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Per essere “fratelli tutti”, per una sostenibilità davvero umana, c’è bisogno di una metafisica delle relazioni. E qui bisogna tornare alla differenza tra fraternità e fratellanza. La prima aperta al destino trascendente dell’essere umano, la buona notizia del Vangelo. La seconda chiusa in un orizzonte immanentistico che preclude il Mistero. Fratelli tutti è un invito ad ascoltare il grido dei poveri e della terra. La fraternità che ci insegna il Vangelo da senso alla vita e illumina il mondo…

Il nostro amore, la nostra fraternità spesso è troppo locale e poco universale, poco “cattolica”. Papa Francesco è fra i pochi che in questo dramma globale della pandemia ci ricorda che il vaccino è per tutti. È vero. Siamo in una grande crisi, sanitaria, economica, ecologica, sociale. Ma è il Vangelo che ci mette in crisi e forse noi ci facciamo poco mettere in crisi dal Vangelo e come ci ricorda papa Francesco siamo vittimisti, pessimisti, narcisisti. Papa Bergoglio, prima della enciclica Fratelli tutti, è più volte ritornato sul tema della fraternità: lo ha fatto nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium (2013), come nell’Enciclica Laudato si’ (2015), e in particolare nel testo sottoscritto col Grande Imán di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, intitolato Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune (4 febbraio 2019), un testo ispirato a una visione “poliedrica” dell’identità che non rifiuta l’incontro col diverso e intende contrastare ogni forma di intolleranza, di violenza e di integralismo. L’ultima enciclica di Papa Bergoglio, così poco europea, così poco sistematica, va letta alla luce della lezione di Romano Guardini sulle “opposizioni polari”, per coglierne a pieno il modo con cui aggiorna la Dottrina Sociale.

Al centro della riflessione di Papa Bergoglio c’è lo scisma tra singolo e comunità umana che caratterizza l’Occidente (31). Il bene comune sembra il meno comune dei beni. La politica, la più alta forma di carità, si riduce a marketing per distruggere gli altri. Il Buon Samaritano, a cui è dedicato il capitolo più profondo dell’enciclica, diventa una lente per leggere i segni dei tempi. La lente del Samaritano ci aiuta a comprendere meglio la finanziarizzazione dell’economia, i populismi, i sovranismi, l’antipolitica, gli effetti della globalizzazione, la riduzione delle persone a consumatori e spettatori. Questa Enciclica va letta, anzi ascoltata, come una sinfonia. La terza sinfonia di Bergoglio. Dopo l’Enciclica Lumen fidei (2013), centrata sulla fede in continuità con il magistero di Benedetto XVI, e dopo la francescana Laudato si’ (2015) sulla cura della casa comune, il “Pontefice della globalizzazione” traccia linee di continuità con due tanto diversi suoi predecessori, ora santi: San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II. Si colgono in questa sinfonia i toni della Pacem in Terris e della Mater et Magistra ma anche lo straordinario appello alla giustizia sociale della Sollicitudo rei socialis. Papa Francesco si muove tra le polarità dell’amore universale e l’impegno sociale per difendere gli sfruttati e gli oppressi, “fratelli tutti…”.

La terza sinfonia di Bergoglio non è priva di afflato utopico. Il “sogno” di papa Francesco è che i diritti umani siano davvero universali (206-segg), che ogni uomo possa vivere in un mondo senza frontiere (124), che l’Onu sia riformato perché le nazioni povere contino alla pari delle grandi potenze (173), che il debito estero dei Paesi del Sud del mondo sia condonato (126), che la destinazione universale dei beni prevalga sulla proprietà privata (123), che abbia fine il commercio delle armi (262). Tornano alla memoria le parole di dom Helder Camara: “Beati quelli che sognano: porteranno speranza a molti cuori e correranno il dolce rischio di vedere il loro sogno realizzato!” Ma forse la chiave più preziosa per aprire lo scrigno di questa enciclica è un piccolo libro scritto nel 1960 da un allora giovane teologo, Joseph Ratzinger, intitolato Fraternità cristiana. Ci sono tanti modi di intendere la fraternità. Riconoscere Dio come Padre ci abilita a riconoscere l’estraneo come fratello. E così a superare tanto l’universalismo della fraternità, proclamato dalla rivoluzione francese (“liberté, égalité, fraternité”) e ripreso dalle ideologie della modernità, quanto la visione “élitaria”, secondo cui la fraternità sarebbe possibile solo in gruppi chiusi e autoreferenziali.

