Esiste una relazione tra dinamismo economico e sociale da un lato e dinamismo politico dall’altro? Lo scenario economico e sociale in qualche modo influenza il voto degli elettori? A queste domande cerca di rispondere questo articolo riprendendo il modello delle 5 Italie, proposto dall’Iref nell’ambito di una ricerca realizzata per conto delle Acli

Questo breve articolo si pone la domanda se vi sia una relazione tra dinamismo economico e sociale da un lato e dinamismo politico dall’altro. In una ricerca dello scorso anno condotta da Iref per conto delle Acli, venne alla luce una relazione tra protagonismo sociale delle comunità locali, sviluppo economico, costruzione di un Welfare solido e dinamiche sociali di inclusione. Simul stabunt, simul cadent. Ci chiediamo oggi se lo scenario economico e sociale in qualche modo influenzi il voto degli elettori. La risposta, come vedremo, è certamente positiva, con sfumature interessanti.  Prima di iniziare ad analizzare il voto politico in Italia, è bene riprendere brevemente le principali considerazioni emerse dall’analisi socio-economica delle province Italiane, effettuata nella precedente ricerca di Iref Acli sulle cosiddette cinque Italie.

Le 5 Italie sono degli aggregati omogenei al loro interno per sviluppo economico, coesione sociale, welfare locale e partecipazione civica, ricavati dall’analisi di un paniere di indicatori statistici ufficiali da parte di Iref. In figura 1 vengono rappresentate i cinque gruppi di province italiane omogenee al loro interno per sviluppo sociale ed economico.

Figura 1 – Le cinque Italie

Fonte: elaborazione Iref Acli su dati Istat, MEF, Inps, MinSalute, MiSE, AdE, MinGiustizia,2013-2016

Come si evince dalla figura, il Nord ricco e benestante trova in sé alcuni elementi di contraddizione: da un lato, esso mantiene saldamente le prime posizioni in termini di sviluppo economico e di welfare; dall’altra vi sono elementi, dal punto di vista sociale, di emarginazione o quantomeno di disagio sociale che interrogano sull’insufficienza dello sviluppo economico nel creare coesione sociale. In particolare, nel gruppo che abbiamo chiamato dei Poli dinamici (in verde nel cartogramma) vi sono principalmente le province dell’Emilia Romagna, e le metropoli di Milano e di Roma. All’interno di questo gruppo si incontrano elementi di disagio sociale che contraddicono il benessere economico; disagio che, come vedremo, si esprimerà anche nella scelta del voto.

D’altra parte, vi è il gruppo delle comunità prospere, a benessere diffuso, in giallo nella figura 1. Sono realtà mediamente più piccole rispetto alle grandi metropoli, e probabilmente le loro dimensioni facilitano uno sviluppo e una coesione sociale che riducono e sciolgono la contraddizione tra sviluppo economico e disagio sociale. Sono realtà dove si vive bene, c’è un buon dinamismo economico, e anche dal punto di vista della dotazione del welfare e della coesione sociale sono un passo avanti agli altri.

Il gruppo dell’Italia industriosa, in verde petrolio, è composta da 40 province e costituisce il gruppo medio dell’Italia, in termini di valori sia economici che sociali. È un Italia che resiste alla crisi, perché comunque ha uno sviluppo economico buono, sebbene tradizionale, unito a un discreto livello di welfare e di coesione sociale. In esso troviamo fondamentalmente il centro Italia e alcune province del Nord che non hanno quella brillantezza in termini economici che possiamo trovare nei Poli dinamici.

Abbiamo, infine, gli ultimi due gruppi, caratterizzati da alcuni dinamiche negative in termini di dinamismo economico e di disuguaglianza. In grigio troviamo l’Italia del lento declino, che è rimasta impaludata nella crisi che ha colpito l’Italia e che rischia di permanere in uno stato di depressione economica a cui potrebbe seguire un grave disagio sociale, sebbene ancora non vi sia entrata. Sono 25 le province ricomprese in questo gruppo, e troviamo sia province del centro Italia, sia la Sardegna, sia alcune province del Sud. In rosso, troviamo il gruppo del Sud fragile, l’Italia del profondo disagio, 23 province che annoverano fondamentalmente l’intero Sud, tranne la Basilicata e la Sardegna, in cui i parametri economici, di welfare, e di declino sociale sono superiori alla media del resto del Paese. Ad una decrescita demografica, si aggiunge il fenomeno delle migrazioni verso altre regioni d’Italia o verso l’estero, frutto e causa di una fondamentale stagnazione economica e fenomeni di degrado sociale come la microcriminalità diffusa. In queste province, neanche la dotazione di welfare riesce a fronteggiare la crisi sociale.

