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La carta costituzionale ci consegna una scuola pubblica plurale, inclusiva, non omologata e non omologante, che si alimenta delle libertà e del rispetto delle differenze, con al centro la persona e i suoi diritti. Tuttavia il percorso di attuazione del disegno costituzionale ha vissuto alterne vicende non riuscendo a superare i problemi: burocratizzazione, centralizzazione, scarsità di risorse, precarietà degli operatori, insufficienza delle dotazioni tecnologiche, marginalizzazione dell’istruzione professionale e tecnica, debole legame con l’istruzione universitaria.

Le radici pubbliche dell’istruzione affondano nella nostra Carta costituzionale, che attribuisce alla Repubblica il compito di dettare le norme generali sull’istruzione e di istituire scuole statali per tutti gli ordini e i gradi e al contempo riconosce a enti e privati il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.

La Repubblica è la cornice istituzionale nella quale opera la scuola. Un quadro istituzionale plurale, che – così come delineato dal nuovo testo dell’articolo 114 della Costituzione – astringe tutti i livelli di governo da quello comunale a quello statale e che non si risolve in uno dei soggetti che lo compongono. Si tratta del medesimo pluralismo che caratterizza la ripartizione – operata dalla riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione – dell’intervento legislativo in materia di istruzione per cui lo stato pone le norme comuni e i principi fondamentali, e le regioni le specificano e le attualizzano in relazione all’esigenze delle diverse realtà territoriali.

Il riconoscimento della parità scolastica, coinvolge a sua volta le scuole paritarie nella realizzazione delle finalità di istruzione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola e di conseguenza nell’attuazione del servizio pubblico scolastico. Coinvolgimento dei privati, evocato dall’uso del termine “scuole” e accompagnato dalla garanzia per le scuole paritarie della loro piena libertà e dell’equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti.

La dimensione pubblica appare come quella capace, a fronte di requisiti comuni, di mettere insieme tutti gli operatori dell’istruzione e di fare dell’istruzione un “sistema”. Pubblico è il servizio scolastico in quanto è chiamato ad assicurare il pieno sviluppo della persona umana, a rimuovere le disuguaglianze e a soddisfare il diritto individuale all’istruzione e allo studio.

Pertanto, il servizio scolastico si caratterizza come pubblico sul piano oggettivo, accomunando tutti gli operatori nelle modalità e negli standards di erogazione del servizio, e come plurale sul piano soggettivo, essendo frutto del concorso di operatori tanto pubblici quanto privati.

Se il pluralismo è, difatti, il pilastro sul quale la nostra Costituzione costruisce il sistema dell’istruzione, la scuola trova il proprio fondamento nella libertà: nelle libertà di scelta e di insegnamento, ma anche nella libertà di organizzazione. Essa si alimenta del pluralismo culturale e scientifico ovvero della libertà scientifica, di ricerca e di insegnamento e alla radice della libertà di pensiero. Al contempo la Costituzione, sancendo all’art. 34 che “la scuola è aperta a tutti”, afferma l’intima natura pluralistica della comunità scolastica e la vocazione all’integrazione ed inclusione.

La scuola si presenta oggi come una comunità nella quale rivivono le tensioni e i conflitti che attraversano la società. In questa prospettiva la natura pubblica del sistema d’istruzione si traduce nell’impegno delle istituzioni scolastiche all’integrazione e all’inclusione, soprattutto dei migranti e delle seconde generazioni, e alla promozione al loro interno di comportamenti responsabili di cittadinanza partecipativa ed attiva, alla diffusione della cultura dell’incontro, del rispetto, dell’accettazione e della solidarietà, alla conoscenza e condivisione dei valori costituzionali.

In questo quadro l’autonomia scolastica si pone come fattore che favorisce e rende possibile il pluralismo: l’autonomia scolastica finisce per costituire la forma organizzativa della libertà di insegnamento e dell’istruzione.
La carta costituzionale ci consegna una scuola “pubblica” plurale, non omologata e non omologante, che si alimenta delle libertà e del rispetto delle differenze, con al centro la persona e i suoi diritti.

Tuttavia, il percorso di attuazione del disegno costituzionale negli ultimi anni ha vissuto sul piano degli interventi normativi alterne vicende, che non sono riuscite a superare i problemi che caratterizzano il nostro sistema di istruzione: la burocratizzazione, la centralizzazione, la scarsità di risorse, la precarietà degli operatori, l’insufficienza delle dotazioni tecnologiche, la marginalizzazione dell’istruzione professionale e tecnica, il debole legame con l’istruzione universitaria.

Il recente documento governativo la Buona Scuola se da un lato cerca di affrontare alcuni di questi problemi, dall’altro non tocca i nodi cruciali del sistema nazionale di istruzione: l’incerto sviluppo dell’autonomia scolastica, la circoscritta regionalizzazione della disciplina, la crescente centralizzazione dell’amministrazione, la mancata valorizzazione delle istituzioni scolastiche non statali.

Su questi nodi è destinato ad intervenire il disegno di legge costituzionale approvato l’8 agosto 2014 dal Senato ed attualmente in discussione alla Camera dei Deputati, che nel tentativo di chiarire i rapporti tra il legislatore statale e quello regionale ha circoscritto l’intervento normativo regionale alla materia dei servizi scolastici, di istruzione e formazione professionale, di promozione del diritto allo studio, anche universitario, fotografando in tal modo il presente e rinunciando a rafforzare quel pluralismo che dovrebbe alimentare il sistema dell’istruzione a vantaggio di una possibile ricentralizzazione e gerarchicizzazione del sistema.

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