Non è sicuramente colpa di Francesco Profumo, un Ministro di grande valore intellettuale, un ex Rettore che conosce bene i temi dell’education.
rnMa da alcuni giorni, complice un titolo di Repubblica, si discute di una riforma della scuola e dell’università che non c’è. Il provvedimento sul merito che verrà presentato venerdì in Consiglio dei Ministri non è una riforma. È un sasso buttato in piccionaia che ha già raccolto i suoi frutti.
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Ha stanato la paura del merito e l’ideologia egualitarista che caratterizza da sempre la sinistra. E questo è buono e giusto. Non son un fan della meritocrazia.
Preferisco la democrazia, quella vera, trasparente, rappresentativa, non plebiscitaria né populista.
Preferisco all’espressione "meritocrazia" (ambigua) la meritofilia. Cioè spazio al merito.
Le proposte di Profumo (in molti casi già attuate da molte scuole che premiano gli insegnanti migliori e da molte università che riducono le tasse agli studenti meritevoli) vanno nella direzione giusta. Ma hanno già suscitato proteste in molti casi frutto di una concezione che teme il merito e disdegna l’eccellenza.
Lo stesso ministro Profumo dopo il titolone di Repubblica di sabato scorso (la riforma del merito) si è visto costretto a scrivere ai sindacati che al merito dedicherà solo gli spiccioli essendo impegnato il grosso delle pur scarse risorse finanziarie disponibili alla scuola di tutti.

Nel provvedimento di Profumo, all’art. 17 era nascosto un ritorno ai vecchi concorsi locali per i docenti universitari, per rassicurare i ricercatori attempati che tengono famiglia e temono la nuova selezione rigorosa (idoneità nazionale) prevista dalla Riforma Gelmini. E nel caso di chiamate di professori di scarsa qualità una penalizzazione finanziaria per gli atenei.
Ma sembra che questo barocco meccanismo sia stato espunto dal provvedimento sul merito.
Lascia perplessi la norma che prevede sgravi fiscali per le imprese che assumono gli studenti che conseguono i migliori risultati accademici. È come se le imprese normalmente assumano i peggiori e abbiano bisogno di incentivi per assumere i migliori.
Il grande assente in questo provvedimento è il merito degli insegnanti. Quello che ha fatto saltare la poltrona del Ministro Berlinguer che nel 1997 osò proporre una qualche forma di carriera e di differenziazione professionale per gli insegnanti.
Di recente i sindacati hanno chiesto al Ministro Profumo di desistere dal tentativo avviato dal suo predecessore di premiare con uno stipendio in più, in via sperimentale il 15 per cento degli insegnanti di un ristretto numero di scuole sulla base di criteri di qualità professionale e reputazione, in collaborazione con la Fondazione per la Scuola, la Fondazione Agnelli e Treelle.
Ma mentre in ogni scuola i bidelli sanno indicare alle mamme i professori e le sezioni migliori, non esistono criteri pubblici per premiare gli insegnanti migliori.
Avanti col merito, ma non a chiacchiere.
E solo premiando e motivando gli insegnanti (che in molti casi lavorano molto più di quanto corrisponde al loro misero stipendio) si puo’ far crescere la qualita’ della scuola.

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