Non ci rassegniamo anche perché siamo vivi e forti e le nostre voci, unite a quelle dei bambini e bambine, rappresentano presente e futuro, parte di un’Italia che è già molto più avanti e che pretende il voto di questa “riforma di civiltà”.

Di giorno in giorno gli “Italiani senza cittadinanza” vedono sfuggire la possibilità di essere considerati pienamente parte del proprio Paese a causa di un Senato che continua a considerare bambini e bambine cresciuti in Italia, spesso anche nati, come sacrificabili. Un anno fa la motivazione era stata il referendum costituzionale, poi un Congresso di partito, poi le elezioni amministrative e ora, sorpresa (!), le elezioni politiche.

Davanti agli occhi di noi diretti interessati il 17 ottobre si era già consumato uno degli ennesimi rinvii delle nostre vite. La riforma della legge per l’accesso alla cittadinanza italiana, ius soli temperato e ius culturae, era nuovamente slittata finno all’Isola che non c’è della politica italiana, un pantano dove gli alunni di oggi, 815mila, ed ex alunni, dovrebbero restare congelati mentre senatori e senatrici si dedicano ad altro. Che ad ottobre erano state la celebrazione di Cristoforo Colombo e la giornata della dieta mediterranea e successivamente 24 la nuova legge elettorale.

Oggi il rinvio è motivato, in Senato, dalla legge di Bilancio e, apprendiamo da più fonti, forse dalla legge sul biotestamento. Tra qualche settimana la giustificazione saranno il Natale e l’anno nuovo e dopo? La Befana e naturalmente il rinnovo del Parlamento, perché saranno trascorsi 5 anni dalle promesse elettorali della precedente campagna per le politiche. Ma siamo stanchi di aspettare. Mentre crescevamo ci hanno abituato e quasi assuefatto alla canzoncina del “pazientate, prima o poi toccherà anche ai vostri diritti” e “verrà sancito l’ovvio per legge: chi cresce in Italia, nelle scuole italiane, è italiano”. Ma oggi siamo allo stesso punto e l’elemento di novità e giustizia per un milione di bambini, adolescenti e adulti non riconosciuti, la riforma, giace ancora ostaggio delle dinamiche dei grandi Palazzi e della nuova campagna elettorale.

Sono già trascorsi due anni dal voto alla Camera e un anno dalla fondazione del nostro movimento, quando manifestammo nelle piazze di diverse città come “fantasmi per legge” e mostrammo le nostre foto scolastiche sulle prime pagine dei giornali e da allora troppo poco è stato fatto dai responsabili. Siamo tornati più volte in piazza e sulle pagine dei giornali, l’ultima il 13 ottobre da noi proclamato Cittadinanza day, insieme agli alunni di oggi, agli insegnanti, ai genitori e alla società civile, davanti alla Camera e a pochi passi da Palazzo Chigi. Una bellissima festa di piazza che invocava a gran voce il riconoscimento della realtà delle scuole italiane, dove bambini e bambine di diverse origini crescono tutti insieme ma ancora non davvero eguali. Da lì abbiamo ascoltato ancora dichiarazioni di buone intenzioni, anche dello stesso presidente del Consiglio, ma il voto “entro l’autunno” si è trasformato in un voto “entro la legislatura”. E si prova da più parti a scaricare le responsabilità, a trovare i colpevoli dell’ennesimo rinvio di una Riforma che piace, ma non abbastanza, che interessa i bambini d’Italia, sì, ma non sentiti fino in fondo come propri da chi ne deve decidere le sorti. Ci stanno forse preparando al “non c’è abbastanza tempo”, e al ritentate la “fortuna” al prossimo giro? Ma le nostre vite non sono una giostra, non lo sono mai state perché viviamo appesi ad un filo troppo sottile, chiedendo il permesso per ogni giorno trascorso in questo nostro Paese.

Il compito di un bambino, si sa, è quello di crescere. Mentre quello di un adulto è di creare le condizioni migliori per lo sviluppo dei più piccoli e dare il buon esempio. Assurdamente oggi sono gli alunni ed ex alunni a dare il buon esempio indicando la strada perché la legge accompagni al meglio la realtà, mentre gli adulti per eccellenza, i senatori e membri del Governo, si rifiutano di crescere, mostrando le giustificazioni per i compiti non fatti, attraverso i propri “diari” dalle aule del potere, comunicati e dichiarazioni ai media. Ecco, noi vorremmo che l’ordine venisse ristabilito, che gli adulti tornassero a dimostrare di essere responsabili di tutti i bambini e bambine d’Italia e che i più piccoli potessero dedicarsi all’ardua impresa di incamminarsi verso l’età della ragione in un Paese giusto e sereno, capace di tutelarli fino in fondo.

Una cosa è certa: di fronte ai calcoli elettorali mascherati da paure, noi diretti interessati non resteremo ad affogare nel pantano zitti e buoni, capro espiatorio per l’eternità. Non ci rassegniamo anche perché siamo vivi e forti e le nostre voci, unite a quelle dei bambini e bambine, rappresentano presente e futuro, parte di un’Italia che è già molto più avanti e che pretende il voto di questa “riforma di civiltà”. Un’Italia che continuerà a crescere e che i grandi Palazzi dovrebbero imparare a guardare e ad ascoltare da vicino e non a sfinire, di rinvio in rinvio, né a dimenticare. Il futuro è già qui e bussa alla porta.

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