Il rapporto ESPAD 2009 (Progetto Europeo di indagini scolastiche su alcol e droghe), che riporta i dati relativi ad uno studio che ha coinvolto circa 100.000 studenti europei di 15-16 anni, rileva che tra gli adolescenti europei il consumo di tabacco diminuisce, ma è aumentato l’uso di alcol e di psicofarmaci, stabili invece cannabis e cocaina.

Queste “nuove” forme di abuso rivelano la ricerca di uno “sballo” al tempo stesso euforizzante, allegro e anestetico, che si può ottenere con l’associazione di superalcolici, psicofarmaci e cannabis. Lo stesso rapporto rivela che l’abuso di psicofarmaci (ovviamente non regolarmente prescritti, ma acquistati sul mercato clandestino) è associato ad alcuni indicatori di comportamento problematico: il primo indicatore è quello relativo ad uno scarso rendimento scolastico, il secondo ad un rapporto difficile con le figure genitoriali. Ed è proprio su questo secondo punto che vorrei fare alcune riflessioni. Cosa vuol dire “rapporto difficile” con le figure genitoriali? Sostanzialmente questo rimanda alla grande sfida perduta dagli adulti di questo inizio di III millennio, che è la sfida educativa. In generale noi adulti abbiamo rinunciato ad “educare”, cioè a trasmettere in modo coerente narrazioni del mondo che facessero riferimento ad un qualche assetto valoriale. In altri termini non abbiamo rinunciato ad amare i nostri figli e neanche ad accudirli materialmente. Li amiamo, li accudiamo, ma non li educhiamo. Di fronte alle scelte valoriali, alle dimensioni progettuali della vita, alle costruzioni del senso e del significato la comunità degli adulti si è ritirata, lasciando le comunità dei bambini e degli adolescenti sole. Così si è creato un gap generazionale colossale: le comunità dei bambini e degli adolescenti, utilizzando un nuovo percorso per la costruzione del sapere attraverso la tecnologia digitale, hanno dato vita a meccanismi autoreferenziali con i quali governano se stesse, indifferenti al mondo lontano e poco affascinante degli adulti. Anzi gli adulti hanno avviato forme di adolescentizzazione del loro vivere, copiando per esempio il dialetto virtuale degli sms dei loro figli o concedendosi trasgressioni più riferibili ad un adolescente che ad un adulto. Nel complesso l’adulto non è più in grado di essere un adulto rassicurante, che ha maturato una visione del mondo e che desidera trasmetterla perché egli stesso ne è affascinato. E’ il passaggio dalla società post-ideologica a quella liquida di Bauman. Cosa debbono fare gli adolescenti per richiamare l’interesse di un adulto assente, informe e disinteressato? In fondo ci siamo accorti del bullismo in Italia grazie a Youtube: gli adolescenti hanno postato video via via più inquietanti (dalle sberle e gli insulti ad un ragazzo down alle violenze di branco su una ragazzina; dai palpeggiamenti erotici ad una insegnate, ai rapporti sessuali consumati in classe; ed ancora: video sulle devastazioni della scuola, insulti agli insegnanti, ecc…). Abbiamo scoperto il dramma delle ragazze “trasparenti” perché hanno messo in rete i loro blog nei quali fanno vedere la loro spaventosa magrezza (sono i famosi siti pro-ANA). E oggi, attraverso il rapporto ESPAD ci dicono che assumono ansiolitici ed antidepressivi in modo clandestino e ci bevono su alcolici. Ecco, tutto questo ci fa capire che per ora l’adulto ha perso la sfida educativa. L’ha persa perché ha rinunciato ad educare, scegliendo la latitanza e l’assenza. Abbiamo bisogno però di adulti, di genitori, di educatori coraggiosi, che vogliano rilanciare una nuova sfida educativa. Ne abbiamo bisogno perché con i loro comportamenti ce lo chiedono loro, i bambini e gli adolescenti del III millennio.

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