Si parla molto frequentemente di “risorse”, e specialmente di “risorse naturali” partendo da vari punti di vista. Spesso si paventa l’esaurimento di queste risorse, con le conseguenze che ne possono derivare, spesso si danno messaggi rassicuranti.

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Questo intervento si propone di fare il punto sul significato del termine “risorse naturali”, sullo stato attuale delle risorse naturali stesse e su alcuni problemi ad esse collegati.

Risorse “naturali”: una precisazione

 
Penso che il primo punto da chiarire sia l’oggetto dell’articolo.
Infatti il termine “risorsa” può significare molte cose estremamente diverse tra loro.
Un interessante quadro della poliedricità del termine ci viene offerto dal sociologo dell’Università degli Studi di Palermo Antonio La Spina sul numero di maggio-agosto 2007 della rivista “I Quaderni di Alveare” nata nell’ambito dell’Istituto di Formazione Politica “Pedro Arrupe”.
Questo studioso parte da un tentativo di definizione secondo cui il concetto di risorsa è composto da due elementi.
In primo luogo vi è compreso l’elemento strumentale, una risorsa è una realtà che consente, che abilita ad operare.
In secondo luogo vi è compreso l’elemento utilità, vale a dire che questo operare deve avere per termine uno stato sul quale si possa formulare un giudizio di desiderabilità come il soddisfacimento di un bisogno.
Questo secondo elemento sembrerebbe superfluo, quando si opera si opera sempre per un fine. Invece a mio parere è di notevole importanza in quanto spinge a considerare molto attentamente, nel qualificare le realtà che definiamo risorse, la natura dei fini che esse consentono di raggiungere ed i giudizi di valore che su questi fini possono essere formulati.
Le risorse, penso, non sono tali unicamente in base ad una valutazione tecnica circa la loro fruibilità ma soprattutto in base ad un giudizio di valore sugli scenari che aprono.
Dopo aver fornito la definizione di risorsa La Spina ci presenta un ampio spettro di realtà cui può essere attribuito il termine, risorse economiche, intellettuali, del mestiere, dell’esperienza, risorse naturali e strumentali.
L’articolo di La Spina è molto interessante, mi sento senz’altro di consigliarne la lettura a chi voglia accostarsi alla ricchezza di un concetto che, così a prima vista, sembrerebbe ovvio.
Ora il presente articolo intende soffermarsi su quelle particolari risorse che sono le risorse “naturali”, o meglio, le risorse “ambientali” dato che le risorse della persona umana, intelligenza, creatività etc. sono anch’esse naturali.
Da quanto detto sopra il termine risorse sembrerebbe notevolmente nebuloso, applicabile ad una quantità di situazioni talmente grande da diventare veramente sfuggente.
In una situazione del genere sembrerebbe quasi impossibile rintracciare un “proprium” delle risorse ambientali, un qualcosa che caratterizzi l’impiego del termine nel contesto della ricerca e dell’utilizzo dei prodotti dell’ambiente, impiego che, è bene ricordarlo, è quello originario del termine.
Però penso che questa impossibilità sia originata da un fraintendimento di fondo che si è determinato nell’uso, appunto così esteso, del termine.
Se si prende in considerazione l’espressione: “l’inventiva è una risorsa” e la si confronta con l’espressione:”l’acqua è una risorsa” si può notare l’ovvio cioè il fatto che il senso del termine nei due casi è opposto.
Infatti la prima espressione pone a contatto con la ricchezza e l’autonomia di cui gli esseri umani sono dotati, mentre la seconda   pone a contatto con la radicale dipendenza da cui sono affetti e determinati.
Si tratta di una considerazione, come dicevo, molto ovvia che però sfugge, il concetto di risorsa, prima dell’estensione attuale, poneva a contatto essenzialmente con uno stato di dipendenza. Il suo contesto, potremmo dire il suo “gioco linguistico” d’elezione, era quello della non autonomia.
Questo intervento informativo sulle risorse ambientali ha come sfondo questa consapevolezza: il pattern di riferimento circa le risorse ambientali è la dipendenza.
Per questo motivo non vanno confuse con le risorse umane ed in questa luce le riflessioni etiche su di esse, come ad esempio le riflessioni che ci offre la Dottrina Sociale della Chiesa su cui in questo intervento non ho modo di soffermarmi, manifestano tutto il loro valore.
      
