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Anche questa volta Sergio Zavoli ha colto nel segno: la missione della scuola è “rifare gli italiani”. È pur sempre la scuola, infatti, la più grande agenzia che produce significati e da essa non si può prescindere per una rinascita civile del Paese. rnrnrn

Se vogliamo cittadini italiani dotati di senso civico, ebbene la strada di questa rifondazione è appunto quella di riconoscere la scuola come luogo di apprendistato della vita civile, dove si apprende il rispetto delle regole e l’esercizio dei diritti e dei doveri.rn

È questa la ragione per cui acquista un valore rilevante la proposta del Ministro della Pubblica Istruzione, Mariastella Gelmini, di introdurre “Cittadinanza e Costituzione” come nuova disciplina nelle scuole di ogni ordine e grado. Una materia scolastica che potrà contare su 33 ore annue, che avrà voto specifico in pagella e che sarà collocata nelle aree storico-geografica e storico-sociale.

Ha scritto Luciano Corradini che con questa sua proposta la Gelmini sale alla ribalta non più soltanto come la restauratrice del maestro unico e del grembiulino, ma come la propugnatrice di un assetto della scuola più attento a valorizzare il più alto documento della Repubblica. Ciò che ha suscitato, com’è noto, il più vivo compiacimento del Presidente Giorgio Napolitano.

Il nuovo insegnamento partirà dall’anno scolastico 2009-2010, ma già alla fine di maggio verrà emanato un bando di concorso per finanziare con 1 milione di euro le migliori proposte di sperimentazione che saranno selezionate da un apposito Comitato tecnico-scientifico. Da settembre 2009, inoltre, verranno proposti a tutte le scuole percorsi e attività di formazione, con materiali utili per insegnare la nuova disciplina.

Apparentemente si potrebbe pensare che siamo soltanto dinanzi ad un rilancio della vecchia educazione civica, ma questa volta in forma allargata e potenziata, con un quadro di riferimento europeo soprattutto in relazione alle competenze sociali e civiche. Oggi infatti questa disciplina scolastica dovrà tener conto dei nuovi contesti multiculturali che richiederanno agli studenti – come espressamente si afferma nel documento d’indirizzo – di “sapersi aprire al dialogo e alla relazione in una logica interculturale”.

È sorprendente che il documento sottolinei come la scuola debba diventare una palestra di democrazia a cominciare dalla più giovane età.

Lo studio della Costituzione deve servire a condividere una comune mappa dei valori e delle regole per poi poterli sperimentare, esercitare e vivere in ogni contesto della vita sociale, da quello familiare a quello scolastico, da quello regionale a quello nazionale, da quello europeo a quello mondiale.

Le attività degli studenti riguarderanno i temi della legalità e dell’ambiente, del fair play nelle competizioni sportive e dell’impegno nel volontariato, delle istituzioni europee e del diritto internazionale, ma sempre in una prospettiva di “cittadinanza agita”, cioè di partecipazione democratica.

Nel promuovere questi obiettivi la scuola deve partire dal presupposto che, da sola, non può fare molto perché non è onnipotente, né autosufficiente. La scuola non può avanzare la pretesa di rimediare ai guasti della società poiché essa stessa è pervasa da analoghi conflitti e contraddizioni.

Anche per questo un nuovo patto educativo deve vedere, oltre all’alleanza tra scuola e famiglia, anche il coinvolgimento di tanti movimenti e associazioni del civile come risorsa preziosa da valorizzare sul territorio in una logica di “rete”.

Un’ipotesi operativa potrebbe essere quella di promuovere in ogni città tanti patti educativi che vedano riuniti intorno al tavolo le famiglie, le scuole, le associazioni, i massmedia, le Chiese, gli Enti locali.

Questa rete di attori dovrebbe sostenere l’azione della scuola e promuovere l’educazione come “bene comune” della città e del Paese.

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