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La necessità di riformare il sistema fiscale per renderlo più equo e capace di dare opportunità di sviluppo è una questione dibattuta sia in termini di analisi economica che sul piano politico. Perché ci sia un merito più del lavoro e meno della rendita serve un nuovo patto fiscale, dove vi sia più semplificazione e più trasparenza degli obiettivi comuni e più capacità di intervento in settori colpevolmente dimenticati

La necessità di riformare il sistema fiscale per renderlo più equo e capace di dare opportunità di sviluppo è una questione dibattuta sia in termini di analisi economica che sul piano politico. Il tema è entrato anche nella campagna elettorale, con la decisione della coalizione di centro-destra di mettere, tra i punti del suo programma, l’introduzione di una “flat tax” al posto dell’attuale imposta sul reddito, l’IRPEF.

Non vogliamo qui entrare nel merito della singola proposta ma ragionare della questione fiscale in modo più ampio. Le Acli hanno lanciato, nel 2016, la proposta del voto con il 730 per dare la possibilità ai contribuenti di indicare – nel momento della dichiarazione dei redditi – come e dove spendere i soldi.

Più recentemente, con il documento Al lavoro con le Acli. Idee e proposte in vista delle elezioni politiche del 2018, hanno sottolineato, tra l’altro, come “il fisco possa essere un fattore dello sviluppo. Un Paese per tutti, nessuno escluso, si fonda sulla promessa di una uguaglianza delle opportunità, indipendentemente dal censo, dalla fortuna, dalla famiglia di provenienza. Perché ci sia un merito più del lavoro e meno della rendita serve un nuovo patto fiscale, dove vi sia più semplificazione e più trasparenza degli obiettivi comuni e più capacità di intervento in settori “dimenticati” (come per esempio le transazioni finanziarie, i colossi del web, le successioni sui grandi patrimoni). Povertà e diseguaglianza non sono un destino ineludibile, se si manovrano le giuste leve”.

Anche il direttore nel nostro sito, a più riprese, ha sottolineato la centralità di questa sfida: “bisogna essere capaci di tassare e ridistribuire la maggiore ricchezza creata generando benessere diffuso che si tradurrà in domanda di nuovi beni e servizi. Il futuro del lavoro umano dipende dalla capacità della comunità politica di affrontare e superare il tema delle disuguaglianza, della distribuzione e di un’equa tassazione, non ultima quella delle grandi imprese globali che competono ad armi non pari con le piccole e medie imprese non internazionalizzate, potendo sfuggire quasi sempre al prelievo fiscale degli Stati in cui producono” (Becchetti, “Dire lavoro oggi” postfazione del libro di Francesco Occhetta, Il lavoro promesso. Libero, creativo, partecipativo e solidale, Ancora, Milano 2017).

Con il focus del mese di febbraio vogliamo cercare di fare chiarezza su alcune delle questioni che riguardano il complesso rapporto che esiste tra la riforma del sistema fiscale e lo sviluppo economico. Molte infatti sono le questioni a cui è necessario dare risposte: quali scelte potrebbero rendere il sistema fiscale più equo favorendo i più deboli? Quali misure fiscali possono favorire lo sviluppo del nostro sistema economico e quindi del lavoro? Come riequilibrare il rapporto tra il reddito derivante dalle rendite e quello derivante dal lavoro, favorendo quest’ultimo? La tassazione delle transazioni finanziarie e la lotta all’evasione fiscale sono scelte sufficienti per garantire una maggiore giustizia fiscale?

Ed ancora: come ridurre la spesa pubblica e aumentare le risorse necessarie a finanziare i servizi per i cittadini e per le imprese? E’ possibile ridurre il debito pubblico senza tagliare i servizi e innalzando il tasso di crescita del PIL?

