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L’accordo – quadro che riforma le regole e le procedure della negoziazione e della gestione della contrattazione collettiva può costituire un vero crinale storico per la società italiana. Piuttosto che i rilievi di tecnica sindacale o di tattica politica (pur presenti e significativi) meritano di essere evidenziati qui alcuni aspetti di fondo che rischiano di passare inosservati, ma che possono costituire davvero i presupposti di un passaggio importante per un nuovo impegno della società civile organizzata e per il bene comune del nostro Paese.

Esso, infatti, sollecita gli attori sociali a una maggiore animazione delle relazioni di lavoro nella direzione di corrispondere al governo dell’attuale dinamismo socio-economico.
In particolare, l’accordo impegna i sindacati a una maggiore rappresentanza associativa (vedi l’ultimo numero della rivista “Sindacalismo”) laddove l’uomo lavora (il territorio e l’impresa) e spinge verso virtuose prospettive di “relazioni industriali” tra le parti sociali, indirizzandole verso una maggiore partecipazione e responsabilità; infine, favorisce l’evoluzione verso rapporti tra la società civile organizzata presente nel mondo del lavoro e rappresentanza politica che siano più consapevoli dei differenti piani d’azione e delle (così fondate) dinamiche di interdipendenza della realtà economico –sociale e di quella politica.
E’ ormai evidente che per poter sviluppare una adeguata strategia sindacale contrattuale e concertativa necessita una più radicata presenza associativa sindacale nei posti di lavoro. Ecco, perché sembra giunto il momento per favorire un impegno organizzativo e culturale che rilanci la presenza associativa solidale nei posti di lavoro. Poiché il contesto merceologico e settoriale in cui si colloca l’attuale rappresentanza sindacale appare sempre più indefinito e mutevole, le esigenze di tutela collettiva si fanno vieppiù specifiche e mirate se si vuole scongiurare il pericolo di un rapporto diretto/individuale azienda-lavoratore. Si torna a discutere di rappresentanza associativa e, in tale prospettiva, della partecipazione dei lavoratori alla formazione delle decisioni dell’organismo cui sono associati. Occorre impegnarsi decisamente nel suscitare una maggiore vitalità di associazione sindacale sul posto di lavoro, nelle imprese e nel territorio.In tale cornice è pensabile e auspicabile proporre azioni formative che accompagnino un piano di sindacalizzazione dei lavoratori attivi, nei settori tradizionali e dei nuovi lavori.
Nel contesto delineato dall’attuale evoluzione economico-sociale e politico, nessun partito o governo democratico, oggi, potrebbe coltivare un serio interesse nel mortificare le dinamiche associative di una radicata rappresentanza sociale, nella quale si riverbera una domanda politica che necessita ascoltare per non abbandonare in mano a derive populiste la “voce” dei lavoratori che aspirano a una maggiore cittadinanza sociale.
Nessun imprenditore nei paesi avanzati, impegnato a ridurre i rischi della propria intrapresa, avrebbe giovamento a piegarsi a ulteriori vincoli di legge che irrigidissero le relazioni industriali, con la prospettiva di aprire ulteriori varchi a radicalismi sociali e conflittualità non mediati. Nessuna organizzazione sindacale vivace potrebbe accettare di rinunciare alla legittimazione che gli viene dalla libera adesione dei lavoratori e dall’esercizio della rappresentanza di mandato che da essa deriva; diversamente ammetterebbe che le aspirazioni di tutela di ciascun lavoratore non sono più origine e fine della propria esistenza, prima ancora di certificare in questo modo l’inefficacia della propria azione collettiva.
Attraverso la via degli accordi e della negoziazione si potrebbe avviare un faticoso, ma necessario sforzo di formazione di una regolazione sociale matura, capace di produrre consenso e gestire i dissensi di minoranze irresponsabili. Finalmente ci si incammina lungo la strada della contrattazione decentrata, come è stato a lungo richiesto dalla CISL e da molto sindacati. Le rimostranze della CGIL sulle condizioni per una (sempre ulteriore) modifica dell’ultimo momento, dopo anni di discussioni, presentate per sostenere il rifiuto della firma all’accordo, velano appena serie difficoltà culturali e politiche. Tuttavia, le personalità più acute al suo interno sanno bene che il cuore dell’esperienza sindacale è l’attività contrattuale e che solo dove il sindacato ha realizzato un radicamento sociale esso può aspirare a rappresentare il mondo del lavoro.
Occorre considerare, dunque, con attenzione e con lucidità gli obiettivi del nuovo sistema, considerando l’efficacia delle interrelazioni tra livelli diversi e le condizioni di passaggio da un sistema all’altro. Affermare la libertà per i lavoratori e per le imprese di dotarsi di adeguati strumenti di rappresentanza autonomamente scelti e perciò in grado di svolgere un’efficace attività contrattuale significa imboccare una strada difficile; l’unica, tuttavia, adeguata alla realtà di profonde e continue trasformazioni nel mercato del lavoro e nel sistema di relazioni industriali.
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