Le cinque Italie nel 2018 hanno votato alle elezioni politiche, e ci si chiede non solo quale coalizione abbiano premiato, ma anche il tipo di dinamismo politico che hanno mostrato.  Uno strumento semplice di analisi del dinamismo politico di facile comprensione è il triangolo di Nagayama. Esso permette di valutare il ruolo della coalizione vincitrice in relazione al risultato della seconda coalizione o del secondo partito alle elezioni. In parole povere, analizza il grado di competitività dei partiti di un collegio elettorale. Come si vede in figura 2, il punto di incontro tra la percentuale della prima coalizione e la percentuale della seconda coalizione, e il loro scarto, determina un asse di misurazione che va da un contesto di collegio non competitivo e tendenzialmente stabile a un contesto competitivo di cambiamento, sia esso multipolare, sia esso bipolare.

Figura 2 – Competitività nei collegi elettorali dei Poli dinamici, Camera, uninominale, 2018

Fonte: elaborazione Iref Acli su dati del Ministero degli Interni, 2018

Nella diagonale a banda di sinistra vi è un contesto politicamente competitivo – in cui lo scarto tra il vincitore e lo sfidante è inferiore al 10%, mentre nella parte destra del triangolo vi è un contesto non competitivo – in cui lo scarto è superiore al 10%; inoltre, la cima del triangolo rappresenta una situazione competitiva di tipo bipolare, mentre la “pancia” del triangolo rappresenta un contesto multipolare. L’analisi politica dei Poli dinamici consegna tre tendenze diverse e una tendenza comune. La tendenza comune è il dinamismo politico, sostanzialmente bipolare, in quanto dei 40 collegi che fanno capo a questa parte dell’Italia, 29 sono competitivi, pari al 72% del gruppo, nella diagonale di sinistra; e soltanto 11 sono non competitivi, all’interno del triangolo. Nel grafico è possibile dare un’occhiata al tipo di dinamismo elettorale che ha caratterizzato le province dei Poli dinamici. I collegi non competitivi sono nella quasi totalità appannaggio del centro-destra, i punti verdi, e riguardano fondamentalmente l’hinterland Milanese – Cologno, Cinisello, Rozzano, Bollate – e alcune province emiliane come Piacenza e la zona di Parma, Rimini, alcuni collegi che fanno capo ai Castelli romani, come Velletri, Marino e Castel Giubileo.

I 29 collegi dove c’è stato un dinamismo politico hanno visto per una ragione o per l’altra l’affermazione, accanto al bipolarismo classico centro-sinistra centro-destra, di un nuovo bipolarismo, di tipo sostitutivo, avente come protagonista Il Movimento 5 stelle. In entrambi i casi lo sfidante è il centro-destra, ma c’è una distinzione chiara tra collegi in cui il centro-sinistra, in rosso, ha sfidato il centro-destra e collegi in cui invece la coalizione di Salvini è stata sfidata dal Movimento 5 stelle, i punti gialli. Il bipolarismo classico, che ha visto come protagonista Il centro-sinistra e il centro-destra, riguarda fondamentalmente la città di Milano, non l’hinterland, e alcune province di tradizione rossa come Reggio Emilia, Scandiano, Bologna, Imola, Bologna-Casale, Bologna collegio di Mazzini, Modena, Ravenna. Si è inoltre assistito all’affermarsi del centro-sinistra ai danni del centro-destra nei collegi elettorali del ceto medio e dei quartieri borghesi di Roma: nel grafico, il PD si è affermato al Gianicolo, che comprende anche il collegio Ardeatino, al collegio Montesacro, che comprende anche Roma nord, zone benestanti di Roma, e in quello chiamato Trionfale, comprensivo del centro storico, oramai gentrificato.