Iniziamo con Andrea Luzi (Presidente Caf Acli) che sottolinea come per “parlare di equità vera dovremmo fare forse un salto di prospettiva più avanzato rispetto a quello che ci porta di solito a ragionare sull’orizzonte del singolo contribuente. Va da sé che un sistema fiscale non più concepito sulla capacità contributiva dell’individuo, ma che vada a ‘fotografare’, sia come fonte di prelievo che come oggetto di tutela, la famiglia tutta, è un’idea più futuribile che altro”. Ma è questa è la strada da percorre. Infatti “La famiglia è divenuta col tempo un istituto sociale sempre più misurabile in termini economici”.

Per Antonio La Spina (Docente di politiche pubbliche presso la LUISS), che ragiona sul bilancio, la spesa e le politiche pubbliche, “governare bene significa anzitutto destinare le risorse agli utilizzi più meritori, facendo al contempo in modo di sostenere la crescita economica e sociale. Ciò riguarda i criteri ispiratori e la formulazione delle politiche, che esulano dalla disciplina del bilancio”.

Secondo Andrea Baranes (Presidente Fondazione Finanza Etica) “il sistema fiscale può e deve essere uno strumento per ridurre le inaccettabili diseguaglianze che caratterizzano la nostra società. Come primo passo, occorre adottare da subito delle misure per una sua maggiore progressività, in linea con quanto previsto dalla nostra Costituzione”.

Leonardo Becchetti (Docente di Economia Politica presso l’Università Tor Vergata) osserva come “la vera finanza creativa è un’altra che senza fare lo stesso rumore e clamore sta lentamente crescendo per risolvere i problemi dei cittadini. Banche cooperative e di territorio, fondi etici, banche etiche, microfinanza e bond ad impatto sociale sono gli strumenti più interessanti per aumentare la generatività della finanza al servizio del bene comune. Strumenti che nascono al principio come piccoli semi ma che poi germogliano e contagiano diventando patrimonio comune di tutto il mondo finanziario”. Insomma, queste nuove frontiere della finanza si propongono di rispondere a due mali del nostro paese: la difficoltà delle piccole imprese di accedere al credito e i limiti nel finanziamento del welfare.

Mikhail Maslennikov (Policy advisor di Oxfam Italia) ragiona sul tema dell’evasione e dell’elusione fiscale sottolineando come “le pratiche di abuso fiscale deprivano le casse pubbliche di preziose risorse, contribuiscono a creare uno svantaggio competitivo per le piccole e medie imprese domestiche e minano alla radice l’equità fiscale. Solide misure di giustizia fiscale, dalla rimodulazione in chiave più progressiva dei sistemi fiscali al contrasto senza quartiere a ogni forma di abuso, rappresentano un antidoto imprescindibile alle crescenti disuguaglianze”.

Il contributo di Marco Meneguzzo (Docente di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche presso l’Università di Tor Vergata) sottolinea come “gli ultimi due tre anni si sono caratterizzati per una forte penalizzazione della finanza locale, intesa come insieme di politiche di entrata e spesa degli Enti locali. Non è certo un fatto nuovo; questa recente dinamica conferma la tendenza ormai strutturale, che caratterizza la finanza locale nella fase immediatamente precedente alla crisi finanziaria ed economica del 2008“. Serve un’inversione di tendenza che guardi anche alla finanza sociale.

Chiudiamo con l’articolo di Marco Bersani (Fondatore di Attac Italia) che osserva come oggi “una discussione aperta sul tema del debito pubblico sia molto difficile, stante il carattere ideologico che il tema del debito ha assunto nell’ultimo decennio, in quanto paradigma portante della dottrina liberista e delle conseguenti politiche di austerità“. State questa situanza, secondo Bersani, proprio perchè “il debito è pubblico,  tutti abbiamo il diritto di conoscerne l’origine, la legalità delle modalità con cui è stato contratto, la legittimità e la sostenibilità degli obiettivi e degli interessi a cui è stato finalizzato, così come tutte e tutti abbiamo il diritto di decidere come agire in merito”.

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