Non credo ci siano stati altri periodi della storia italiana nei quali i cattolici sono stati così “desiderati”. I motivi sono sostanzialmente tre: l’ assenza di un loro partito politico (l’assenza sviluppa spesso nostalgia e desiderio mentre la presenza costringe a confrontarsi con la prosa della realtà), gli esiti dell’era berlusconiana la cui responsabilità più grave (più ancora della scarsa capacità di risolvere i problemi) è l’aver provocato il crollo del capitale sociale del paese e, infine, la crisi finanziaria globale che rappresenta il capolinea di un certo modo turbocapitalista di concepire il mercato.
Tramontate le illusioni di una spontanea virtuosità dell’interazione tra gli egoismi dei singoli, di regole ottimali che da sole sarebbero in grado di trasformare i vizi privati in virtù pubbliche, la crisi politica italiana e quella finanziaria globale hanno fatto capire un po’ a tutti che, prima ancora delle buone regole e dei buoni politici, è necessario seminare per alimentare la crescita delle virtù civiche e morali che sono il fondamento indispensabile di un paese virtuoso.
Questo momento particolare della storia coincide anche con una ritrovata creatività culturale e di pensiero. Sostituendo ai vari riduzionismi la ricchezza di un’antropologia personalista in diversi campi del sapere il pensiero cattolico sta generando frutti importanti. In economia ad esempio, mettendo in luce come lo stimolo delle virtù sociali e relazionali dei cittadini è in grado di generare sia senso per la vita privata che fertilità sociale. Affermando il valore e la vitalità di iniziative dal basso della società civile in grado di costruire la terza gamba del privato sociale di mercato assieme a quelle tradizionali del privato massimizzatrice di profitto e del pubblico statale.
Il dilemma di Todi è con quali prossimi passi capitalizzare questo credito, o meglio, come contribuire ulteriormente e più incisivamente alla speranza di rinnovamento del paese. Il cardinale Bagnasco ha lodato la capacità di seminare nel prepolitico ma per alcuni autorevoli partecipanti all’incontro l’urgenza dei tempi richiede la nascita immediata di una forza politica. Dall’altra parte una posizione, per ora maggioritaria, che si compiace dell’aumentata capacità di fare massa critica e ritiene che si possa essere lievito pur non costruendo una forma partitica propria.
Un modo per fare un passo in avanti che può mettere d’accordo entrambi è quello di lavorare assieme per trasformare la comune ispirazione e i comuni valori in una piattaforma di proposte politiche concrete (qual è la finanziaria delle forze espresse dal forum ? La politica ottimale per la riduzione del debito pubblico ? Quali proposte per la scuola, la famiglia, il fisco ?) Chi scrive ha l’impressione che, paradossalmente, sia più facile trovare unità su questo che dovendo ragionare della collocazione di un’eventuale nuovo partito politico. Ma siccome, dopo il primo entusiasmo del ritrovarsi tutti assieme, l’unità può crescere solo se si lavora su progetti concreti, questo primo passo può al momento mettere d’accordo le due diverse posizioni.
Il contributo dei cattolici in politica
La cosa che mi ha fatto più impressione dell’incontro di Todi e di ciò che è avvenuto alla sua vigilia è la dichiarazione di un laico come De Bortoli (il direttore del Corriere della Sera) che afferma che il paese ha enorme bisogno del contributo dei cattolici, del loro modo di coltivare e promuovere valori di libertà e solidarietà, della loro visione equilibrata (né troppo statalista né troppo privatista) del rapporto tra persona e istituzioni.
rn
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