Quando è presente una risorsa ambientale?
 
Dopo la precedente precisazione cerchiamo di individuare un elemento riscontrabile che possa consentire di ravvisare in una data configurazione una risorsa ambientale.
Anche limitando la nostra indagine alle sole risorse ambientali resta una certa inafferrabilità del concetto.
Infatti si può dire che un giacimento petrolifero è una risorsa ambientale e, in questo caso, semplicemente si attribuisce il termine ad un oggetto materiale.
Però si può anche dire che un salto idrico è una risorsa ambientale in quanto consente la produzione di energia, ed in questo caso non si attribuisce il termine all’oggetto acqua ma all’oggetto in un particolare stato cioè la quota geodetica.
Occorre quindi chiarire, anche nel caso in cui si limiti la propria attenzione al campo delle sole risorse ambientali, il contenuto esatto, la esatta comprensione del concetto.
Questo chiarimento ci viene offerto dal multidisciplinare studioso Nicholas Georgescu-Roegen (1906-1994) nella sua opera del 1971, peraltro ormai classica, “The Entropy Law and the Economic Process”.
Secondo la riflessione di questo autore si può parlare di “risorsa” quando si è in presenza di una “differenza” che sia in qualche modo suscettibile di produrre lavoro.
Nei due casi precedentemente portati ad esempio, il giacimento petrolifero ed il salto idrico, questa caratteristica è immediatamente ravvisabile. Il giacimento petrolifero è una porzione della geosfera che presenta una concentrazione di potenziale chimico molto differente da quella riscontrabile nelle porzioni circostanti ed il salto idrico è una porzione della geosfera in cui è presente un potenziale idrodinamico, detto dai tecnici del settore “carico piezometrico”, molto differente da quello presente in altre aree.
L’elaborazione degli studiosi per descrivere questa differenza suscettibile di produrre lavoro fa uso della funzione matematica gradiente e dei principi della termodinamica.
Ovunque quindi si presenti un gradiente di interesse termodinamico, secondo Georgescu-Roegen, si è in presenza di una risorsa di tipo ambientale.
Così, ad esempio, un’area mediamente ventosa in cui si possano installare centrali eoliche è un’area ad elevato gradiente barico orizzontale ed un’area con soffioni boraciferi, in cui si possa installare una centrale geotermica è un’area ad elevato gradiente termico.
Naturalmente anche questa riflessione potrebbe essere discutibile.
Spesso, infatti, denominiamo risorse giacimenti di sostanze che presentano notevolissimi valori di mercato a prescindere dalle possibili applicazioni tecnologiche, i metalli preziosi oppure i diamanti come esempio classico.
In ogni modo questa riflessione sembra, per ora, tenere abbastanza il campo e, soprattutto, evidenzia un elemento su cui tornerò in seguito: una realtà può essere detta risorsa in dipendenza dal contesto sociale in cui si trova ossia in dipendenza dalle capacità e dai bisogni di questo contesto.
Ove manca la possibilità di utilizzare il potenziale chimico del petrolio un giacimento petrolifero non è risorsa ai fini della produzione energetica così come ove manca la possibilità di utilizzare il potenziale idrodinamico un salto idrico non costituisce risorsa ai fini della produzione di energia anche se lo è ai fini dell’approvvigionamento idropotabile.
 