La dinamica Movimento 5 Stelle vs. centro-destra, pur essendo una dinamica competitiva, ha riguardato esclusivamente I quartieri popolari di Roma e il suo hinterland: in particolare, i sette collegi dove si è affermato il Movimento 5 Stelle sono o collegi di tipo popolare, come Torre Angela, il quartiere Tuscolano, Primavalle, Collatino; oppure periferie di Roma come Pomezia e Fiumicino.

Ed è proprio questo che fa la differenza in questo Polo: il bipolarismo sostitutivo, che vede protagonista in qualche modo il Movimento 5 Stelle e probabilmente il fronte leghista della coalizione di centro-destra, e riguarda in particolare i quartieri popolari di Roma e Milano: in essi troviamo condizioni di degrado urbano che probabilmente sono stati convogliati a livello politico in un voto giudicato di protesta, in particolare nel Movimento 5 stelle a Roma e nel centro-destra leghista dei quartieri urbani di Milano. Sotto questo profilo, sembra emergere una nuova frattura, non soltanto tra un Nord ricco e un Sud povero, né tantomeno soltanto tra la campagna tradizionalista e il centro urbano progressista, ma tra centro esistenziale e periferia esistenziale, tra costruttori della nazione e outsiders, gli emarginati. In questo primo gruppo dei Poli dinamici, il bipolarismo classico tiene dove c’è ricchezza economica e inclusione sociale, dove In generale vi è benessere, e a fronte di province benestanti in mano al centro-sinistra, vi sono province benestanti in mano al centro-destra.

Laddove invece più alta è la presenza di outsiders, di fuori-sistema o di coloro che rischiano di uscire dal sistema, siano esse periferie del Nord o di Roma, le dinamiche politiche si fanno molto più competitive, nella direzione del successo dei partiti che meglio hanno saputo interpretare il malessere popolare diffuso, ovvero il Movimento 5 stelle e la Lega: gli uni blandendo il vessillo del reddito di cittadinanza e delle politiche di inclusione; gli altri blandendo il tema dell’immigrazione, quantomeno per contrastare quel fenomeno di dumping lavorativo che è costituito dal lavoro immigrato di bassa qualifica, così diffuso nel Nord. Per contro, il centro-sinistra, con il suo programma europeista, aperto all’immigrazione, globalizzato, per l’industria 4.0, in prima linea sul fronte dei diritti civili, si conferma, al pari di Forza italia, come il partito della borghesia, dei Nation builders, delle cosiddette élite dominanti, urbane, laiche, liberali; che abitano il centro geografico di Roma allo stesso tempo centro simbolico ed esistenziale, come bene evidenziato dal Centro Italiano per gli studi elettorali della Luiss.

Il secondo gruppo, che abbiamo chiamato delle Comunità prospere, annovera 29 collegi, la maggior parte dei quali si trova nell’Italia del Nord est, con la sola eccezione di Siena e Firenze, e di Cuneo e Aosta, in figura 3. È l’Italia della ricchezza economica e sociale, dove accanto ad uno sviluppo economico significativo vi sono diffusi fenomeni di coesione sociale e di welfare realmente inclusivo. È la vera Italia del benessere, delle cittadine di medie dimensioni, in cui la produzione di ricchezza non impedisce legami comunitari.

Figura 3 – Dinamismo politico nelle Comunità prospere, Camera, uninominale, 2018

Fonte: elaborazione Iref Acli su dati del Ministero degli Interni, 2018

Forse è per questo che in termini elettorali vince il bipolarismo classico, vale a dire la sfida tra centro-destra e centro-sinistra, e che dei cinque gruppi questo sia il secondo meno competitivo e meno incerto dal punto di vista elettorale: infatti, soltanto 8 collegi sul 29, pari al 27% del gruppo, vedono un certo dinamismo competitivo, mentre negli altri 21 collegi fondamentalmente il centro-destra ha vinto senza troppa competizione. Uniche eccezioni la Val d’Aosta, in cui è presente l’unico caso di competizione multipolare, vinta dal M5S, e che probabilmente paga l’inchiesta per peculato e corruzione di alcuni esponenti importanti della Regione; e i collegi di Bolzano, tradizionali baluardi di SVP. In generale, è un Italia “normale”, dove la geografia della politica sostanzialmente ha tenuto e dove la continuità è stata premiata da comunità benestanti e coese.

