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Il viaggio di Benedetto XVI in Gran Bretagna ha registrato un indiscutibile successo mediatico. Non è certamente il successo mediatico il criterio per giudicare una visita del papa. Ma dopo quanto è successo da Regensburg (settembre 2006) in poi, anche l’assenza di attacchi mediatici coordinati e univoci non va sottovalutata. Il viaggio del papa in Gran Bretagna dal 16 al 19 settembre, la prima visita di Stato di un Pontefice dai tempi dello scisma di Enrico VIII da cui e’ nata la Chiesa anglicana, e’ cominciato con la minaccia di un attentato terroristico e l’arresto di 6 spazzini islamici (poi rivelatisi estranei al presunto attentato), e’ continuata col memorabile discorso nella Westminster Hall, ed e’ culminata con la beatificazione del Cardinale Newmann.

Forte e dolce a un tempo il messaggio di papa Ratzinger. E in perfetta sintonia con i più impegnativi discorsi pronunciati nei suoi quattro precedenti viaggi settembrini: in Germania nel settembre 2006, in Austria nel settembre 2007, in Francia nel settembre 2008, in Repubblica Ceca nel settembre 2009.

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 "Nessuno che guardi realisticamente al nostro mondo d’oggi può pensare che i cristiani possano continuare a far le cose di ogni giorno ignorando la profonda crisi di fede che è sopraggiunta nella società o semplicemente confidando che il patrimonio di valori trasmesso lungo i secoli cristiani possa continuare a ispirare e plasmare il futuro della nostra società".
 
Cosi Benedetto XVI il 18 settembre nella veglia di Hyde Park. "Sappiamo che in tempi di crisi e di ribellioni – ha continuato Papa Ratzinger –   Dio ha fatto sorgere grandi santi e profeti per il rinnovamento della Chiesa e della società".
Come Giovanni Paolo II era il papa che aveva la forza di gridare sui tetti che dopo il nazismo, un altro totalitarismo, da lui personalmente sperimentato, offendeva la dignità dell’uomo, cosi Papa Ratzinger non abbassa la guardia. E con insistenza mette il dito nella piaga di quel totalitarismo dolce che e’ oggi la dittatura del relativismo, metabolizzato talora anche dai cattolici, e che provoca quella che il papa definisce "una profonda crisi di fede"
 
Papa Ratzinger ha smentito le previsioni della vigilia sulla scarsa affluenza di fedeli e le pesanti contestazioni che avrebbero accompagnato il suo viaggio.
I discorsi del papa non solo non hanno subito significative contestazioni, ma hanno al contrario raccolto nel mondo inglese consensi insperati, in un paese dove i cattolici non superano il 9 per cento, le origini animistee pagane pesano sull’indifferentismo religioso e dove il libero pensiero, dalla Magna Carta a Loke e Hume, ha solidi basi filosofiche.
 
Il papa ha riflettuto pacatamente sulla ragionevolezza della fede. Ha parlato senza cedere a recriminazioni, ma spiegando che la fede purifica la ragione e la ragione aiuta la fede a evitare derive integraliste. Il relativismo è il figlio degenere dell’illuminismo, quando la ragione viene separata dalla fede. Alla base del relativismo vi è il nichilismo.
Il cardinale Newmann, ci ha ricordato il papa, ha compreso bene oltre cento anni fa questo fenomeno.
 Egli, creato cardinale da Leone XIII scandalizzando non poco gli ambienti curiali dell’epoca, a pochi decenni dalla condanna del Sillabo per la libertà di coscienza, non è solo il paladino della libertà di
coscienza. E’ anche il più fascinoso e razionalmente plausibile avversario del relativismo.
La parabola intellettuale di Newman è straordinariamente vicina a quella di Ratzinger.
 
Per instaurare un pacato dialogo, il papa è andato in Inghilterra dando grandi segni di umiltà. Ha riconosciuto commosso la sporcizia che alberga anche dentro la Chiesa, ha pianto con i bambini molestati dai pedofili e li ha definiti vittime come i martiri. In occasione dell’anniversario della battaglia d’Inghilterra ha detto di provare orrore e vergogna come tedesco, ricordando i bombardamenti nazisti di Londra.
E con la stessa fermezza ha lanciato un monito sugli effetti laceranti per la democrazia del relativismo.
Nella notte rischiarata dalla fiaccole di Hyde Park il papa ha richiamato il cuore dei suoi numerosi discorsi nella terra di Newman: "Ai nostri giorni, quando un relativismo intellettuale e morale minaccia di fiaccare i fondamenti stessi della nostra società, Newman ci rammenta che “quali uomini e donne creati a immagine e somiglianza di Dio, siamo creati per conoscere la verità, per trovare in essa la nostra definitiva libertà e l’adempimento delle più profonde aspirazioni umane".
 
Se viviamo come se Dio non ci fosse, se rinunciamo a ogni idea trascendente, se distruggiamo ogni valore, se eliminiamo la verità dal nostro orizzonte, cadiamo nel nichilismo e la nostra democrazia e’ in pericolo.
 
S. Agostino, il padre della Chiesa a cui Ratzinger ha dedicato i suoi studi giovanili, diceva "credo per capire, e capisco per credere". E’ questo il circolo ermeneutico che dal discorso di Regensburg (non ancora pienamente compreso nella sua portata intellettuale) a quello al Collegio dei Bernardins a Parigi (molto meno contestato del precedente ma in perfetta sintonia con esso) a quelli di Westminster Hall e di Hyde Park (che invece hanno raccolto unanimi adesioni anche nel mondo laico) papa Ratzinger propone di ricostruire l’amicizia tra fede e ragione, e combatte contro la ragione "calcolante" che si chiude al trascendente.
Una fede amica della ragione e una ragione amica della fede. In un paese "difficile" come la Gran Bretagna, Papa Benedetto ha fatto un nuovo passo nel suo itinerario europeo di ri-evangelizzazione. E ha parlato a nuora perché suocera intenda. Tra i destinatari dei suoi dolci e forti richiami ci sono quei cattolici "secolarizzati" che si sono acconciati a vivere come se Dio non ci fosse. A loro il papa ricorda che l’irrilevanza pubblica della fede non è il destino della modernità.
 
Ma per non essere irrilevanti e sfuggire al destino di minorità che molti ritengono inevitabile per i cattolici, anche da noi, bisogna, come hanno ricordato i leader dell’associazionismo cattolico italiano riuniti negli stessi giorni ad Assisi da Retinopera, mettere insieme operosità sociale e discernimento politico, denunciare l’immoralità pubblica senza cadere nell’immobilizzante moralismo politico, coniugare mitezza, sapienza e coraggio politico. Essere insomma "minoranza creativa", con un forte rapporto con il popolo italiano, capace di concorrere alla risoluzione della crisi delle elite e di coltivare nuove vocazioni all’impegno politico e sociale.
 
Sono temi che risuoneranno prossimamente a Reggio Calabria in occasione della 46ma Settimana Sociale (14-18 ottobre) che si interrogherà sulla agenda sociale della speranza.
 
 
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