Classificazione delle risorse ambientali
Nel tempo sono state proposte diverse classificazioni delle risorse ambientali, in modo spesso indipendente dalle riflessioni rivolte ad ottenerne una definizione come quella presentata nel paragrafo precedente.
La prima classificazione proposta semplicemente suddivide le risorse in fisiche, cioè non provenienti da esseri viventi e biologiche cioè provenienti da esseri viventi.
Le fisiche, a loro volta, sono state in seguito suddivise in materiali ed energetiche.
Più moderna risulta invece la classificazione basata sul punto di vista tutto umano della esauribilità.
Questa classificazione, senza prendere in considerazione la questione dell’origine delle risorse, unicamente si concentra sulle caratteristiche dello stock di ciascuna risorsa.
Da questo punto di vista troviamo inizialmente le risorse cosiddette rinnovabili, cioè quelle il cui stock può essere ricostituito in tempi commensurabili con quelli umani, come è il caso di aria, acqua, risorse biologiche, suolo fertile, oppure quelle il cui stock è di tale entità da non poter essere significativamente intaccato in tempi commensurabili con quelli umani, come è il caso della luce solare o dell’energia geotermica.
Esplorando il campo delle risorse rinnovabili troviamo che per elezione vi appartengono le risorse biologiche ed il substrato da cui sorgono cioè il suolo fertile.
Oltre agli alimenti vengono classificate in questo campo principalmente le risorse forestali per un totale annuo di circa 3500 milioni di metri cubi, in gran parte utilizzati a scopi energetici, le produzioni vegetali per fini farmaceutici, le produzioni agricole energetiche non forestali e l’acqua.
Si tratta naturalmente di un elenco estremamente semplificato.
Occorre una precisazione.
Il parlare di risorse rinnovabili, riferendosi a quelle risorse il cui stock può essere ricostituito in tempi commensurabili con quelli umani, può destare perplessità data la presente situazione di allarme.
Infatti, ferma restando la validità concettuale di questa classificazione, oggi come oggi si preferisce parlare di risorse “potenzialmente rinnovabili”, cioè di risorse il cui stock può ricostituirsi se il tasso di prelievo non supera certi limiti.
La problematica delle risorse potenzialmente rinnovabili è collegata con un fondamentale tema economico-giuridico sul quale, purtroppo, non ho la possibilità di soffermarmi cioè il tema delle “risorse appropriabili” e dei cosiddetti ”beni liberi”.
Si tratta di una questione centrale.
Nel caso in cui una risorsa sia appropriabile cioè suscettibile di gestione in regime di privativa qual è lo strumento idoneo per evitare un prelievo superiore al tasso di rinnovamento?
Come dicevo si tratta di un tema che richiede conoscenze di tipo economico-giuridico che esulano dalle mie competenze però mi risulta essere abbastanza condivisa dagli specialisti del settore l’opinione secondo cui i vari strumenti esistenti, come ad esempio l’imposizione di tasse ambientali, mostrano limiti abbastanza vistosi da questo punto di vista.
Passando all’esame della seconda grande categoria, le risorse non rinnovabili, troviamo che possono dirsi tali quelle il cui stock è determinato e non ciclicamente ricostituito.
Si tratta principalmente delle risorse minerarie e delle principali risorse energetiche.
Un quadro della situazione mondiale ci mostra, in riferimento alle risorse minerarie, un grande e difficilmente quantificabile prelievo di materiali a base calcarea e silicea destinati alla produzione di materiali ceramici generalmente per l’edilizia, un elevato prelievo ( seicento milioni di tonnellate annue circa) di minerali del ferro e di altri metalli ( principalmente rame, zinco e piombo), un prelievo interessante anche di materiali destinati all’industria chimica (zolfo, sali, fosfati) ed infine quantità ridotte di metalli preziosi (duemila tonnellate annue di oro e centocinquanta di platino) e di elementi di nicchia cioè destinati a produzioni importantissime ma molto particolari (titanio, vanadio, molibdeno, tungsteno, cobalto, selenio, germanio, tantalio, palladio).
Come accennavo oltre alle risorse minerarie sono da considerare non rinnovabili quattro delle principali risorse energetiche cioè il petrolio, il carbone, il gas naturale e l’uranio, la quinta, l’energia idroelettrica è da annoverare tra le rinnovabili.
Tra queste quattro ancora la fa da padrone il petrolio che copre circa il 40% del consumo energetico mondiale con riserve che si stimano sufficienti ancora per poco più di mezzo secolo.
Segue il carbone che copre il 25-26% del consumo energetico mondiale quindi il gas naturale con il soddisfacimento del 22-24% del consumo energetico.
Un cenno a parte va fatto per l’uranio. All’attualità esso copre circa il 7% del consumo energetico mondiale ma va riconosciuto che le sue potenzialità sono enormi, una tonnellata di uranio arricchito equivale in potenziale energetico a circa cinquantamila tonnellate di petrolio utilizzando la tecnologia nucleare attualmente disponibile basata sul processo di fissione.
Però va anche detto che le potenzialità distruttive sono di una portata unica in caso di incidente.
Va anche detto che si tratta di una fonte energetica perennemente in bilico tra l’utilizzo civile e quello militare. Va infine detto che si tratta di una risorsa il cui utilizzo richiede il coordinamento addirittura intergenerazionale, si pensi alle problematiche dello stoccaggio delle scorie anche in conseguenza dei processi di bonifica dei siti di impianto dopo la cessazione dell’attività,il cosiddetto decommissioning.
Tutto questo ne fa evidentemente una risorsa sui generis circa la quale si potrebbe discutere addirittura l’effettiva applicabilità della definizione di risorsa con cui si è aperto questo intervento.
 
