|

di Paolo Affatato*
rnLa storia di una contadina di fede cristiana divide il Pakistan. E diventa simbolo di una battaglia di civiltà, libertà e democrazia. Asia Bibi, 45enne bracciante del Punjab, sposa e madre di 5 figli, è la prima donna condannata a morte in Pakistan per il reato di “blasfemia”, che prevede l’ergastolo o la pena capitale per l’insulto al Profeta Maometto o al Corano. Un tribunale si è pronunciato contro di lei nel novembre scorso, anche se la donna si è sempre proclamata innocente.

Asia è vittima di una legge (di fatto sono due articoli del Codice Penale pakistano) che genera abusi e discriminazioni ed è utilizzata per colpire avversari o per vendette personali. Basta una testimonianza (falsa o artefatta, come nel caso di Asia) è si può finire sulla forca.
Ma la tragica vicenda di Asia Bibi – in carcere da un anno e mezzo, mentre si attende il processo di appello – non è passata inosservata. La società civile nella Repubblica islamica del Pakistan – dotata di un Costituzione che riconosce libertà di fede e diritti delle minoranze – si è mobilitata e ha trovato ben presto forti appoggi internazionali: anche il Papa e il Ministro degli esteri italiano Franco Frattini hanno speso parole per la salvezza e il rilascio di Asia Bibi. La rete dei “Cittadini per la democrazia”, che raccoglie decine di associazioni pakistane, di ogni ispirazione e matrice, ha colto l’occasione per rilanciare il progetto di revisione della controversa normativa sulla blasfemia. D’altro canto, però, un’alleanza trasversale di gruppi radicali islamici, la “Majlis-e-Tahafuz-e-Namos-e-Risalat” (“Alleanza per difendere l’onore del Profeta”), è contraria al rilascio di Asia Bibi, definita “donna blasfema”, e vieta ogni proposta di modifica della legge.
La società sembra polarizzata e anche le istituzioni come il Parlamento e il Presidente Ali Zardari sono sotto pressione: i militanti minacciano l’anarchia e hanno perfino messo un taglia su Asia Bibi e sul Ministro per le Minoranze, il cristiano Shabhaz Bhatti, che l’ha difesa pubblicamente.
Per questo in Italia i parlamentari, il mondo cattolico, altre comunità religiose, la società civile, hanno annunciato una manifestazione di solidarietà che si terrà a Roma il 26 gennaio 2011. Gli organizzatori – fra i quali la “Associazione Parlamentari Amici del Pakistan” (con oltre 100 membri di tutti gli schieramenti), Amnesty International, la Comunità di Sant’Egidio, TV2000 – chiedono libertà e giustizia per Asia Bibi; abolizione o revisione della legge sulla blasfemia in Pakistan; rispetto dei diritti umani fondamentali.

*Responsabile della redazione Asia nell’Agenzia di stampa vaticana Fides

Benecomune.net e la Fondazione Achille Grandi per il Bene Comune aderiscono all’iniziativa del 26 gennaio.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!

FACEBOOK

© 2008 - 2024 | Bene Comune - Logo | Powered by MEDIAERA

Log in with your credentials

Forgot your details?