Per Ratzinger la fraternità nasce non solo perché siamo figli dello stesso Padre, che potrebbe essere un padre indifferente, ma dal fatto che Dio Padre si è fatto nostro prossimo in Cristo Gesù. Joseph Ratzinger ci offre uno sguardo illuminante sulla fraternità umana universale. Gesù è venuto a portare una fraternità che non si fonda più solo sulla consanguineità, neppure più solo sull’appartenenza alla polis, ma sulla “prossimità di Cristo” ad ogni uomo, di ogni cultura, razza, religione. Questo carattere cristologico della fraternità umana è il fondamento solido che sostiene la speranza nella possibilità di essere nel mondo, “fratelli tutti”. La fraternità cristiana esige la tensione universalistica della missione. Al cuore dell’Enciclica sta il Poverello di Assisi: “Fratelli tutti” scriveva San Francesco per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita che incarnasse il Vangelo sine glossa. La politica, l’economia e l’uso del denaro, la tecnica e la transizione digitale sono tre grandi ambiti dove la fraternità si invera o viene negata in radice. Dobbiamo ricordare che in Italia come in altri paesi europei, uomini nobili delle generazioni che ci hanno preceduto hanno dato il sangue per affermare la fraternità umana e hanno prodotto un frutto prezioso.

Abbiamo una Carta di Fraternità” che si chiama Costituzione, nata proprio dall’incontro tra visioni diverse ma tutte fondate sulla dignità della persona. C’è un legame ontologico fra fraternità e dignità della persona. nell’emergenza epidemica ad esempio dignità significa combattere il virus con tutte le forze, assicurare ai malati cure dignitose, senza scartare i più fragili. Fraternità significa osservare scrupolosamente le prescrizioni per prevenire –a sé – e agli altri, fratelli tutti, il contagio. Se nel Novecento la politica si è divisa nelle opposte opzioni geopolitiche di una libertà sorda all’eguaglianza e di una eguaglianza che soffoca la libertà, per la politica mondiale il XXI può essere il secolo della fraternità.

È nell’uso del denaro, come nell’uso o nell’abuso della nostra madre terra, la tentazione di negare la fraternità. La Dottrina sociale, che ha ispirato la Costituzione repubblicana e l’economia sociale di mercato, la cooperazione e le banche etiche, ponendo al centro la dignità della persona, la solidarietà, la sussidiarietà, il bene comune, è una bussola per la fraternità universale. Dalla ruota al motore, dall’energia atomica al digitale, la tecnica suscita negli uomini la tentazione di farsi dei. Quello dei costruttori della torre di Babele è il peccato dell’umanità che costruisce una fraternità universale, una mitica unità e solidarietà umana, interpretando in modo prometeico e arrogante il proprio rapporto con la sorella terra che ci ospita. Nel racconto biblico la dialettica tra le due città, dell’uomo (Babele) e di Dio (Gerusalemme), rivela il volto cristologico della fraternità introdotto da Ratzinger.

Oggi la fraternità si trova davanti ad un bivio tra l’assolutismo della tecnica e la responsabilità morale. Siamo di fronte ad un aut aut decisivo. Benedetto XVI ha parlato di antigenesi e Romano Guardini (nella foto), in un profetico discorso svolto nel 1962 in occasione del conferimento del premio Carlo Magno, ha individuato come ruolo dell’Europa il progresso morale e spirituale attraverso il contenimento della potenza. All’epoca la potenza da contenere era quella della bomba atomica che poteva distruggere l’umanità. Oggi la potenza da contenere è quella della rete internet e delle biotecnologie. Fratelli tutti esce in un momento in cui transumanesimo e postumanesimo tendono a negare la nostra fragilità di creature e la nostra fraternità di figli dello stesso Padre. Henri De Lubac, un grande “maestro del discernimento” del secolo scorso, ci ha ricordato nel suo fondamentale “Dramma dell’umanesimo ateo”, che dove scompare Dio si sostituisce un’antropologia naturalistica e atea, un umanesimo disumano. 

La sostenibilità non può essere solo economica, ambientale e sociale. Deve essere secondo il paradigma dell’ecologia integrale, introdotto da papa Francesco, con la Laudato sì, una sostenibilità umana. Non basta una sostenibilità tecnocratica. E per essere una sostenibilità umana, la sfida intellettuale è alta e comporta il recupero della metafisica, nel senso etimologico, ciò che è al di là del fisico e della tecnica. Il recupero del mistero dell’essere umano e della sua dignità trascendente. Per essere “fratelli tutti”, per una sostenibilità davvero umana, c’è bisogno di una metafisica delle relazioni. E qui torniamo alla differenza tra fraternità e fratellanza. La prima aperta al destino trascendente dell’essere umano, la buona notizia del Vangelo. La seconda chiusa in un orizzonte immanentistico che preclude il Mistero. Fratelli tutti è un invito ad ascoltare il grido dei poveri e della terra. La fraternità che ci insegna il Vangelo da senso alla vita e illumina il mondo.

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