Alcuni temi attuali
 
Concludo questa nota informativa sulle risorse ambientali accennando brevemente ad alcuni temi attuali su cui si sta concentrando l’attenzione sia degli studiosi di specifiche tecnologie produttive sia di sociologi ed economisti interessati ai problemi della tecnica.
Un primo elemento su cui, penso, vale la pena di riflettere è un notevole scollegamento tra l’importanza tecnologica di una risorsa ed il volume produttivo della stessa.
Il mondo contemporaneo è come lo vediamo grazie ad alcuni materiali il cui volume produttivo è limitato.
E’ il caso, tanto per fare un esempio, del nichel e del cobalto che consentono la produzione delle superleghe da turbina per la propulsione aeronautica, oppure, ancora più eclatante, è il caso del platino che registra una produzione annua irrisoria ma che è indispensabile per la realizzazione dei catalizzatori per l’industria petrolchimica.
Questa situazione potrebbe cambiare con lo sviluppo dei materiali avanzati ( compositi leggeri e super resistenti costituiti da matrice polimerica rinforzata, ceramici per elettronica, silicio iperpuro etc) però all’attualità esistono dei veri e propri materiali di nicchia senza i quali il nostro mondo non esisterebbe.
Un secondo aspetto di notevole importanza è la cosiddetta questione della triade di risorse fondamentali.
Nel 1974 Alan H. Cottrell, esaminando l’evolversi della tecnosfera giunse alla conclusione, oggi abbastanza naturale, secondo cui non è in realtà possibile la separazione tra risorse ambientali ed umane ma che le tre risorse fondamentali sono i materiali, l’energia e l’informazione.
Ognuno di questi elementi richiede la presenza degli altri due.
Si tratta, come dicevo, di qualcosa che sembra ovvio; il passaggio da materia bruta ad un materiale utilizzabile può avvenire se vi è sufficiente energia e conoscenza, così come la produzione di energia può avvenire se vi sono dispositivi idonei e conoscenze adeguate e così come, infine, il processo conoscitivo avviene in un contesto culturale caratterizzato da utilizzo di materiali ed impiego di fonti energetiche.
L’importanza di questa riflessione risiede nel fatto che essa in qualche modo può far risultare antiquato lo scenario tratteggiato che classifica le risorse in base alla ricostituibilità dello stock.
Se l’elemento conoscenza diviene fondamentale nel sorgere di un “materiale”, cioè di una realtà tecnologicamente rilevante, a partire da una “materia” qualsiasi, allora non ha più molto senso parlare di risorse, cioè di porzioni di materia specificamente vocate a divenire materiali, si può giungere ad affermare che la conoscenza crea le risorse.
Del resto gli economisti, nel valutare la scarsità di una risorsa, spesso non fanno più riferimento al brutale rapporto tra lo stock ed il tasso di consumo annuo, quasi queste entità restassero immutabili per un lasso di tempo rilevante, ma preferiscono parlare di “scarsità dinamica” vale a dire di un parametro più plastico in grado di tener conto dell’evoluzione tecnologica di medio periodo.
Comunque, pur essendo vero tutto ciò e pur prendendo in considerazione i materiali avanzati di cui parlavo sopra non credo che siamo ancora giunti alla possibilità di una creatività totale nel campo delle risorse, ancora abbiamo dei limiti con cui fare i conti. 
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