anno.

 Ecco gli 8 punti delle proposte:

  • addivenire al più presto alla riforma del Regolamento di Dublino e alla creazione di un sistema di asilo europeo condiviso e solidale tra tutti i paesi membri;
  • riconsiderare i migration compact o “Patto sulla Migrazione” per condividere la solidarietà verso queste persone, evitando di creare zone cuscinetto ove contenere i migranti, vere forme di nuovo apartheid;
  • sostenere con più vigore i programmi della società civile e le iniziative di integrazione, in tutta Europa;
  • agire con migliori operazioni transnazionali per bloccare i trafficanti di essere umani;
  • prevedere migliori canali regolari per le diverse forme di migrazione, da quelle per motivi di lavoro a quelle per ricongiungimenti familiari;
  • moltiplicare le attenzioni per i diritti dei minori non accompagnati valorizzando il ruolo della famiglia, non solo in Europa, ma anche nei paesi di transito e con i paesi di origine;
  • investire sui giovani per promuovere l’interculturale, l’inclusione sociale ed economica;
  • tutelare i diritti delle minoranze migranti contro forme di xenofobia e razzismo.

 

Dalla cooperazione alla reciprocità

La storia degli 86 organismi Focsiv sta a dimostrare l’impegno negli ultimi 60 anni di partenariati reali con le forze vive delle comunità locali e delle istituzioni in azioni di cooperazione allo sviluppo tese a sostenere il diritto a rimanere e a vivere con dignità nella propria terra e a offrire opportunità di emancipazione per tutti. È necessario continuare.

Forse sarebbe anche necessario comunicare meglio che quanto facciamo serve e come sia importante innovare. Ad esempio, valorizzare le migrazioni per lo sviluppo italiano e dei paesi di origine, ossia valorizzando le competenze delle diaspore.

È dalla consapevolezza che le competenze professionali delle diaspore possano essere una risorsa concreta per lo sviluppo dei contesti di partenza, oltre che della stessa Italia, che è nata l’idea progettuale di Focsiv.

I migranti, infatti, non invadono, non rubano lavoro, non sono una minaccia per la sicurezza: bensì contribuiscono alla creazione di benessere per la società italiana e per le comunità di origine se esistono regole e politiche mirate alla valorizzazione della dignità umana di tutte e tutti.

Molti migranti portano con sé competenze professionali o le acquisiscono in Italia, grazie a percorsi di istruzione e formazione e queste capacità, una volta individuate, possono essere valorizzate e risultare preziose per contribuire allo sviluppo economico e sociale italiano, così come al miglioramento delle condizioni di vita delle aree rurali ed urbane.

Una prima iniziativa in tal senso è stata avviata con la condivisione dell’Associazione degli Ingegneri Africani, di Enea, della Regione Marche, di alcuni degli organismi Focsiv (Comi, Cps, Cvm) impegnati in Costa D’Avorio, Etiopia, Senegal, avvalendosi di un cofinanziamento del Ministero dell’Interno Italiano. Una prima esperienza positiva che tende a tessere relazioni permanenti e durature tra i nostri paesi.

Per dare concretezza a quanto prevede l’articolo 1 della Legge italiana di Cooperazione allo Sviluppo: “ La cooperazione internazionale per lo sviluppo sostenibile, i diritti umani e la pace, di seguito denominata «cooperazione allo sviluppo», è parte integrante e qualificante della  politica  estera dell’Italia […] La sua azione, conformemente al principio di cui all’articolo  11  della Costituzione,  contribuisce  alla  promozione  della  pace e della giustizia e mira a promuovere relazioni solidali e  paritarie  tra  i popoli fondate sui principi di interdipendenza e partenariato”.

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