Il gruppo dei Territori industriosi è il più numeroso, giacché è rappresentato da 74 collegi elettorali, in figura 4. E’ l’Italia media sia in termini economici che sociali, ed è rappresentata geograficamente dal centro-settentrione. È un Italia che si riconosce fondamentalmente nella proposta politica del centro-destra, in quanto la coalizione di Berlusconi, Salvini e Fratelli d’Italia conquista la maggioranza relativa in 61 province su 74, pari al 82% del gruppo.

Figura 4 – Dinamismo politico nei Territori industriosi, Camera, uninominale, 2018

Fonte: elaborazione Iref Acli su dati del Ministero degli Interni, 2018

Il grafico evidenzia come nei territori industriosi la competizione elettorale ha riguardato 29 collegi su 74, il 39% del gruppo, il 20% dei quali a favore del centro-destra e il 19% a favore della proposta M5S o PD; fondamentalmente 14 collegi, di cui 9 appannaggio del Movimento 5 Stelle e 5 del Pd. In sostanza i cinque del Pd e i nove del Movimento 5 Stelle sono riusciti a spuntarla per un nulla rispetto al centro destra, e l’indicazione dei collegi elettorali fornisce una chiave di lettura significativa del perché di questo dinamismo elettorale, e di questo cambiamento politico. Il centro-destra ha perso il confronto a favore del centro-sinistra nelle aree industriali di Torino Lingotto, nella zona del persico di Ferrara, e a Livorno, zone colpite da profonde crisi industriali e artigianali e da una difficoltà a uscire fuori da una impasse ormai quasi decennale. Analogamente il Movimento 5 Stelle ha sconfitto il centro-destra nella zona della lavorazione contoterzista industriale di Collegno, nella cantieristica Navale di Sestri e nelle Marche, tradizionale baluardo rosso, ma oramai appannaggio del Movimento 5 Stelle in concorrenza con il centro-destra. In breve, questo gruppo, più di altri, fa presente la relazione che c’è tra benessere economico, inclusione sociale, e offerta politica moderata da un lato; e crisi sociale, fenomeni di disoccupazione di massa e voto populista e radicale dall’altro.

Il quarto gruppo omogeneo a livello economico, sociale e di assetto di welfare è l’Italia delle Province depresse, figura 5. Esse sono raggruppate dal punto di vista politico in 28 collegi, 18 dei quali altamente competitivi, pari al 65% dei collegi del gruppo.

Figura 5 – Dinamismo politico nelle Province depresse, Camera, uninominale, 2018

Fonte: elaborazione Iref Acli su dati del Ministero degli Interni, 2018

Delle 5 Italie, questa è percentualmente la più dinamica dal punto di vista elettorale. Comprende le regioni del centro-Italia, esclusa Roma, i collegi della Sardegna, la Basilicata, la provincia di Lecce e di Ragusa. Dal grafico si nota come la maggior parte dei collegi sono appannaggio del Movimento 5 stelle, mentre 9 sono rimaste con il centro-destra. Osservando bene la figura, la localizzazione dei collegi dinamici così come la geografia del voto non sono casuali: i collegi dinamici comprendono tutto il Lazio esclusa Roma, quindi Latina, Frosinone, Rieti e Viterbo; poi l’Abruzzo, e due province dinamiche dal punto di vista economico, ovvero Lecce e Olbia – leggi sviluppo immobiliare e turistico di Costa Smeralda. Non vi è stata competizione (al centro del triangolo) nelle province sarde, dove il Movimento 5 stelle ha vinto in tutti collegi, a Sanremo e a Cassino.

L’analisi di questo gruppo di province e collegi fornisce due chiavi di lettura: una tradizionale, per cui un’alta competizione politica è sempre legata in qualche modo a un desiderio di cambiamento, comprensibile in questo quadro socio-economico; la seconda meno scontata, riguarda i collegi poco dinamici politicamente, dove una scarsa competizione elettorale è associabile sia ad una situazione di prosperità e di inclusione, come nel caso delle Comunità prospere, la cui continuità politica è un premio per il buon governo degli enti locali; sia a situazioni di declino economico, come nel caso della Sardegna, in cui la mancanza di competizione politica conferma una transizione di protesta già avvenuta nel 2013, con l’affermazione del Movimento 5 stelle, affermazione che è stata confermata nel 2018 con risultati netti a favore del Movimento e a danno del secondo partito in competizione.

