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fidando sull’azzardo di prezzi immobiliari stabili o crescenti, che avrebbero mantenuto elevato il valore della parte dell’immobile già posseduta dai mutuatari e posta a garanzia. Le banche vendono i propri mutui ad un’istituzione finanziaria terza assicuratrice trasferendo su di essa il rischio di fallimento del cliente. Questo intermediario si trova in possesso di un gran numero di mutui e li “cartolarizza” creando attività derivate (mortgage based securities o MBS) apparentemente più sicure. La diversificazione, si ritiene, dovrebbe funzionare perchè il rischio di un singolo mutuatario viene considerato incorrelato col rischio degli altri e quindi non in grado di incidere sul valore dell’MBS. L’errore tecnico è l’aver ignorato una fonte di rischio sistematico non diversificabile rappresentata dal livello dei prezzi degli immobili: se questo crolla tutti i mutuatari vanno in difficoltà e il valore del titolo derivato precipita. Esattamente quello che succederà poi. Gli intermediari finanziari intanto comprano a man bassa gli MBS. Si sviluppa contemporaneamente un ampio mercato di CDS (credit default swap) con i quali una controparte assicura un possessore di MBS dal rischio di fallimento.rn
Le agenzie di rating benedicono l’operazione degli MBS (nei quali mutui subprime sono mescolati a mutui meno rischiosi) con il massimo dello standing creditizio innescando processi di amplificazione delle masse in circolazione. Alcune cifre ci aiutano a capire. A fronte del valore dei mutui sopra citato i valori di mercato dei due tipi di derivati sono superiori. Il mercato degli MBS triplica di valore dal 1997 al 2006 arrivando a 7,3 trilioni (migliaia di miliardi) di dollari. Il valore dei CDS arriva a 47 trilioni di dollari nel 2008. La regolamentazione è minima. Non esiste una stanza di compensazione dove qualcuno possa onorare l’obbligo di pagare chi si assicura dal rischio di fallimento dei mutuatari (comprando i CDS) se l’assicuratore (che vende i CDS) non è in grado di assolverlo.
Senza i titoli derivati (MBS e CDS) il crollo del settore dei mutui avrebbe determinato una crisi grave ma locale. Con il castello dei derivati la crisi si trasmette a tutto il sistema creando enormi perdite in conto capitale per i possessori di MBS (il cui valore crolla per l’improvviso deterioramento del merito di credito dei mutuatari) e di CDS (che sono chiamati a ingenti esborsi per compensare i possessori di MBS in caso di fallimento di questi titoli).
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Le soluzioni proposte finora sono orientate a curare le conseguenze e non le cause. Nel migliore dei casi, il loro obiettivo è ridare fiducia al mercato con un sistema di fondi di garanzia (che si spera non saranno interamente consumati) o, nel peggiore dei casi, quello di salvare questo o quell’altro attore coinvolto. Il secondo tipo di operazioni pone oneri ingenti sulle finanze pubbliche mentre le Banche Centrali si trasformano in banche ordinarie e sono costrette ad accettare una parte dei “titoli tossici” posseduti dagli intermediari finanziari pur di ridare liquidità al sistema. Intanto la paura paralizza tutti: i depositanti che si fidano a stento delle banche e le banche stesse che non si prestano più i soldi tra di loro e sono renitenti a prestare soldi alle imprese temendo il deterioramento del proprio portafoglio crediti in un’economia ormai in recessione.
Tra le varie soluzioni proposte ne è stata dimenticata forse una potenzialmente efficace: rendere nuovamente solvibili i mutuatari.
A questo proposito è necessario che una parte delle risorse messe in campo sia utilizzata per creare un fondo da utilizzare all’uopo. Chi non è ancora fallito – secondo stime attendibili il 20 percento del totale (Bernanke, Ben S. "Mortgage Delinquencies and Foreclosures" Columbia Business School’s 32nd Annual Dinner, New York, New York (2008-05-05)) – deve essere messo in condizione di pagare (riducendo la rata del mutuo o coprendo con soldi pubblici la parte di interessi che il soggetto non è in grado di pagare). Che fare con i clienti falliti le cui abitazioni sono diventate di proprietà delle banche o messe all’asta e vendute a terzi (la parte più difficile dell’operazione) ? Si potrebbero riacquistare le seconde e darle in affitto ai vari mutuatari a prezzi calmierati. La spesa in questo caso sarebbe ingente ma rappresenterebbe un investimento che potrebbe consentire guadagni in conto capitale quando il mercato si riprenderà e i valori saranno superiori a quelli odierni.
Il risultato complessivo di questa operazione dovrebbe ridurre drasticamente il rischio di fallimento dei singoli mutuatari ridando valore agli MBS su mercato secondario e disinnescando il problema degli esborsi dei venditori di CDS.
Una volta tanto equità ed efficienza potrebbero andare di pari passo. Non dimentichiamo infatti le grandezze in gioco (il valore totale dei mutui molto inferiore a quello di MBS e CDS) e la correlazione positiva tra merito di credito dei mutuatari e valori dei titoli derivati. Invece del salvataggio diretto delle banche con l’acquisto dei titoli tossici (un intervento tappabuchi che comporta l’esborso di somme ingenti e che costringe ad inseguire una o l’altra situazione di dissesto) molto più efficace e corretto andare all’origine e rimettere in piedi i mutuatari “riavvolgendo il nastro” della crisi.
Il mercato ha bisogno di segnali per invertire la rotta. Quale miglior segnale del fatto che il problema del merito di credito dei mutuatari non c’è più ?
Ad evitare il problema di azzardo morale, ovvero di coazione a riproporre la situazione attuale in futuro contando sul salvataggio pubblico, basterebbe sancire l’eccezionalità dell’intervento attraverso l’applicazione graduale dei due cambiamenti di governance necessari per evitare in futuro crisi di questo tipo. Ovvero ridurre la leva delle banche d’affari e degli intermediari finanziari non bancari e sottoporre a requisiti patrimoniali le attività che gli stessi detengono in portafoglio. Con Basilea III dovremmo evitare che macchine di grossa cilindrata possano sfrecciare ad alta velocità nei centri abitati senza rispettare i semafori. Con l’entrata in vigore delle nuove regole che sorveglino i meccanismi di amplificazione e di trasmissione dal livello locale a quello sistemico non dovrebbe essere più necessario salvare chi sbaglia per evitare crisi globali.