Infine abbiamo il quinto gruppo di province, l’Italia del Sud fragile, in figura 6. Si dice che l’Italia del disagio profondo sia in mano al Movimento 5 Stelle.

Figura 6 – Dinamismo politico del Sud fragile, Camera, uninominale, 2018

Fonte: elaborazione Iref Acli su dati del Ministero degli Interni, 2018

In effetti, il Movimento 5 Stelle ha vinto in quasi tutti i collegi del Sud, tranne che in tre collegi competitivi, Acropoli, Vibo Valentia e Gioia Tauro, con una media di voti del 48%. Tuttavia il centro-destra ha raccolto il 30% di media in tutti i collegi dell’Italia del disagio profondo, a testimonianza di come in realtà nel Sud ci sia un vero e proprio fenomeno di bipolarismo sostitutivo, che vede una sconfitta netta del centro-sinistra, non più in grado di cogliere le istanze di quella Italia che non si identifica nel polo riformista ma è fatta di sotto-proletariato. Solo 10 collegi su 61 hanno presentato dinamiche competitive, pari al 16% del gruppo, il valore più basso riscontrato, ma ciò non deve trarre in inganno, perché lo scarso dinamismo in realtà appare come una conferma dell’esito elettorale del 2013, in cui si affermò per la prima volta il Movimento 5 stelle. La continuità elettorale mostra il suo volto ambivalente, di governo nell’Italia del benessere, di protesta nell’Italia del declino.

A questo punto, in linea con il tema di questo numero monografico, ci si pone una domanda. Esiste un voto moderato in italia? La risposta è sì, esiste, e si identifica fondamentalmente con gli artefici del bipolarismo classico, ovvero Partito Democratico ed ex-Popolo delle libertà. Oggi queste due proposte politiche rappresentano quel che rimane della classe media, dell’Italia benestante, in parte industriosa e in parte pensionata. Sovrapponendo l’Italia economica e dell’inclusione sociale con l’Italia dell’esito elettorale, si rivelano in controluce i fondamenti economici e i fondamenti sociali del moderatismo italiano. In pratica, laddove c’è un buono sviluppo economico e una buona coesione sociale, è ancora premiato il bipolarismo classico, il confronto tra poli moderati; viceversa, laddove sacche di disagio economico e di marginalità sociale, se non vere e proprie crisi di sistema, si impongono e si diffondono nella cittadinanza, il moderatismo cede il passo a forme di populismo e di astensionismo maggiori che in altre parti del Paese. Indicativo in tal senso è l’esito moderato della competizione elettorale nei Poli dinamici e nelle Comunità prospere, nell’Italia delle zone ricche e fondamentalmente inclusive; ugualmente indicativo è l’esito polarizzato, in direzione di partiti con proposte più radicali, nelle zone del Meridione e in quella parte d’Italia che sta contrastando l’attuale crisi economica con difficoltà, vedi regioni come le Marche, e città come Livorno, Genova Sestri, le periferie di Milano e i quartieri popolari di Roma.

È possibile infine ipotizzare un futuro moderato in Italia? Sì, è possibile, ma a determinate condizioni. Un futuro sereno dell’Italia non può prescindere dal moderatismo politico (e aggiungiamo noi dalla collaborazione intergenerazionale), ma il voto moderato non può che essere figlio di un ritorno a uno sviluppo economico diffusivo e non centralista, in un clima di partecipazione civica e di protagonismo dei corpi intermedi, lontano da deleghe assistenzialiste e statolatriche: protagonismo che ha sancito storicamente il successo di regioni a tradizione cristiano sociale come Lombardia, Veneto, e in parte Emilia Romagna, guarda caso le regioni più ricche e più inclusive del Paese. Leggere in chiave analitica le profonde interconnessioni tra protagonismo sociale e sviluppo economico, tra assetto di welfare e capacità inclusiva, tra benessere diffuso e moderatismo politico permette di dare un orizzonte di senso, e volendo una proposta politica di lungo periodo, necessario a riprendere mappa e bussola in mano e camminare verso una ripresa lenta ma sicura, solida, confortata dai numeri, di quello che una volta ci invidiavano tutti come il Bel paese.

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